65

Alchimia, portami via

La serie di jRPG targata Gust si arricchisce di quello che è probabilmente il suo miglior esponente

RECENSIONE di Christian Colli   —   04/04/2014

Con quindici capitoli all'attivo (quanti sono i Final Fantasy!) e una decorosa quantità di spin-off e remake, la serie Atelier di Gust è una delle più longeve sul mercato, risalente addirittura al lontano 1997 e alla primissima PlayStation. Paradossalmente è anche una delle meno conosciute, e per dei buoni motivi: non ha mai goduto di una grande pubblicità e si è sempre rivolta a una ristretta nicchia di aficionados con delle meccaniche e dei toni davvero molto particolari. Non tutti gli episodi hanno fatto capolino in Europa, tuttavia è dal 2010 che non ci perdiamo l'appuntamento annuale con la serie: in questo senso, Atelier Escha & Logy rappresenta il primo vero e proprio passo avanti per il brand di Gust, che finalmente prova ad uscire dalla sua nicchia, a rivolgersi a un pubblico più vasto e a scrollarsi di dosso i luoghi comuni che accompagnano ogni release.

Il nuovo Atelier di Gust si rivolge anche a chi non conosce la serie, modernizzandola al punto giusto

Escatologia

Il titolo originale di questo Atelier contiene un gioco di parole molto intelligente: la congiunzione "and" in giapponese si scrive "to" e quindi il titolo diventa, letteralmente, Atelier Escha to Logy. L'escatologia è una filosofia teologica che, sostanzialmente, riflette sulla fine del mondo e sul destino dell'umanità. E in effetti l'avventura di Escha Malier e Logix "Logy" Fiscario parte proprio da quell'infausto presupposto: la prima è l'unica alchimista - un classico - del piccolo paesino di Colseit mentre il secondo, un ingegnere, arriva direttamente da Central City con un passato misterioso ma un obiettivo chiarissimo, e cioè far luce sulla misteriosa catastrofe che ha messo il mondo in ginocchio.

Alchimia, portami via

I due protagonisti entrano quindi a far parte della sezione di Ricerca e Sviluppo del governo e dovranno collaborare per aumentare di prestigio e, in seguito, salvare il mondo. La storia di Atelier Escha & Logy è ambientata quattro anni dopo quella di Atelier Ayesha, ma non è necessario aver giocato il precedente episodio per comprendere la storia dato che i rimandi e le citazioni sono davvero pochi e superficiali: anzi, per la maggior parte dell'avventura di storia ce n'è davvero pochissima e Gust, per qualche ragione, ha deciso di condensarla tutta negli ultimi due capitoli e chiuderla con un buon numero di finali multipli. Un buon ottanta percento della storia è quindi fondato sui numerosi comprimari e le loro microstorie: da una parte si apprezza la volontà di caratterizzarli a sufficienza, dall'altra lascia l'amaro in bocca la loro esagerata stereotipia. Ad accomunare tutti i personaggi c'è il tema universale - e ripetuto un po' troppo spesso, a dire il vero - dei sogni e dell'impegnarsi a realizzarli, apprezzabile ma un po' troppo abusato specie negli RPG di provenienza giapponese. Atelier Escha & Logy si guadagna così un ritmo e un'atmosfera che lo rendono più simile ad un anime scolastico: forse un po' troppo spensierato, prende il volo solo alla fine, quando i giocatori più smaliziati potrebbero averlo abbandonato in cerca di un altro jRPG dalla trama più stimolante.

Alchimia, portami via

Tempus fugit

All'inizio dell'avventura ci è permesso scegliere il protagonista tra Escha e Logy: gli slogan del gioco lasciano intendere che il gameplay cambi a seconda dell'eroe scelto, ma la nostra impressione è stata che il gioco rimanga tale e quale e che a cambiare siano solo poche sequenze narrative a seconda del punto di vista selezionato.

Alchimia, portami via

In altre parole, Atelier Escha & Logy si comporta un po' come il recente Tales of Xillia, implicando almeno due playthrough per poter cogliere ogni sfumatura della storia. D'altra parte, è vero che i due personaggi si differenziano nelle loro capacità di alchimisti, con Escha specializzata nelle miscele e nelle pozioni e Logy più avvezzo alla fabbricazione di armi ed equipaggiamenti vari. Scegliere l'uno o l'altra, però, non comporta nessun tipo di sbilanciamento per quel che riguarda la struttura del gioco che, come da tradizione, fa del "crafting" la sua colonna portante: è stata proprio questa caratteristica a isolare il brand nella nicchia di cui parlavamo, ragion per cui Gust ha compiuto una svolta interessante quanto delicata per far respirare di più la serie. L'alchimia è ancora fondamentale nella progressione: Logy e Escha dovranno superare dei test per proseguire nella storia, e avranno solo alcuni mesi per riuscirvi.

Alchimia, portami via

Il limite di tempo caratteristico dei precedenti Atelier è presente anche nel nuovo installment, nel senso che ogni azione o missione "consuma" una parte del tempo rimasto prima che scada il termine ultimo per il completamento della missione principale in corso, cosa che comporterebbe svantaggi come la perdita di alcune ricompense o di certi finali. In questo caso, tuttavia, le condizioni da soddisfare sono molto più morbide e si può tranquillamente completare la missione principale praticamente subito per poi dedicarsi, per tutto il tempo restante, alle varie sidequest facoltative per aumentare la nostra competenza alchimistica e mettere le mani su vari bonus. In ogni caso c'è da "craftare" tantissimo, ma l'interfaccia e i meccanismi sono stati semplificati e strutturati in modo da rendere ogni passaggio molto più semplice e intuitivo che in passato. Se l'alchimia è stata quindi estremamente facilitata - cosa che potrebbe far storcere il naso ai puristi della saga, almeno finché non si renderanno conto di quanto sia ora più godibile - lo stesso non si può dire del sistema di combattimento, il quale ha invece guadagnato in profondità.

Alchimia, portami via

Trofei PlayStation 3

Ben cinquantatré i trofei di Atelier Escha & Logy: quarantadue di bronzo, otto d'argento, due d'oro e il platino a culminare la collezione. Se per alcuni basta seguire la storia, per altri bisognerà impegnarsi a sviscerare sia l'alchimia che il sistema di combattimento, raccogliendo oggetti e affrontando mostri a più non posso.

Carpe diem

L'esplorazione è infatti un momento chiave nell'avventura, non solo perché necessaria a proseguire nella storia e a procurarsi alcuni dei materiali più rari per i nostri intrugli alchemici, ma anche perché è durante le nostre peregrinazioni per grotte e foreste che incontreremo i nemici: un contatto col loro modello poligonale comporterà un cambio di scena e l'ingresso del nostro party sul campo di battaglia. A dispetto di quanto ci si aspetterebbe dopo aver giocato i precedenti Atelier, il combat system di Atelier Escha & Logy è sorprendentemente interessante e curato, fondato su un curioso mix di turni e tempo reale: il party principale è composto da tre personaggi, appoggiati da un massimo di tre compagni di supporto.

Alchimia, portami via

Ogni attacco inferto o ricevuto carica un indicatore speciale che, in buona sostanza, può essere consumato per fare intervenire anche i personaggi di supporto durante il turno di quelli in prima fila. Le azioni possibili sono assegnate ai tasti del joypad, comportando quindi non solo l'intervento diretto del giocatore ma anche un buon grado di strategia: caricare l'indicatore per fare attaccare più personaggi in sequenza innesca un potente colpo speciale da parte dell'ultimo combattente, ma significa anche sacrificare un eventuale boost difensivo a favore di un personaggio in difficoltà. L'alchimia gioca un ruolo importante anche nell'economia dei combattimenti perché le armi possono essere infuse degli elementi naturali che infliggono più o meno danni ai nemici e anche perché è possibile costruire innumerevoli bombe e sostanze chimiche in grado di depotenziare gli avversari e applicare condizioni negative di ogni genere.

Alchimia, portami via

I giocatori che avranno preso confidenza con i meccanismi del titolo Gust riusciranno a dominare il campo di battaglia fin dalle prime battute, e avranno meno problemi quando, improvvisamente, il livello di difficoltà crescerà esponenzialmente verso le ultime ore di gioco, provocando non poche frustrazioni. I veterani del franchise, insomma, potrebbero sentirsi a casa fino a un certo punto, ma fortunatamente riconosceranno in Atelier Eschy & Logy la Gust che hanno imparato ad apprezzare anche dal punto di vista tecnico, con la sua grande attenzione per i dettagli e la delicatezza dei tratti impiegati per dare vita al mondo e ai personaggi del gioco. Anche in questo caso l'equilibrio non è proprio perfetto, con la varietà di location che fa perdonare la loro linearità e la maniacale cura riposta nell'abbigliamento e nei particolari compensata da animazioni un po' legnose, un frame rate ballerino e una palette decisamente più sbiadita rispetto a quella del precedente Atelier Ayesha, anche se quest'ultima - probabilmente - è stata una scelta voluta e non inficia un look da cartone animato complessivamente soddisfacente. Chiude il cerchio l'accompagnamento sonoro: una bella colonna sonora dai brani ispirati e orecchiabili, ma anche un doppiaggio in inglese incompleto e discutibile in termini di recitazione. Per fortuna, Gust ha sorpreso i territori occidentali con la possibilità di impostare l'audio nipponico: speriamo sia la nuova regola e non una semplice eccezione.

Conclusioni

Multiplayer.it
7.7
Lettori (8)
7.9
Il tuo voto

Atelier Escha & Logy non sarà forse il miglior jRPG sulla piazza, ma è decisamente godibile e riesce a distinguersi dai precedenti episodi con una struttura rinnovata - benché non stravolta - che lo rende il punto d'inizio ideale per tutti coloro che non conoscono il brand Gust o che sono stati allontanati dal gameplay fin troppo particolare dei precedenti Atelier. A conti fatti, Atelier Esca & Logy è la svolta di cui la serie aveva proprio bisogno e, nonostante alcune magagne, quell'obiettivo è stato raggiunto in pieno.

PRO

  • Adatto anche a chi non conosce la serie Gust
  • Sistema di combattimento ben congegnato
  • Alchimia migliorata e semplificata al punto giusto

CONTRO

  • Trama non proprio coinvolgente
  • Qualche incertezza tecnica
  • State alla larga se non conoscete l'inglese