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Criminali o poliziotti, che differenza fa?

Da pilota clandestino ad agente di punta, una vita fra copertoni e pistole, entrambi fumanti.

RECENSIONE di Ludovica Lagomarsino   —   26/11/2009

Ai ladri d'auto siamo ormai abituati, la serie di GTA certamente ha stabilito un metro di paragone per il genere e non sono in molti ad essere stati in grado di proporre dei prodotti che avessero la stessa solidità, pur avendo visto sul mercato una serie di cloni tutt'altro che privi di dignità propria. Con questo C.O.P. The Recruit Ubisoft ha chiaramente cercato di far propri gli standard di successo del genere e di tradurli in un titolo per portatile Nintendo che avrebbe potuto essere una valida proposta su una console che certo non può vantare nella sua libreria una vasta scelta di free roaming ad impronta guardie e ladri.
Per quanto abbiamo cercato di tenere lontano dalla nostra mente il paragone con il sopracitato GTA, dobbiamo riconoscere che le analogie che Ubisoft ha inserito nel proprio titolo sono tante e tali da impedirci di tenerlo completamente fuori dalla nostra sensibilità critica, e questo certamente non pesa a favore del gioco che non ha saputo far tesoro dell'esperienza portata sullo schermo dal suo illustre predecessore.

Ma perchè?

E' una domanda, questa, che ci siamo posti più volte durante lo svolgimento del gioco, sia per quanto riguarda le scelte stilistiche che tecniche. La prima domanda è insita nella scelta di sviluppare in 3D un titolo dalle ambizioni free-roaming su una console come il DS. Il risultato a livello stilistico è poco gradevole agli occhi, il character design, come anche quello degli ambienti e delle auto sono squadrati e rigidi, come d'altro canto l'hardware obbliga a fare. Tutto questo nonostante il motore grafico si dimostri efficace nel mettere alla frusta il DS sia per poligoni su schermo che per fluidità dell'azione.

Criminali o poliziotti, che differenza fa?

L'impatto quindi non è certo dei migliori e non aiuta a calarsi in un clima di coinvolgimento con il personaggio e con gli avvenimenti, che per fortuna sono tuttavia inframmezzati da scene di narrazione in stile fumettistico che alzano di qualche grado la qualità visiva dell'opera. Ma al di là delle scelte stilistiche il vero perchè, a cui non siamo stati in grado di dare una risposta, risiede nella trama del gioco. Il protagonista, tale Dan Miles, che noi dovremo interpretare e gestire, è tutt'altro che il prototipo del poliziotto buono in lotta contro il criminale cattivo, al contrario: si tratta di un pilota clandestino, una specie di "need for speeder", che se ne va in giro a 160 chilometri all'ora per la città. Finchè (giustamente) viene arrestato e posto in condizioni di non falciare più nonnine e carrozzine. La cosa strana è che gli viene offerto un aut aut un filino inconsueto: passare il resto della vita in carcere o essere reclutato nelle forze dell'ordine. Incarico che prende molto sul serio, tant'è che la prima azione del tutorial prevede di rubare la macchina alla vicina per raggiungere il posto di polizia.
Potrebbe sembrare un'incongruenza da poco, e la trama si dipanerà andando avanti spiegandoci molte cose sulle vicende che vediamo a schermo, ma il tutto è improntato da incoerenza e superficialità che rendono impossibile godere di una qualche immedesimazione o quantomeno di maturare interesse per il corso degli eventi. Si va avanti in maniera meccanica, senza sapere perchè. E senza che si accenda in noi la voglia di capirlo, questo perchè ci si arrende al bruto vai-guida-spara che sembra essere il leit motiv puro e semplice del gioco.

Il braccio violento della legge

I controlli del gioco sono piuttosto elementari. Con il Dpad muoviamo Dan, l'auto si guida con B per accellerare ed A per frenare, Y mette il freno a mano. La gestione della guida, assolutamente elementare per quanto riguarda il comando della macchina in sè, merita una menzione. Una delle negatività del gioco è infatti proprio la sfera delle azioni possibili con la macchina: se investiamo un pedone quello caccerà un urletto indignato ma, a parte passargli attraverso, non gli succederà null'altro di male. Ed anche per le altre auto tutto si risolve in un "puff".

Criminali o poliziotti, che differenza fa?

Se le urtiamo tanto da danneggiarle al punto di rottura si produrranno in una breve esplosione per svanire istantaneamente dallo schermo, come se non fossero mai esistite. Le missioni di inseguimento consistono esattamente in questo: correre dietro all'auto-obiettivo, tamponarla un certo numero di volte e farla esplodere. "Puff", l'auto non è più, la missione è compiuta. Rudimentale, di certo privo di qualsiasi soddisfazione.
Per sparare bisogna selezionare l'arma nell'angolo a destra del touchscreen, azione che produrrà il passaggio della telecamera direttamente dietro la spalla del nostro personaggio. Come nel caso dell'auto, se spariamo sui passanti otteniamo solo che si indignino. Nessuno muore, tranne i cattivi veramente cattivi. Che a loro volta di sè, una volta morti, lasciano solo il ricordo.
Il sistema di gestione della mira poggia sul pennino che ci serve per direzionare il puntatore scorrendo sullo schermo e sul dorsale per sparare. In alternativa è possibile configurare il gioco per sparare doppiocliccando con il pennino direttamente sul touchscreen, piuttosto che usando il dorsale. Il tutto è apparentemente facile da usare, ma di una lentezza estrema. In caso di più nemici riuscire a girarsi per tempo per targettare l'altro risulta lungo quanto una pausa caffè. Beh, non così tanto, ma certamente nel percepito è piuttosto frustrante, sarebbe bastato accellerare un poco il movimento o implementare un sistema di dietrofront rapido per mitigare il problema. Comandi elementari che da una parte rendono la gestione del gioco davvero facile, dall'altra sono molto limitanti ai fini del godimento del gameplay.

Per proteggere e servire

Ed è così che ce ne andiamo in giro per la città, possibilmente rubando le prime macchine che troviamo, nei panni di un nuovo tutore dell'ordine dalle belle speranze. Alla radio ci verranno segnalate eventuali nuove missioni strada facendo, permettendoci di non restare mai con le mani in mano mentre procediamo con lo svolgimento della linea di missioni principali. A dare un po' di varietà al gioco, il cui cardine principale rimangono sparatorie e sezioni di guida (con una gestione del GPS almeno discutibile), ci sono una serie di varianti comprendenti anche missioni di stealth. Fra le altre cose l'inserimento di macchine fotografiche in punti panoramici lungo il percorso che ci permetteranno di collezionare fotografie specifiche danno un senso di obiettivi aggiuntivo che quantomeno arricchiscono un po' l'esperienza di gioco. Resta da chiedersi perchè un poliziotto criminale si fermi di quando in quando ad immortalare scorci della città, ma è un'altra domanda a cui non sembra esserci risposta degna di nota.
Alla fine della fiera, il difetto principale di C.O.P. The Recruit, al di là delle scelte tecniche e stilistiche, sembra essere proprio l'assenza di un carisma, di un carattere proprio che riesca a sollevarlo da una generale piattezza che non riesce assolutamente ad innamorare.

Conclusioni

Multiplayer.it
4.6
Lettori (4)
8.3
Il tuo voto

C.O.P. The Recruit non riesce nel suo intento di proporsi come valido clone di GTA in 3D su DS. La superficialità della trama e del gameplay e l'assenza di un suo carattere identificativo che riescano a dare coinvolgimento narrativo e personalizzazione ai personaggi lo rende piatto e davvero privo di appeal. Resta un esperimento per certi versi interessante, godibile forse per un pubblico meno esigente ed esperto, ma certamente non in grado di intrattenere un giocatore appena più smaliziato. Tutto lo rende un prodotto adatto forse ad un pubblico di giovanissimi, grazie anche alla pressochè totale assenza di violenza visiva.

PRO

  • Comandi e svolgimento elementari, adatti ai giovanissimi
  • Assenza totale di violenza
  • Motore grafico tecnicamente valido

CONTRO

  • Sistema di controllo rivedibile
  • Trama incoerente e priva di senso
  • Assenza di carisma ed appeal