Un gioco che è un romanzo
Probabilmente Final Fantasy VI resta ancora oggi l'episodio narrativamente più elaborato, convincente e sorprendente dell'intera saga, e con ogni probabilità l'RPG stand-alone più complesso degli ultimi dieci anni. Le premesse sono semplici: il mondo è stato devastato migliaia di anni fa dalla "Guerra dei Magi", al termine della quale la magia stessa era svanita, lasciando dietro di sè un cumulo di macerie. Ricostruito attraverso la tecnologia a vapore, in questo scenario post-apocalittico e vagamente steam-punk si erge adesso l'Impero Gestahliano, che sta sviluppando un osceno potere ibrido che mischia magia e tecnologia nelle forze militari denominate Magitek: con questa carta vincente, l'Imperatore Gestahl dichiara guerra al mondo intero, e a lui si oppongono in particolar modo i ribelli chiamati Returners. Uno di questi, un ladro... anzi, un cacciatore di tesori - come si definisce lui - di nome Locke, salverà all'inizio del gioco una giovane militare Magitek, Terra, liberandola dal controllo mentale imperiale e proponendole di mettere a disposizione della resistenza i suoi misteriosi e fin troppo sviluppati poteri magici. Inizia quindi un lungo viaggio per Terra Branford, alla ricerca del suo passato e delle sue origini, che si intreccerà con quello di tantissimi eroi, tra i quali l'affascinante re Edgar di Figaro e il suo impavido fratello Sabin, la dolcissima militare Celes, l'astuto Setzer, il saggio mago Strago e l'inquietante ninja Shadow. Ognuno di questi personaggi prenderà parte all'avventura con la sua storia personale, i suoi obbiettivi e la sua abbondante parte di palcoscenico, avvincendo il giocatore con una caratterizzazione estremamente definita e profonda. Ma un gruppo di eroi non sarebbe tale se non avesse la sua nemesi: ed ecco che Final Fantasy VI presenta il nemico più bastardo, infame e splendidamente cattivo della storia dei videogiochi, lo psicopatico e assolutamente strepitoso Kefka, un tiranno senza un briciolo di pietà, egocentrico e perfido, un concentrato di malvagità tale che arrivare alla fine del gioco senza odiarlo è impossibile, e che non ha avuto bisogno di complesse sottotrame o drammi esistenziali per esser tale. Kefka è cattivo, è il male incarnato, e come tale è il miglior nemico che un JRPG possa mettere in campo, con tutti i risvolti emozionali del caso. E se Final Fantasy VI è il miglior JRPG della storia, è anche merito suo.
Probabilmente Final Fantasy VI resta ancora oggi l'episodio narrativamente più elaborato dell'intera saga
L'apoteosi del game-design in un JRPG, capitolo primo, pagina uno
Chiunque giocherà adesso Final Fantasy VI, riconoscerà tantissimi elementi ormai tradizionali nel genere: molteplici punti di vista nello sviluppo della trama, combattimenti casuali a turni, stili di combattimento diversi per personaggio, una mappa completamente esplorabile con vari mezzi di trasporto, città e dungeon da esplorare... E' possibile dire che molte di queste caratteristiche siano state seminate da Final Fantasy VI stesso, e ironicamente quello che i JRPG presentano ora, nel 2007, il sesto capitolo della saga Square lo faceva già meglio nel 1994. La struttura del gioco è quindi classica, ma le meccaniche sono talmente perfette che è impossibile non ammirare il bilanciamento e la varietà intrinseca, perfino in un battle-system che dopo dieci anni ci appare quasi ingenuo, ma estremamente convincente. A differenza del trend al quale ci hanno abituati i Final Fantasy più recenti o i vari porting/remake (come Final Fantasy III o Final Fantasy Tactics Advance), in Final Fantasy VI non c'è il canonico Job System, anche se in realtà è stato subdolamente integrato nella tradizionale scelta dei membri del party, per un massimo di quattro, che affronteranno le battaglie: uno degli elementi vincenti di Final Fantasy VI è infatti la caratterizzazione anche ludica dei vari protagonisti, tutti in possesso di abilità totalmente diverse fra loro. Terra è in grado di usare la magia, Shadow può tirare oggetti e armi varie ai nemici, Edgar può servirsi di mille gadget per attaccare e difendere il gruppo... E notiamo quindi gli elementi caratteristici dei Job della serie, con Strago capace di apprendere le abilità nemiche (come il Blue Mage) o Cyan e le sue tecniche da samurai. Non manca neanche la bizzarria, sopratutto nel caso delle tecniche Blitz di Sabin, che vanno attivate come in un picchiaduro, o in quello dei dipinti di Relm, che talvolta si ribellano perfino alla loro creatrice. C'è insomma una varietà enorme, che ha reso grande in passato Final Fantasy VI, e che ancora oggi dimostra una profondità difficile da eguagliare. Ovviamente tornano gli Esper, ai quali se ne aggiungono alcuni pensati appositamente per quest'edizione come Gilgamesh e Leviathan. Gli Esper ricoprono un ruolo centrale nel plot, decisamente più coerente e intrecciato di quanto avvenisse in Final Fantasy VIII con le Guardian Force, ma dall'ottava Fantasia Square non si discosta molto il loro utilizzo: ogni Esper può essere associato a un personaggio, che pian piano grazie ad esso imparerà nuove abilità, potendolo anche evocare in battaglia per scatenare la sua furia sui nemici o i suoi poteri benefici sul party. Dunque Final Fantasy VI è un JRPG dalla struttura classica perchè, in fondo, è stato il paradigma per dozzine di videogiochi successivi, che hanno pescato a piene mani nel calderone di idee geniali e vincenti che rende ancora oggi entusiasmante avventurarsi per le lande di questo mondo fantastico, affrontando nemici su nemici e scoprendo pian piano una trama che coinvolge per colpi di scena, sviluppi e caratterizzazione dei suoi protagonisti. Un game-design ancora oggi attuale e godibilissimo, c'è tanto da amare e anche da imparare in questa cartuccia.
Il passato è più vicino
Naturalmente, essendo un gioco del 1994 Final Fantasy VI apparirà un po' datato ai giocatori moderni dal punto di vista meramente grafico: ironicamente, la qualità visiva complessiva del titolo era impressionante su SuperNES, e tutt'oggi si mantiene su livelli medio/alti rispetto alla ludoteca del Game Boy Advance. Non aspettatevi i colori sgargianti e il dettaglio minuzioso di Golden Sun, nè le animazioni eccellenti di Fire Emblem, insomma; tuttavia si resta stupiti da ciò che Square riuscì a fare più di dieci anni fa, visto che la varietà concettuale di location e creature rivaleggia tranquillamente con quella dei JRPG portatili più moderni, che Final Fantasy VI riesce perfino a battere per via delle atmosfere che evocano le sequenze narrative più coinvolgenti (chi ricorda la sequenza dell'opera teatrale con Celes sa benissimo di cosa stiamo parlando). Dunque la semplicità estrema degli sprite dei vari personaggi e le loro scarse animazioni (controbilanciate dal character design raffinatissimo di Yoshitaka Amano) sono l'unica cosa che potrebbe fare storcere il naso ai giocatori del 2007. Ma Final Fantasy VI su SNES non stupì soltanto per quella che allora era una realizzazione tecnica eccellente: la splendida soundtrack contribuì ad accrescere la fama già in rapida ascesa di Nobuo Uematsu, che con questa sesta Fantasia Finale ci offre forse uno dei suoi lavori più sentiti e complessi. Le musiche in Final Fantasy VI sono semplicemente magnifiche, e poco altro c'è da aggiungere... se non forse che nel passaggio al Game Boy Advance hanno finito per sentire il peso delle scarse capacità hardware, risultando un po' più rozze a un orecchio attento. Ma la magia di quei brani musicali c'è davvero tutta.
Final Fantasy VI è una pietra miliare della storia videoludica, e come tale riesce ancora oggi, dopo più di dieci anni, a mantenersi giovane, fresco, appassionante in ogni aspetto, sopratutto narrativo e ludico. L'epopea di Terra e dei suoi compagni è una storia che, con centinaia di RPG tra l'edizione originale e questo porting, continua a non avere rivali: è probabilmente il concentrato di quella magia Square che tra alti e bassi nel corso degli anni non è mai riuscita ad imporsi come fece con questo Final Fantasy. Condite il tutto con un battle-system eccezionalmente profondo e divertente nonostante l'età, Esper e dungeon nuovi di zecca che ne aumentano la già enorme longevità, una nuova localizzazione riveduta e corretta, e possiamo dire tranquillamente che il Game Boy Advance chiude la sua carriera decisamente in bellezza, per chi ha voglia di riscoprire un capolavoro o chi è disposto a sorvolare sulla grafica datata per immergercisi e innamorarsene.
- Pro:
- Narrativamente imbattibile
- Battle-system che non sente il peso degli anni
- Colonna sonora indimenticabile
- Contro:
- Graficamente un po' datato
Final Fantasy VI non ha bisogno di molte presentazioni: nel 1994 arrivò in America con un altro titolo, Final Fantasy III, perchè era appunto il terzo episodio della serie ad essere tradotto ufficialmente in lingua inglese. Da allora non è raro, leggendo forum o riviste, inciampare in affermazioni a proposito della grandiosità del titolo Squaresoft, di grandi nostalgie per quell'avventura che, effettivamente, ha dettato le regole per la produzione dei JRPG usciti negli ultimi 13 anni. Ogni Role Playing Game tipicamente nipponico deve scontrarsi con Final Fantasy VI, paragone ormai divenuto essenziale, visto che la sesta Fantasia Finale ha stabilito i paradigmi moderni del genere, a livello narrativo e ludico. I protagonisti e i loro rivali, nel gioco, divennero quasi gli archetipi per l'invenzione degli eroi che hanno affrontato innumerevoli battaglie in tantissimi altri giochi successivi.
Eppure, nonostante la qualità indiscussa di quel capolavoro per SNES, Square Enix solo ora propone un porting per Game Boy Advance, presentando il gioco originale con una traduzione riveduta e corretta (nonostante siano stati mantenuti alcuni cambiamenti della versione americana originale rispetto all'edizione giapponese, come Terra che in realtà si chiamava Tina e via discorrendo), nuove quest, nuovi dungeon, nuove magie, quattro nuovi esper e altro ancora.