Un po' di storia
Se l’anno scorso è stato quello degli sparatutto ambientati nelle umide giungle vietnamite, quest’anno potremmo assistere ad un nuovo trend. Ci stiamo riferendo a splendide isole, dal sapore tipicamente tropicale, in cui scorrazzare in lungo ed in largo sparando gioiosamente a tutto ciò che si muove. O quasi.
Insieme a Far Cry, Breed infatti ci porta su una serie di lussureggianti atolli e isoli tropicali letteralmente infestati da orde di creature fameliche e senza pietà. Chi ha anche solo un minimo di dimestichezza con le ambientazioni descritte dalla serie “Starship Troopers” si ritroverà subito a casa. Tutti gli altri, invece, non potranno non pensare ad Unreal II o (indovinate?) Halo. La storia che fa da background a Breed è decisamente stereotipata e sottotono rispetto al resto della produzione. Ci troviamo nel 2625, quando la spedizione Darwin ritorna da una missione di guerra ventennale nel sistema Besalius contro un’orda di alieni soprannominati, appunto, Breed.
Il benvenuto sulla Terra però non è certo dei migliori, invece di festeggiamenti e degni riconoscimenti i nostri veterani troveranno un brutta sorpresa: i Breed infatti hanno ormai preso il controllo del pianeta. Starà a noi colpire i punti nevralgici delle difese Breed - per lo più una serie di isole situate del Pacifico - per riprendere il controllo del nostro amato pianeta…
Figliolo, un giorno tutto questo sarà tuo
L’impatto iniziale con Breed è spiazzante. Per molti versi ci torna alla mente “Command & Conquer: Renegade”, lo sfortunato tentativo dei (defunti) Westwood nel proporre la loro idea di sparatutto.
Lo scenario di gioco appare da subito enorme, ambientato per lo più all’aperto con la possibilità di passare in ambienti al chiuso senza alcuna soluzione di continuità, l’impostazione grafica di Breed tradisce fin da subito anche l’intera filosofia di gioco.
La volontà di non ambientare il gioco in claustrofobiche ambientazioni, o in obbligati e brevi percorsi all’aperto deve aver vincolato gli sviluppatori della Brat Design ad una scelta piuttosto sofferta: essere e non apparire.
Figliolo, un giorno tutto questo sarà tuo
A livello puramente estetico Breed rinuncia all’utilizzo intensivo di Pixel e Vertex Shaders e denuncia qualche defezione, soprattutto in vista delle meraviglie grafiche che tutti si aspettano nel corso di questo 2004. Le texture non sono sempre allo stato dell’arte, le ombre sono state implementate in maniera piuttosto essenziale e alcuni modelli tridimensionali risultano abbastanza poveri. Ma questo è solo un piccolo prezzo da pagare, soprattutto pensando a cosa è capace di gestire il motore grafico che muove Breed, il Mercury. Più di una volta vi capiterà di fermarvi sulla cima di un rilievo ed ammirare il paesaggio che si staglia sotto i vostri occhi: davvero spettacolare!
Proprio come nel già citato Renegade, l’impressione di trovarsi nel bel mezzo di un conflitto su vasta scala è riprodotto in maniera del tutto verosimile. Il fuoco d’artiglieria che ci spara da centinaia di metri di lontananza, mezzi aerei che perlustrano la zona e numerosissimi gruppi di alieni mandati allo sbaraglio: adrenalina allo stato puro. Il tutto condito da effetti atmosferici ricreati in maniera accurata e sempre variabile.
Diversamente da quanto accade negli FPS a cui siamo abituati, gli scenari di gioco sono realmente percorribili in tutta loro interezza. Nessun muro invisibile o montagna troppa alta da poter scalare: ciò che vedete lo potete raggiungere, e se è troppo lontano potete utilizzare un qualsiasi mezzo di locomozione (aereo o terrestre) per arrivarci prima e in maniera più sicura. Il tutto senza essere interrotti da nessuna, neppure minima, schermata di caricamento. Altra feature magari solo accennata in Breed, ma finora sfruttata intensivamente solo dai due “Red Faction” con la tecnologia GeoMOD, è la possibilità di poter distruggere certi elementi dello scenario (come la vegetazione o le costruzioni nemiche).
Gli stessi requisiti minimi, necessari per beneficiare di tutto ciò, sono davvero bassi e permettono di sfruttare il gioco, anche ad alte risoluzioni, con hardware non certo all’avanguardia. Provare per credere.
Contaminazioni
Lo svolgersi delle varie missioni di gioco, un poco come succede da anni con i simulatori di combattimento aereo più complessi, risulta essere variabile; questo grazie alle dinamiche associate ai nostri successi (o insuccessi) conseguiti durante l’evoluzione del gioco che andranno ad influenzare il dipanarsi degli avvenimenti.
Tanto per non rovinarvi il gusto della sorpresa vi citiamo solo un estratto del primissimo livello: iniziamo la nostra missione a bordo del mezzo da sbarco, una volta preso il controllo di una delle torrette dobbiamo distruggere una postazione radar, in caso di fallimento, una volta atterrati ci troveremo ad affrontare un numero maggiore di Breed, fortunatamente aiutati da una squadra di rinforzi.
Uno per tutti, tutti per uno
In Breed non dovremo rivestire i panni di un eroe solitario e senza macchia. Saremo piuttosto chiamati ad impersonare tutti i componenti di una squadra da sbarco, nell’ambito di variegate operazioni di guerra e guerriglia futuristica. Esistono diverse tipologie di combattente ed ognuna, a seconda delle missioni di gioco, potrà rivelarsi indispensabile ai fini della risoluzione di un determinato livello.
Questa scelta porta inevitabilmente ad un impoverimento dell’immedesimazione di gioco che, in caso ce ne fosse stato bisogno, svela una volta di più gli obiettivi dei Brat Design: offrirci uno shooter fuori dagli schemi dal marcato sapore tattico/strategico, una sorta di sapiente mix tra un FPS tradizionale e “BattleField 1942”.
Ovviamente si potrà prendere il controllo di un solo personaggio per volta, nel mentre tutti gli altri componenti della squadra seguiranno i nostri ordini e, più generalmente, ci seguiranno. I comandi a nostra disposizione saranno pochi ed elementari: potremmo richiamare a noi il nostro gruppo, stabilirne la formazione, ordinare di cessare o meno del fuoco, decidere di disperdere il gruppo in ritirata o, nei casi più difficili, richiedere munizioni o medicazioni.
Tendenzialmente l’intelligenza artificiale che si prenderà cura dei nostri commilitoni riesce a svolgere i propri doveri, seppure di tanto in tanto troveremo qualche membro del gruppo accingersi a scalare un dirupo (dal quale è appena caduto) o tuffarsi (affogando) nelle cristalline acque. Per “fortuna” spesso sarà possibile concludere una missione utilizzando anche un solo personaggio (di solito il cecchino) facendoci chiudere un occhio sulla gestione non ancora ottimale dei nostri compagni. Insomma, il team c'è ma a volte la presenza più che inutile è quasi dannosa. Peccato. Siamo sicuri che un piccola patch correttiva - come di moda del resto - potrà risolvere queste piccole, ma decisamente noiose, anomalie di comportamento.
Dimentichiamoci virtuosismi nel campo del design delle armi, anche in questo caso si è badato più alla sostanza, offrendoci un arsenale che pur già visto riesce a soddisfare ogni esigenza: dal fucile da precisione utilizzato per uccisioni dalla grande distanza (che, dai tempi di Project I.G.I., danno sempre un’inspiegabile e immensa soddisfazione) al lento ma letale lancia razzi.
Il Multiplayer
Accennando alle scelte di design degli sviluppatori, abbiamo già citato la diversa concezione del concetto di “Team” rispetto ad altri che, come ad esempio nel recente Vietcong, ci fanno impersonare un solo personaggio dandoci comunque la possibilità di interagire con altri compagni di squadra. In Breed pur potento dare rudimentali comandi agli altri componenti del Team avremo maggiori soddisfazioni utilizzandoli noi stessi.
Se in single player questa scelta può lasciare interdetti, ha tutte le probabilità di risultare invece quanto mai azzeccata e vincente nelle promesse sessioni in multiplayer, specialmente in modalità cooperativa, che verranno rese disponibili in una ormai prossima Patch gratutita.
Certo, come sempre il vero successo delle varie modalità Multigiocatore (competitive o meno) potrà essere solo sancito dalle preferenze dei giocatori e delle comunità di MODders, tuttavia fin da adesso possiamo dire che le premesse ci sono davvero tutte.
Scenari enormi, tanti mezzi a disposizione, possibilità di pianificare vere strategie di gioco e di differenziare l'apporto dei diversi giocatori in base alle proprie preferenze, sembrano promettere faville. L'unica incognita risiede nell'implementazione di un NetCode efficiente.
Come al solito, ai posteri l'ardua sentenza.
Non solo FPS
Le varianti utilizzabili offerte al giocatore, per affrontare le varie situazioni, sono sempre diverse e quasi mai obbligatorie. Le uniche limitazioni durante il corso di una missione sono quelle imposte della geografia del luogo e dei waypoint istituiti dal nostro comandante, tutto il resto sta a noi. Ad esempio attaccare frontalmente risalendo un pendio risulterà sempre molto svantaggioso, questo perché i nostri combattenti risulteranno essere più lenti, in maniera analoga equipaggiare un personaggio con armi pesanti ne accrescerò la potenza di fuoco ma ne limiterà anche la velocità di movimento.
Un altro elemento che cerca di far distinguere Breed dagli altri titoli sul mercato consiste nella possibilità di poter utilizzare le postazioni di fuoco o i mezzi di locomozione trovati lungo il nostro cammino. La scelta non è mai obbligatoria, e spesso implica diversi approci al resto della missione: lasciare indietro un componente per poi bombardare a distanza o attaccare con la squadra al completo quando sarà il momento?
In alcuni casi dovremo obbligatoriamente abbandonare la “Fanteria dello Spazio” per cimentarci con la guida di una navetta da sbarco (con tanto di sessioni di gioco in pieno stile Wing Commander) o di qualche mezzo corazzato. Il tutto sfruttando sempre lo stesso motore di gioco.
La riuscita di questi divertissements oscilla tra il buono ed il frustrante. Se infatti le sessioni a terra sono sempre divertenti ed impegnative al punto giusto, quelle aeree e spaziali a volte rischiano di essere troppo ostiche lasciando sempre l’amara impressioni di casualità nella riuscità o meno degli scontri.
Commento finale
E’ sempre difficile giudicare un gioco, soprattutto quando tenta coraggiosamente di esplorare nuove soluzioni, incorrendo però in qualche problema di gioventù. I ragazzi della Burut sono riusciti nel confezionare un motore grafico che riesce a supportare, senza troppi problemi, un gameplay fresco, innovativo e soprattutto sempre vario.
Purtroppo non possiamo parlare di capolavoro assoluto. Principalmente a causa delle imperfezioni piuttosto marcate delle routine che gestiscono l’intelligenza artificiale dei componenti del nostro team e degli stessi nemici; in secondo luogo per una serie di scelte di game design che, in bilico tra il singleplayer ed il multiplayer, impoveriscono lo spessore dell’esperienza in giocatore singolo rispetto alla futura controparte online. Mi riferisco ad esempio alla concezione delle missioni, a volte poco verosimile e frustante, oppure alla storia.
A conti fatti Breed è consigliato soprattutto ai cultori degli sparatutto in multiplayer (attendiamo quindi trepidamente la prossima patch che renderà disponibile a tutti gli effetti questa modalità) e a tutti quei giocatori in grado di chiudere un occhio su alcuni difetti prettamente cosmetici o coreografici per potersi però concentrare sulle caratteristiche più tecniche e tattiche.
Per il resto, Breed è un gioco immenso, in grado di offrire in continuazione nuove sorprese ed esperienze, in grado di essere analizzato e giudicato in funzione di diverse chiavi di lettura. E parlando di un “semplice” sparatutto, questo non mi pare davvero poco…
- Pro:
- Innovativo e sempre vario
- Promettente in multiplayer
- Requisiti hardware alla portata di molti...
- Contro:
- Intelligenza artificiale deficitaria
- Storia e background "leggeri"
- Le sessioni di combattimento aereo non molto riuscite
Seppure non possa vantare il blasone dei titoli più attesi dell’anno, Breed è un nome molto conosciuto dai più attenti osservatori della scena, da molti anni. Tanto più che nel 2002 vinse il premio come miglior gioco presentato all’ECTS di Londra.
Più volte annunciato come il più valido sostituto morale di Halo per la piattaforma Pc, lo sviluppo di Breed ha dovuto far fronte a diversi incidenti di percorso, tanto da decretarne, abbastanza paradossalmente, l’uscita sugli scaffali, addirittura dopo la quasi inaspettata versione Windows del già citato Halo.
Ma definire Breed come un clone del titolo Bungie è sicuramente sbagliato, Breed infatti è un titolo con una spiccata personalità che cerca di uscire dai cliché del genere offrendo al giocatore una serie di nuovi spunti che in futuro meriteranno di essere ulteriormente approfonditi.