All around the world
In evidente stato di grazia, Criterion non si è limitata a perfezionare ulteriormente la formula di gioco del miglior racing game arcade della storia recente; invece, ha anche voluto sfatare la classica figura del “bel gioco che dura poco”, inserendo all’interno del pacchetto ludico una modalità World Tour davvero massiccia. Colonna portante del lato single player del titolo, questa si snoda attraverso tre continenti (Stati Uniti, Europa ed Asia) che fanno da scenario ai tracciati e alle relative competizioni di cui si compone. Il giocatore è libero di affrontare le gare sostanzialmente nell’ordine che preferisce, servendosi di una comoda mappa (il cosiddetto Crash Nav) sulla quale vengono evidenziati gli eventi disponibili. Portandoli a termine con almeno un piazzamento da terzo posto, l’utente ne sbloccherà di nuovi, mentre ottenendo la medaglia d’oro accederà ad una vastissima serie di bonus e premi vari, in puro stile EA, culminanti con la concessione delle auto più potenti e bizzarre del gioco. Il World Tour è composto da una serie di diverse discipline, nella fattispecie Gara Singola, Gran Premio, Eliminatore (a ogni giro l’ultima auto viene esclusa), Giro Lanciato (un frenetico Time Attack), Confronto, Furia Stradale (dove l’obiettivo è effettuare un determinato numero di Takedown), Evento Speciale e l’immancabile Scontro, ovvero la modalità introdotta dal prequel nella quale è necessario lanciarsi all’interno di incroci stradali e causare quanti più danni possibile. In Burnout 3 questa sezione si rivela non soltanto ampliata dal punto di vista quantitativo (sono ben 100 i diversi scenari disponibili), ma anche da quello puramente spettacolare e coreografico: gli artefici di questa miglioria sono il già citato tempo di impatto, la presenza di una serie bonus da raccogliere nel mezzo dell’opera e una nuova opzione chiamata Crashbreaker, che permette di fare esplodere la propria auto –con le dovute conseguenze- a seguito di un determinato numero di scontri. Insomma, laddove in Burnout 2 molto spesso ci si doveva affidare alla fortuna per totalizzare punteggi da high score, in questo terzo episodio l’intero processo dipende molto più dall’abilità dell’utente nel provocare gli scontri e nel gestire il moto della carcassa della propria vettura, rendendo il tutto ancora più divertente. La bontà di questa e di tutte le altre modalità componenti il World Tour (a parziale eccezione di Eliminatore, sotto tono rispetto alle altre) fa del lato single player di Burnout 3 un’esperienza molto appagante e coinvolgente, varia al punto giusto e decisamente longeva rispetto agli standard del genere. Soprattutto nel caso in cui il giocatore desideri ottenere tutte le medaglie d’oro disponibili, impresa caldamente consigliata dato il pregio degli elementi sbloccabili e tuttavia ben lontana dall’essere una passeggiata di salute, a causa della notevole aggressività degli avversari, specialmente negli stage avanzati: in questo senso, può risultare frustrante notare come a volte le auto rivali “barino” riuscendo a rimanere incollate alla propria coda nonostante una condotta di guida impeccabile all’insegna del turbo più sfrenato.
E sono tre. Dopo la freschezza del primo episodio e l’eccezionale qualità del secondo, la serie di Burnout ritorna sugli schermi di Xbox e Playstation2 con il non semplice compito di proporre un seguito a un titolo definito da molti come il miglior racing game arcade di sempre. E ci prova, a colpi di sportellate, con questo Burnout 3: Takedown.
Online crashing
Burnout 3 presenta una discreta modalità multiplayer per due giocatori via split screen, ma la vera novità del titolo Criterion in questo ambito è sicuramente rappresentata dalla possibilità di sfidare altri utenti online. Le partite in rete possono contenere fino ad un massimo di sei giocatori per quanto riguarda le due sezioni corsistiche disponibili (Gara e Furia Stradale a Squadre), mentre il numero si alza ad otto nel cosiddetto Crash Party (vince chi fa più punti in uno scenario Schianto). C’è poi il Doppio Impatto, riservato però esclusivamente a due utenti, nel quale entrambi i giocatori si devono lanciare nel medesimo incrocio pericoloso al fine di ottenere il punteggio più alto. Anche se un paio di modalità in più avrebbero fatto sicuramente piacere, la feature online di Burnout 3 si rivela decisamente divertente, appassionante e coinvolgente, sebbene oberata da una serie di problemi causati dalla –pessima- gestione dei server EA (specialmente su Xbox) che tendono a far cadere gli utenti con frustrante frequenza. Deprecabili poi alcuni disservizi come l’impossibilità di entrare in una partita già iniziata o come quello, clamoroso, che impedisce ai giocatori con sistema televisivo a 60 hz di giocare con quelli a 50 e viceversa. Insomma, un titolo pesante come Burnout 3 meritava certamente un supporto migliore.
Scontro tra versioni
Non poteva mancare il paragone tra le due incarnazioni Xbox e Playstation2 del gioco dal punto di vista tecnico. C’è da dire che le differenze grafiche risultano molto meno marcate che in altri prodotti multipiattaforma: a tutti gli effetti, la versione per il monolito nero Sony soffre esclusivamente di un maggiore aliasing, mentre per il resto si presenta simile in tutto e per tutto alla controparte Xbox. Più sensibile invece il divario per quanto riguarda i tempi di caricamento, ovviamente più lunghi su Playstation2 anche in relazione al passaggio da una traccia musicale all’altra. Per contro, gli utenti Sony possono vantarsi della presenza esclusiva di una demo di Need For Speed Underground 2: mossa invero non propriamente azzeccata, data la build assai incompleta del gioco, che rende imbarazzante qualsiasi tipo di paragone col titolo Criterion.
Reparto audiovisivi
I primi due Burnout avevano abituato decisamente bene i propri fan dal punto di vista grafico, riuscendo ad affiancare ad una velocità di gioco assolutamente paurosa una cosmesi curata e spettacolare. Com’era lecito aspettarsi, Burnout 3 continua la gloriosa tradizione, presentandosi in una veste tecnica di prim’ordine: gli scenari manifestano una maggiore ricchezza scenografica, mostrando tracciati ricchi di dettagli e scorci dalla grande potenza visiva. Indubbiamente superiori a quelle del prequel in termini strettamente visivi, le strade di Burnout 3 denotano forse una leggera mancanza di personalità, risultando tutto sommato piuttosto convenzionali per quanto riguarda i vari paesaggi, ma svolgono comunque in maniere impeccabile il proprio lavoro nell’economia di gioco. A voler trovare il pelo nell’uovo, anche gran parte delle circa 60 auto offerte dal titolo Criterion non stupiscono per varietà ed originalità del design (ingiustamente poche poi sono le colorazioni disponibili per ogni vettura), ma non sollevano invece alcuna perplessità riguardo alla loro modellazione, ottima sotto ogni punto di vista. Non fatica invece a settare un nuovo metro di paragone la qualità grafica degli incidenti: le auto si accartocciano, rotolano e perdono pezzi in un tripudio di scintille, deformandosi e muovendosi assai realisticamente in relazione al tipo di urto subito. Una vera e propria gioia per gli occhi, accentuata dalla facoltà slow-motion del tempo di impatto e che raggiunge il suo massimo apice negli scenari Scontro, autentiche orge di magnificenza grafica applicata agli incidenti stradali. Ottimo sul fronte grafico, Burnout 3 non convince invece appieno per quanto riguarda la scelta delle tracce musicali che fanno da sottofondo all’azione; uniformando il titolo Criterion alla propria linea di pensiero, EA ha fornito il gioco di una tracklist punk-rock composta da pezzi di artisti dal dubbio spessore. Senza contare che il tono di diverse canzoni si addice ben poco all’atmosfera adrenalinica del gioco, e che gli interventi di Dj Striker si dimostrano ben presto ripetitivi. Ma questo è l’unico passo indietro di un titolo che ha migliorato sostanzialmente ogni aspetto del proprio già eccellente prequel, e che quindi si fa facilmente perdonare.
Commento
Burnout 3: Takedown è, semplicemente, il miglior racing game arcade mai creato finora. Completo di una realizzazione tecnica impeccabile, di una gestione spettacolare degli scontri e di un gameplay assuefante, il titolo Criterion trascende dalla stessa definizione classica di arcade dimostrandosi in grado di durare a lungo nel tempo in modalità single e soprattutto multiplayer, grazie soprattutto al supporto del gioco online. Insomma, Burnout 3 riesce nell’impresa di innalzare la serie verso livelli qualitativi ancora più elevati, e di conseguenza il suo acquisto non può che essere consigliato a chiunque, pena la perdita di una delle gemme più lucenti del panorama videoludico odierno.
- Pro:
- Gaemplay eccellente
- Ottimo comparto grafico
- Modalità single player appassionante
- Divertente multiplayer online
- Contro:
- Colonna sonora poco ispirata
- Qualche problema nelle partite in rete
Crash Boom Bang
Come nella maggioranza dei racing game odierni, prima di cominciare a divorare asfalto è necessario passare per la scuola guida. A differenza del precedente episodio, in Burnout 3 l’esplicazione delle meccaniche di gioco è affidata ad un video piuttosto che ad una sessione di training vera e propria: in questa sede il fantomatico Dj Striker (onnipresente voce del gioco che può risultare simpatica od odiosa a seconda dei punti di vista) commenta le immagini “educative” che scorrono sullo schermo, indottrinando l’utente circa le regole –vecchie e nuove- che regolano il mondo di Burnout. Per chi non lo sapesse, il titolo Criterion è un racing game arcade che invita costantemente il giocatore a correre dei rischi premiandolo con un proporzionale riempimento della barra del turbo, da elargire poi copiosamente per avere la meglio sugli avversari:durante la guida è quindi indispensabile compiere tutta una serie di diverse azioni pericolose (andare contromano, sfrecciare accanto ai veicoli, compiere dei salti, effettuare derapate, tamponare gli avversari e combinazioni di queste), evitando per quanto possibile di schiantarsi contro il traffico o gli elementi dello scenario. Fin qui, nulla di nuovo. Ma come il sottotitolo lascia intendere, Burnout 3 offre decisamente qualcosa in più rispetto al prequel; trattasi appunto del Takedown, ovvero l’arte di fare andare a sbattere i propri avversari. Oltre all’ovvia soddisfazione provocata dalla vista di un’auto rivale che si accartoccia, il Takedown ha inoltre i vantaggi ludici di rallentare il malcapitato contendente e di provocare un allungamento della barra del turbo del giocatore, coi benefici che ne conseguono. Parallelamente, risultare vittima di uno schianto porta il medesimo indicatore a decrescere: ma grazie ad un’idea assolutamente geniale, anche in caso di scontro l’utente può tentare di voltare la situazione in proprio favore. Entra qui infatti in scena il cosiddetto tempo di impatto: premendo il tasto del turbo durante la sequenza di un incidente, si attiva una modalità in slow-motion che consente di muovere la carcassa del proprio veicolo nella direzione desiderata, permettendo di effettuare con questa dei Takedown ad effetto sugli avversari ed evitare la perdita del turbo. Se già l’introduzione dei Takedown sarebbe bastata a rendere Burnout 3 superiore ai precedenti, con la vera e propria illuminazione del tempo di impatto Criterion è riuscita nell’impresa di realizzare un racing game arcade la cui azione di gioco non conosce soste. Burnout 3 è una continua scarica di adrenalina, un titolo che non lascia all’utente nemmeno un attimo di respiro e che lo costringe a raggiungere nuove frontiere di reattività occhio-mano per far fronte alla stratosferica sensazione di velocità che è in grado di offrire. In due parole: maledettamente divertente.