Bullet time
Enter the Matrix è, e non potrebbe essere altro, un action game: nella stragrande maggioranza dei livelli realizzati dal team statunitense il giocatore deve infatti vestire i panni dei protagonisti Ghost o Niobe, esplorando ambientazioni di discreta grandezza e ovviamente ricolme di nemici da affrontare. Già queste poche righe permettono di introdurre il primo difetto di Enter the Matrix, ovvero la scarsa appetibilità dei due personaggi disponibili; la decisione di Shiny e dei fratelli Wachowski, che hanno strettamente supervisionato la realizzazione del gioco, di non mettere in primo piano Neo, Trinity o Morpheus ha senza dubbio permesso di abbracciare una trama parallela a quella del film, ma altrettanto sicuramente ha tolto qualcosa all’appetibilità del prodotto. Nondimeno, la caratterizzazione di Ghost e Niobe è decisamente superficiale, rendendo quindi difficile una immedesimazione da parte del giocatore. Chiuso tale discorso, va quindi descritta la meccanica studiata dal team di David Perry: in estrema sintesi, all’inizio di ogni livello vengono forniti degli obiettivi ben specifici, che spesso e volentieri risultano poi essere modificati o ampliati nel bel mezzo dell’azione. Chiaramente, grande enfasi è stata data alle fasi di combattimento, che tanto hanno reso celebre la saga cinematografica di Matrix; per questo motivo, il giocatore ha a disposizione 3 tasti d’attacco, delegati rispettivamente a calci, pugni e prese di vario tipo. La combinazione di tali tasti dà luogo a spettacolari sequenze di lotta corpo a corpo, per larghi tratti davvero fedeli a quelle ammirate sul grande schermo; l’ovvia inclusione del tasto focus, ovvero del “bullet time” che ha reso famoso Max Payne, non fa altro che donare a queste ultime un’ulteriore attinenza con la pellicola, oltre ovviamente a permettere al protagonista di avere più facilmente la meglio sugli avversari. Come se non bastasse, l’utilizzo del focus permette anche l’esecuzione di manovre altrimenti impossibili, come il camminare lungo i muri, schivare le pallottole o effettuare lunghissimi salti. Sfortunatamente, una volta superato l’entusiasmo per la già citata spettacolarità dei combattimenti, salgono a galla i limiti di un sistema troppo orientato al button mashing, senza che la scelta delle tecniche da adottare abbia una reale necessità al di là di quella puramente estetica. Oltre ai combattimenti a mani nude, esiste ovviamente la facoltà di utilizzare un vasto arsenale di armi di vario tipo, dalle pistole al fucile da cecchino; altrettanto armati sono però i nemici, rendendo spesso la perdita di energia un qualcosa di assolutamente inevitabile. A questo punto, ecco l’ennesima bizzarria adottata da Shiny: similmente alla barra del focus, anche quella dell’energia si ricarica automaticamente, in maniera tra l’altro anche piuttosto rapida. Tale opinabile scelta rende i combattimenti spesso risolvibili in un semplice attacco a testa bassa, salvo poi nascondersi per qualche istante al riparo dai pericoli nel caso in cui l’energia inizi a scarseggiare; tutto ciò avvantaggiati dalla limitata intelligenza artificiale programmata dai ragazzi di David Perry, con avversari incapaci di andare a stanare il protagonista nascosto magari dietro una colonna a cinque metri di distanza. Criticabile anche il level design, fin troppo lineare e monocorde: senza dubbio l’intento primario dei Wachowski era di creare un videogioco accessibile da chiunque, ma ciò non può giustificare la piattezza che avvolge alcune ambientazione.
Matrix per tutti
Per sfruttare al massimo una delle licenze più importanti e proficue di sempre, Atari ha deciso di convertire Enter The Matrix praticamente per ogni piattaforma esistente: le tre next gen console e il PC. Le differenze tra le varie versioni dal punto di vista prettamente ludico sono minime: migliori, ma di poco, le versioni console grazie a un sistema di controllo, il pad, più adeguato al tipo di gioco. Più marcate le differenze tecniche. A sorpresa la versione meglio graficamente più appagante è quella GameCube, seguita a ruota da Xbox. Fanalino di coda PlayStation 2: il motore non è chiaramente stato ottimizzato a dovere per sfruttare EE e GS, e si vede.
Io sono il prescelto
Malgrado i livelli di azione in terza persona costituiscano la fetta più consistente dell’offerta di Enter the Matrix, Shiny ha voluto spezzare la monotonia inserendo sezioni di guida al volante di una vettura o a bordo della navetta di Niobe; in entrambi i casi, se il giocatore ha scelto la protagonista femminile allora dovrà effettivamente condurre il mezzo, scegliendo invece Ghost sarà chiamato a fare fuoco contro chiunque tenti di mettersi in mezzo e rallentare la corsa. Malgrado l’idea possa apparire sulla carta perlomeno apprezzabile, in realtà le sezioni di guida sono a dir poco terribili, soprattutto nel caso in cui si debba guidare l’auto di turno: la fisica dei mezzi è ridicola, e gli urti sono gestiti in maniera da far accapponare la pelle. Dal punto di vista grafico, Enter the Matrix raggiunge a fatica la sufficienza: i modelli poligonali dei personaggi appaiono tutto sommato validi, ma le ambientazioni sono al contrario spoglie, architettonicamente iper- semplicistiche e ricoperte di texture dalla qualità variabile. Un discorso a parte meritano le animazioni: benchè quelle relative ai combattimenti siano apprezzabili e piuttosto varie, d’altra parte invece quelle relative alla corsa o al salire le scale sono al limite del grottesco. A conti fatti quindi, cosa si salva di Enter the Matrix? Senza dubbio la sceneggiatura, capace di espandere le vicende narrate nel film per la gioia di tutti i fan della saga: ciò che avviene nel videogioco si interseca perfettamente con i fatti narrati nella pellicola tramite sequenze sia in FMV che col motore grafico, e da questo punto di vista la mano dei Wachowski si vede tutta. La trama del titolo Shiny è in grado di chiarire ed espandere numerosi aspetti di Matrix Reloaded, andando quindi a ridefinire in maniera totale la concezione di tie-in. Tale aspetto va in qualche modo a toccare anche la sfera del gameplay: la voglia di ampliare la conoscenza del mondo di Matrix potrebbe, per appassionati della saga, senza dubbio essere più forte dei difetti strutturali della produzione Atari. Su livelli decisamente elevati è invece il sonoro, da promuovere sia per quando riguarda i brani che il doppiaggio; qualche gradino più in basso gli effetti, che avrebbero meritato una maggiore cura.
Commento
Difficilmente, leggendo il testo della nostra recensione, si potrebbe giustificare il voto numerico che invece assegnamo ad Enter the Matrix; i difetti elencati sono infatti piuttosto pesanti e vanno ad intaccare praticamente ogni aspetto della fatica di Shiny che, probabilmente a causa delle tempistiche da rispettare a tutti i costi, appare a conti fatti davvero incompleta e priva delle rifiniture che sarebbe stato opportuno effettuare. Ciò nonostante, Enter the Matrix è stato pensato per i fan della serie, ed è stato inteso come un tassello della sceneggiatura del quale difficilmente chi ha adorato la creatura dei fratelli Wachowski potrà privarsi. Questo target di pubblico, ne siamo certi, sarà capace di sorvolare su gran parte dei problemi presenti nella produzione Atari, apprezzando al contempo tutti i riferimenti più o meno evidenti alle vicende narrate nei film. Per tale motivo, chi ritiene di non avere sufficiente interesse per il mondo di Matrix da poter chiudere un occhio su tutti i difetti descritti nel testo, probabilmente farà meglio ad abbassare di un punto il nostro globale e meditare più di una volta riguardo ad un eventuale acquisto.
- Pro:
- Perfettamente incasellato nel mondo di Matrix
- Sceneggiatura originale ottima
- Buon comparto sonoro
- Divertente, almeno durante i primi livelli
- Contro:
- Grafica appena sufficiente con alcune animazioni pessime
- Grossi bachi nella AI e discutibili scelte nel gameplay
- Sezioni di guida assolutamente terribili
Dura la vita del programmatore di tie-in: la creatività è forzatamente limitata dall’attinenza ad un concept da riprodurre nel modo più fedele possibile, e come se non bastasse le percentuali di successo –di critica, non certo commerciale- sono a dir poco minime. Tale semi- apocalittica premessa non sembra però aver intimorito Shiny, la softco di David Perry, che al contrario ha di buon grado accettato di curare la trasposizione videoludica del secondo capitolo della saga cinematografica ideata dai fratelli Wachowski.