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Idraulici in festa

A più di dieci anni dal primo, finalmente un episodio che getta le basi per il futuro della serie

RECENSIONE di Alessandro Bacchetta   —   15/03/2012

Abbiamo scritto varie volte che Mario Party è stato per molti versi un precursore della "Touch Generation" Nintendo, ovvero la linea di software che è stata definita "casual" dall'editoria del settore. Questa categoria comprende molti prodotti agli antipodi, che hanno in comune solo un approccio soft al mondo dei videogiochi: non c'è altra maniera, altrimenti, di trovare un denominatore comune che unisca Mario Party e Wii Fit.

Idraulici in festa

Allo stesso tempo è abbastanza difficile capire cosa differenzi così tanto questa serie da Mario Kart, ma la migliore risposta probabilmente è anche la più intuitiva: se fino al 1999 i vari spin-off marieschi erano stati all'insegna del celebre "easy to play, hard to master" di casa Nintendo, Mario Party fu il primo - o quantomeno il primo grosso progetto - a esulare da questa filosofia. Era immediato e figlio di un'intuizione geniale, ma non scavava a fondo quanto Mario Kart o Super Smash Bros. Esattamente come anni dopo avrebbero fatto Wii Sports e proseliti.

Hudson al cubo

Che le console ideali di Mario Party siano proprio quelle targate Iwata, nonostante la serie sia nata ai tempi del Nintendo64, lo dimostrano i dati di vendita: sebbene l'ottavo episodio sia stato sicuramente uno dei peggiori della serie, forse il peggiore in assoluto, è quello che ha venduto di più. Più dell'originale, più degli ottimi seguiti su GameCube. E badate, non si tratta di una conseguenza scontata dovuta all'aumento della base installata: Super Smash Bros, molto meno "casual", ha totalizzato quasi gli stessi numeri su Wii e GameCube. Discorso simile per Mario Party DS, anch'esso vendutissimo.

Idraulici in festa

E questo, ripetiamo, sebbene l'ottavo capitolo sia stato disastroso: la formula logora, novità pari a zero, un uso impreciso del Wiimote, grafica quasi identica a quella del quarto titolo. Pensate cosa sarebbe potuto succedere se Hudson avesse realizzato con cura Mario Party 8. Già, Hudson: una società che in quel momento era in crisi, e che adesso, almeno all'apparenza, non si occupa più della serie. Mario Party 9 è stato infatti sviluppato da NdCube, software house fondata un decennio fa da Nintendo. Il fatto che abbia dato vita all'episodio più originale dal 1999 potrebbe far pensare che la colpa fosse proprio di Hudson: sbagliato, perché per varie vicessitudini la vecchia NdCube è confluita quasi interamente in altre società (tra cui Nintendo) e i suoi membri sono stati rimpiazzati dal vecchio team che per anni ha lavorato a Mario Party. Stupisce quindi la freschezza del prodotto, così come stupiscono alcune scelte di design - e bilanciamento - abbastanza scellerate.

Pedina unica

Per chi non avesse mai provato un titolo della serie, chiariamo che Mario Party è una geniale commistione tra un gioco da tavolo e un videogioco, letteralmente il primo videogioco da tavolo: altri avevano provato a unificare i due concetti, ma nessuno aveva mai realizzato un distillato di questa qualità. Non è un semplice adattamento elettronico di un famoso board game, infatti ha delle regole, e degli eventi, irriproducibili altrove: i minigame alla fine di ogni turno, ad esempio. Arrivati al settimo episodio però la formula appariva ormai arrugginita, abusata: necessitava delle novità, novità che Mario Party 8 non è stato in grado di portare, da nessun punto di vista.

Idraulici in festa

Presa la fondamentale pausa di riflessione, è arrivato un nono capitolo finalmente originale. La prima innovazione sta nei personaggi/perdine, che non si muovono più autonomamente, ma viaggiano insieme sulla stessa vettura, guidata a turni alterni: questo limita enormemente la strategia e la complessità dei tabelloni, ma è funzionale all'obbiettivo del gioco, e cioè tirar fuori l'anima arcade del prodotto. Più velocità, più interazione. I tabelloni diventano percorsi, dei safari più che plance da esplorare: salvo imprevisti e rari bivi, sono dei tragitti guidati. Tutti divisi nettamente in tre sezioni: una prima parte d'approccio, una seconda in cui inizia a crearsi un divario tra i giocatori, una terza che sconvolge la partita e porta allo scontro col boss, quest'ultimo per la prima volta al centro dell'esperienza.

Alea iacta est

Prima di tornare al discorso sul tabellone, ci soffermiamo un attimo sugli ottimi minigame: sono la principale specialità del gioco, l'elemento senza il quale Mario Party sarebbe anonimo, e in questo episodio tornano a brillare come ai bei tempi. I motion control non sono mai usati a sproposito (a volte sono inutili, ma mai fastidiosi come nel predecessore), e le prove appaiono ben bilanciate: i minigame più belli non sono all'altezza dei migliori della serie, ma non ci sono quelle fastidiose cadute di stile che avevano caratterizzato quasi tutti i predecessori.

Idraulici in festa

Una considerazione a parte meritano le numerose boss fight (due a tabellone, una intermedia e una finale): vanno dal discreto all'eccellente, ma soprattutto rappresentano un'autentica novità, quantomeno per l'importanza che hanno in Mario Party 9. Certo, non si tratta di Power Stone, ma sono divertenti e ben elaborate. Alla fine di ogni minigioco vengono consegnate delle stelline al vincitore: chi ne ha più alla fine della partita, vince. E qui arriva il problema: la fortuna è sempre stato uno degli ingredienti basilari di Mario Party - uno degli ingredienti, appunto. Peccato che in questo nono capitolo, arrivati alla terza parte del tabellone, il caso prenda totalmente il sopravvento. Osservando il grafico che delinea l'andamento delle gare, si nota come alla fine della seconda sezione il distacco tra i vari personaggi sia (spesso) ben delineato, per poi appiattarsi, contorcersi e a volte ribaltarsi nel corso della terza - e ultima - fase. Non è una possibilità, è una costante. Questo perché le ultime caselle del tabellone sono quasi tutte "Bowser", ovvero degli imprevisti dalle conseguenze che vanno dal tragico all'apocalittico. I ribaltamenti sono belli se rari, se sorprendono: nei vecchi Mario Party erano frequenti, ma non era scontato che avvenissero. Qui, purtroppo, sono inevitabili. E anche i premi di fine partita (che vanno a chi ha ottenuto più punti nei minigiochi, ad esempio) sono abbastanza inutili: non bilanciano minimamente le stelline raccolte durante il percorso, e il vincitore è stabilito quasi sempre - e più del solito, ribadiamo - dal caso. Per concludere un breve accenno sul comparto visivo, che fa registrare, sebbene mascherato dall'arretratezza dell'hardware, un netto passo in avanti rispetto al predecessore.

Conclusioni

Multiplayer.it
7.0
Lettori (94)
7.8
Il tuo voto

Questo nono episodio rimarrà nella storia della serie, perché è il più innovativo degli ultimi anni, e i suoi minigiochi, in particolare le battaglie coi boss, sono ben realizzati. Mai come stavolta tuttavia il vincitore è deciso dal caso, elemento che appiattisce l'esperienza e ne vanifica in parte i pregi. L'online non c'è, ma in Mario Party non se ne sente troppo la mancanza. Un nuovo punto di partenza insomma, vivace, che va perfezionato. Su WiiU, ormai.

PRO

  • Un Mario Party arcade come mai prima
  • Focus sulle boss-fight
  • Ottimi minigiochi

CONTRO

  • Tabelloni altalenanti
  • Il caso decide il vincitore