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Quando i videogiocatori diventano bestie: non c'è studio di sviluppo che non abbia ricevuto almeno una o due minacce di morte

Un post di Rami Ismail su Twitter ha mostrato la triste realtà

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   19/11/2017

Che si possa rimanere delusi di fronte a un videogioco che non ci è piaciuto è sacrosanto e, immaginiamo sia capitato a tutti. A volte si può anche protestare in modo veemente per far sentire le proprie ragioni e provare a cambiare le cose. Fare polemica non è necessariamente un male, soprattutto se si vogliono smuovere un po' le acque. Ovviamente non si deve esagerare, sfociando in comportamenti assurdi e psicotici, tanto più se si parla di beni effimeri come i videogiochi.

Eppure, stando a un Tweet di Rami Ismail, il cofondatore di Vlambeer, che ha trovato conferma negli interventi di altri big dell'industria come Randy Pitchford di Gearbox, le minacce di morte sono all'ordine del giorno per gli sviluppatori, a ritmo di almeno due o tre per studio, tripla A o indie che sia.

Pitchford di suo ha pubblicato il testo di una lettera violentissima, scritta da un giocatore deluso dai suicide psycho di Borderlands, lettera che pare sia diventata anche oggetto di una denuncia penale. Leggerla (la trovate in fondo alla notizia) mette davvero i brividi, perché lo scarto tra il problema denunciato (una caratteristica di gioco che si ritiene sbagliata) e la ferocia della reazione è davvero immenso.

In un altro Tweet, sempre in risposta a Ismail, Evan Polekoff, Associate Software Engineer per Blizzard Entertainment, ha raccontato di un tipo che si è lanciato con l'auto contro l'ingresso della sede di Blizzard, minacciando di sparare ai dipendenti. Il motivo? Era stato bandito da Overwatch.

Ovviamente non sono i videogiochi ad aver fatto diventare queste persone violente, che probabilmente hanno dei problemi mentali già di loro. Però leggerne le gesta dà da pensare.