Quando il gioco si fa Duro…
Il fiore all’occhiello Nakatomi Plaza è sicuramente il plot narrativo: Die Hard resta un classico degli action movie e alla Fox hanno fatto un buon lavoro per rendere il gioco fedele alla controparte in celluloide, nei limiti del possibile.
Una riproduzione che parte dagli interni delle mappe, passando per musiche e dialoghi fino alla caratterizzazione dei personaggi, valorizzati dalle stesse battute del film e da un parlato di ottima fattura.
Grazie al cielo il doppiaggio è quello originale inglese, non osiamo immaginare lo scempio che sarebbe stato perpetrato in luogo di una localizzazione completa, almeno a giudicare dalla ridicola traduzione del manuale cartaceo (occorre un coraggio da leoni per tradurre “Submachine Gun” in “Pistola Subacquea”…stendiamo un velo…).
Il tocco finale sarebbero stati i visi degli attori originali, ma è impensabile che si potessero acquistare i diritti d’immagine di un intero cast di interpreti famosi: il solo testone pelato di Bruce Willis sarebbe probabilmente costato più dell’intero budget del gioco.
Engine di razza, ma poco in forma
Da Shogo ad Alien vs Predator, il Lithtech di Monolith ci ha sempre regalato grosse soddisfazioni, trattandosi di un engine solido, relativamente leggero e costantemente aggiornato dal team di sviluppo che ne ha fatto una valida alternativa ai più blasonati (e costosi) motori di Epic e Id Software.
Nel caso del nuovo Die Hard però, non si può certo dire che tale motore svolga bene il suo lavoro: il quantitativo di poligoni è a malapena decente, uso scialbo e disordinato delle fonti di luce e texture piatte anche a 32 bit di profondità di colore, che fanno da complemento a locazioni monotone e poco interessanti con tasso di interattività ai minimi storici.
Passabili i modelli 3D, ma tremende le animazioni, troppo legnose e artificiali, con terroristi afflitti dalla sindrome dei “piedi di piombo” e del tutto indifferenti a quintali di pallottole fino al momento di crollare a terra esanimi senza un capello fuori posto (beh il sangue non manca, almeno quello).
Se a ciò sommiamo un cospicuo quantitativo di imperfezioni grafiche, poligoni ballerini e compenetrazioni varie dei soggetti in movimento, possiamo concludere di non non poterci ritenere soddisfatti dell'aspetto estico del gioco.
FPS che passione!
E' un piacere constatare come almeno in parte sia stato colto lo spirito del film: il personaggio di John McLane non è un semplice macellaio, pallido emulo di Schwarzenegger, ma un uomo braccato, ferito e pressoché disarmato che, nascosto negli infiniti meandri di una enorme prigione di vetro e acciaio, si trova ad affrontare una minaccia apparentemente inattaccabile.
Una minaccia che affronta con la battuta pronta e lo humor nero che solo questo poliziotto yankee possiede.
Almeno nelle intenzioni dei programmatori, avventarsi sui nemici, petto in fuori e mitra in mano come Terminator sarebbe dovuto essere un approccio decisamente scorretto e svantaggioso, specie all’inizio, quando al nostro ridicolo potenziale offensivo si somma l’improvvisa superiorità numerica dei nemici. All'uopo sono stati implementati elementi tattici, come un indicatore di resistenza fisica che andrà calando sempre più se esagereremo nel salto e nella corsa e a un ulteriore indice che mostra lo stato del vostro morale.
FPS che passione!
Troppo piombo nell’addome non giova certo all’umore e il ritrovarsi con il morale a terra dovrebbe in teoria porvi in svantaggio, mentre l’affrontare uno scontro con una certa baldanza dovrebbe influenzare sensibilmente le reazioni dell’IA avversaria.
Per la verità non abbiamo avuto il piacere di toccare con mano la bontà di quest'ultimo presunto virtuosismo di gameplay, visto che differenze sostanziali non ne abbiamo percepite, nè siamo incorsi in difficoltà di sorta perpetrando il massacro della totalità dei terroristi sparsi per l'edificio.
Il fatto che l'equipaggiamento del protagonista sia ridotto a 5 armi fra le più scontate e a qualche accessorio aggiuntivo sostanzialmente inutile non rende neppure particolarmente godibile la carneficina degli imbranatissimi avversari.
Voi direte che il minimale parco-armi sia dovuto alla necessità di essere fedeli alla pellicola cinematografica e che non sarebbe stato il caso di trovare un BFG 9000 all'interno del Nakatomi Plaza.
Sarà, ma io il fucile da cecchino nel film non me lo ricordavo...
Duri a Morire
Fox Interactive si è dimostrata essere un produttore non interessato esclusivamente al mero sfruttamento delle licenze dei suoi film di successo, ma questo DH: Nakatomi Plaza non si avvicina neppure lontanamente al livello di Alien Versus Predator e in esso emerge tutta l'inesperienza di un team di sviluppo alle prime armi come i Piranha Games.
Tecnicamente non strabiliante, non offre sostanziali innovazioni in un gameplay alla lunga ripetitivo, che gode unicamente dell'immagine di un personaggio accattivante e universalmente conosciuto.
Se siete dei fan della pellicola originale, il carisma di un protagonista dalla lingua sciolta in grado di trovare il lato ironico di una sparatoria durante la sparatoria medesima potrebbe di per sè essere sufficiente per regalarvi qualche ora di sano divertimento.
Ma non illudetevi che ciò basti a garantirvi più di una settimana di gioco, data l'ulteriore mancanza di qualsivoglia supporto multiplayer...e pensare che l'ambientazione del Nakatomi Plaza sarebbe stato lo scenario ideale per uno scontro "machi contro terroristi"!
A volte (i Duri) ritornano…
Il brand dei film di Die Hard ha il vanto di aver generato uno dei più prolifici (e drammaticamente scadenti) filoni di tie-in videoludici dell’ultimo decennio.
Sbarcato per la prima volta in sala giochi e successivamente sui sistemi casalinghi con un picchiaduro a scorrimento 3D alla Fighting Force, per poi continuare a oltranza con lasergame, arcade di guida e affini (vi ricordate Die Hard Trilogy?) le avventure digitali di John MacLane si sono moltiplicate con successo, benché poco o nulla avessero a che fare con la trama delle rispettive pellicole cinematografiche.
Devo ammettere di non essermi accostato a questo “Nakatomi Plaza” senza qualche pregiudizio sulla sua effettiva qualità... fortunatamente per la mia coscienza il gioco medesimo non si è rivelato essere molto più di un banale FPS, con qualche sprizzo di giocabilità inespressa.
Vediamo dunque che cosa ha da offrirci questo titolo, che promette di farci rivivere le emozioni del primo mitico Die Hard, (in Italia Trappola di Cristallo) il film che trasformò il buon Bruce Willis in una star.