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Bladestorm: La guerra dei 100 anni - Recensione

Dinasty Warriors sembra ormai aver fatto il suo tempo. Per Koei è tempo di cambiare le carte in tavola nel tentativo di mantenere viva la propria leadership in un genere preso d'assalto anche dalle altre software house.

RECENSIONE di Mattia Armani   —   14/12/2007
Bladestorm: La guerra dei 100 anni - Recensione
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Bladestorm: La guerra dei 100 anni - Recensione

Complessità apparente

Il primo difetto strutturale di Bladestorm emerge piuttosto presto. Uscire dal seminato produce effetti nefasti. Anche se sono molti i titoli che superficialmente palesano strategia e libertà e sono invece costretti da binari invisibili, la faccenda, in questo caso, è troppo visibile ed evidente. Improvvisando e staccando un contingente dal corpus dell’esercito è molto facile ficcarsi in situazioni frustranti che lasciano poche vie di fuga. Anche se le truppe avversarie non sono troppo sveglie e restano quasi sempre sulla difensiva, un elevato numero di avversari rappresenta una situazione pericolosa che purtroppo si presenta puntualmente se il giocatore si azzarda ad uscire dallo schema che lo porta di avamposto in avamposto, dritto fino all’insediamento da conquistare. Ne consegue che il modo migliore di condurre una battaglia sia quello di rispettare le regole base del gioco, cavalleria contro fanteria e via dicendo, e conquistare le basi avversarie una dopo l’altra, mantenendo le truppe serrate. Una struttura che diventa l’unica possibile dal momento in cui l’unico modo per curare le proprie truppe è quello di metterle al sicuro tra le mura di una base alleata. Un’altra nota negativa, o meglio una discrasia piuttosto evidente, consiste nella rottura tra l’impianto visivo, l’ambientazione e la struttura arcade. Partiamo dai presupposti. Bladestorm è un titolo che sacrifica il dettaglio grafico per mettere in piedi una battaglia gigantesca, combattuta tra le colline francesi, in pieno grandheur medioevale. Eppure la battaglia è regolata da un counter temporale che inchioda la il combattimento non appena il sole tocca l’orizzonte. Questo, oltre a distruggere l’atmosfera della lotta e a strapparci dal gioco in malo modo, significa che dovremo ripetere la conquista della base da zero anche se ormai le nostre truppe erano in procinto di sedersi al tavolo dei vincitori.

Bladestorm: La guerra dei 100 anni - Recensione
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Rappresentazione di una battaglia

Grandi mappe e un numero più che nutrito di avversari. Tutto questo costa drammaticamente in dettaglio e il giudizio peggiora considerando che il motore grafico non è certo uno di quelli triviali che sembrano spremere la macchina. Anzi, in più di un frangente sembra quasi di assistere a un bel titolo della generazione precedente. Per di più numeri e parole svolazzano per lo schermo in pieno stile arcade senza curarsi dello stile grafico che è decisamente poco compatibile con numeroni e scritte gialle. Considerando la genesi di questo genere si tratta di scelte comprensibili ma causano una perdita sempre maggiore d'impatto dell’ambientazione geografica, che vorrebbe richiamare il medioevo delle campagne francesi. Gli avversari rappresentano l’elemento del gioco caratterizzato meglio. Purtroppo appaiono solo negli intermezzi mentre anonimi generali e luogotenenti rappresentano l’unica linea di comando nella difesa delle basi avversarie. Per finire ci troviamo d'innanzi boschi anonimi puntellati di alberi identici l'uno all'altro, textures stiracchiate e un po’ troppa nebbia quando aumenta il numero di edifici, non tanto per questioni di pesantezza del motore, si presume, quanto per nascondere difetti troppo evidenti. Per fortuna sotto il versante sonoro si cambia musica. Superato l’impatto con i segnalatori grafici che ci ricordano costantemente la natura arcade del gioco, arrivano finalmente all’orecchio urla di battaglia, clangori metallici e tutta la gamma di suoni che ci si aspetterebbe da due schieramenti in lotta. Un buon lavoro sottolineato da una melodia azzeccata, anche se troppo breve, in grado di recuperare l’atmosfera del gioco messa a dura prova da altri elementi del gioco.

Bladestorm: La guerra dei 100 anni - Recensione
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Bladestorm: La Guerra dei 100 Anni è disponibile per PlayStation 3 e Xbox 360.
La versione testata è quella Xbox 360.

Commento

Bladestorm tenta di aumentare il tasso strategico di un genere fin'ora decisamente legato all'azione, introducendo punti di conquista e una componente gestionale più profonda. Purtroppo vincola le novità ad una struttura ancora palesemente arcade che finisce per limitare lo spazio di manovra. Tecnicamente insufficiente non riesce ad esaltare nemmeno dal punto di vista coreografico. Consigliato agli amanti del genere che desiderano seguirne l'evoluzione, ma con qualche riserva.

Pro

  • un sacco di unità su schermo
  • finalmente una componente gestionale strutturata
  • introduce qualche novità sul versante giocabilità...

Contro

  • ...purtroppo vincolata dalle meccaniche semplicistiche del titolo
  • strategia semplificata e rigida
  • tecnicamente poco appagante
  • alcuni testi appaiono in spagnolo, spero sia un difetto limitato alla copia promozionale

Xbox 360 - Obiettivi

Gli obiettivi vengono sbloccati tramite libri speciali che valgono 50 punti cadauno. I primi vengono sbloccati quasi automaticamente, i successivi sono occasionalmente reperibili come tesori delle battaglie.

Bladestorm appartiene a un genere con un potenziale altissimo, purtroppo abusato e sfruttato superficialmente sia in oriente che occidente. Un genere che sino ad ora ha incarnato, almeno in parte, una possibilità evolutiva per i picchiaduro a scorrimento ma che, in questa forma, cerca di divenire un modo più dinamico e ludicamente appagante di integrare azione e strategia militare. In Giappone la regina di questa branca action del filone strategico è Koei. Dinasty Warrior è stata la serie principe di questo genere per lungo tempo, ma Kingdom Under Fire e altri franchise emergenti hanno fornito all’opinione pubblica un metro di paragone più complesso che ha prodotto la necessità di cambiare una ricetta ormai abusata. Koei è cosi costretta a scendere in campo con qualcosa di fresco sia per mantenere il proprio nome legato a questo genere di titoli, sia per tentare nuove strade che ne svecchino le meccaniche in modo da generare prospettive future. Tutto comincia da una taverna e da alcuni contatti. Il protagonista è un generale mercenario in procinto di imboccare una strada pericolosa che lo porterà a sfidare arroganti signorotti arroccati nei loro possedimenti.

Struttura di gioco
Bladestorm tenta il cambio di rotta rispetto ai predecessori riducendo l'importanza del controllo di un solo personaggio e ponendolo come tramite per il controllo diretto di una squadra, introducendo il tutto in una grande battaglia. In termini pratici, una volta acquisito il controllo di un gruppo di arcieri, fanti o cavalieri, il nostro personaggio è rappresentato dall’intero manipolo di mercenari selezionato in quel momento e l'intera squadra combatte all’unisono. La battaglia è più complessa e ricca rispetto a quanto siamo abituati arricchendo la mappa con truppe posizionate a difesa di bastioni e punti di controllo che possono essere perduti o conquistati. Di contro il gameplay è radicato all’osso e l'obiettivo principale di una missione, alla fin fine, è l'unico rilevante, ma ci occuperemo di questo più avanti. Fortunatamente Koei ha introdotto qualche elemento strategico a lame ferme. La storia prende vita tra tavoli inzuppati di birra dove voci e possibilità si intrecciano continuamente. Il nostro alter ego, appena costruito con un comodo e semplice editor, appare proprio in questo luogo che diverrà un vero e proprio quartier generale dove decidere da che parte schierarsi e come ottenere contratti sempre migliori. In taverna infatti, oltre alla possibilità di reperire informazioni e ingaggi militari, è possibile acquistare equipaggiamento e prendersi cura dei nostri mercenari magari acquistando potenziamenti temporanei da usare in battaglia o truppe speciali usa e getta. L’equipaggiamento migliore aumenta danno inflitto o difesa ma i cambiamenti non si riflettono mai visivamente sull’azione di gioco che prosegue immutata senza considerare le peculiarità acquisite dai personaggi. Allo stesso modo funziona per l'aumento di abilità ottenibile con i libri reperibili in battaglia che aumentano le abilità di combattimento ma non apportano alcunchè al gameplay. I fanti in chain mail attaccano automaticamente, gli arcieri e le altre truppe attaccano con la pressione di un pulsante. Un altro permette di effettuare azioni di massa contro un obiettivo e un altro lancia l’attacco speciale tipico di una classe combattente, come spintoni, cariche a cavallo, attacchi rapidi ed effetti speciali che sono in grado di darci una mano nelle situazioni in bilico. Purtroppo il tutto si riduce a considerare quale tipo di truppa si comanda per lanciarla contro il nemico relativamente più vulnerabile. Osare manovre di attacco con la cavalleria per falciare gli arcieri, ad esempio, è assolutamente sconsigliabile e questo è uno dei primi lampanti esempi della struttura rigida e semplicistica di Bladestorm che non permetterà mai al giocatore di compiere manovre “alla Napoleone”. Vincere diventa quindi una mera questione di tempismo nell’attaccare o di saggezza nel saper ritrarre le proprie truppe. Le possibilità di agire sono ridotte all’osso e limitano di conseguenza sia la varietà di situazioni possibili sia la pericolosità degli avversari.