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Grand Theft Auto: Vice City, recensione

E' finalmente nei negozi italiani lo spin off del gioco-fenomeno di Rockstar Games che ha scalato le classifiche di vendita in tutto il mondo. Siete pronti per gettarvi a capofitto nel torbido mondo malavitoso della Miami anni ottanta? Scopritelo nella nostra recensione!

RECENSIONE di La Redazione   —   11/11/2002

Ciack! Azione!

Grand Theft Auto: Vice City è un'avventura tridimensionale in terza persona nella quale il giocatore veste i panni di un esperto criminale alle prese con i quotidiani problemi connessi all'ancora acerba illegalità di una stereotipata città statunitense, esplicitamente modellata sui canoni di una Miami fatta di struggenti colori vespertini e di quintali di piombo sputati dalle canne (mozze) di inesausti fucili a pompa...
Tommy Vercetti -il protagonista della storia- è in guai grossi, dal momento che si è fatto soffiare una montagna di denaro destinata all'acquisto di una grossa partita di coca, ed ora il suo boss esige che egli si adoperi per recuperare tutto il malloppo. Non è un affare da andarci delicati, ma Tommy sa come si gestiscono queste faccende; egli abbisogna di informatori e di alleati, ma non sarà facile assicurarsi i favori degli uni e la lealtà degli altri. In una città dominata dalla logica dello scambio e della violenza, Tommy dovrà mettere in gioco la sua stessa persona per rintracciare i soldi e per recuperare la sua libertà.

Grand Theft Auto: Vice City, recensione
Grand Theft Auto: Vice City, recensione

Ciack! Azione!

Lo spunto narrativo del gioco risponde ai più abusati cliché delle storie che trattano di criminalità, e in generale tale giudizio può essere riferito a tutto l'impianto narrativo sotteso al titolo Rockstar, il quale è popolato da una sequela interminabile di macchiette la cui splendida caratterizzazione raggiunge vette di umorismo macabro difficilmente narrabili. Questa constatazione, lungi dal rappresentare alcunché di negativo, palesa senza mezzi termini tutta la portata caricaturale di Vice City: le tinte grottesche del gioco tradiscono il suo piglio autoironico, impedendo che esso possa essere preso troppo sul serio.
La sceneggiatura, colma di rimandi ai classici cinematografici del genere, è scandita dalla presenza di numerosi filmati che intercalano le missioni nelle quali si può cimentare il giocatore; tali sequenze di intermezzo, visualizzate in tempo reale, sono la degna cornice che esalta il quadro complessivo delineato dall'ormai celebre struttura di gioco della serie GTA. La loro misura ci da un saggio della bravura degli sceneggiatori di Vice City, sempre attenti a non soffocare il gameplay con intermezzi interminabili o troppo frequenti.

In un simile contesto non desta allora troppe perplessità la scelta di non procedere al doppiaggio in lingua italiana del gioco: la bravura degli attori originali (tra i quali è d'obbligo menzionare Ray Liotta nei panni del protagonista) è tale da giustificare il semplice accompagnamento dei sottotitoli in italiano; le sfumature vocali percepibili, infatti, restituiscono una sensazione di genuinità recitativa degna di encomio. Per forza di cose la traduzione scritta non riesce a restituire nella loro completezza le battute che si palleggiano i personaggi su schermo, ma ciò non ostante non possiamo che dichiararci soddisfatti dalla sua qualità.

Grand Theft Auto: Vice City, recensione
Grand Theft Auto: Vice City, recensione

Musica, maestro!

Musica è per esempio quella che viaggia nell'etere e che, restituita dalle autoradio di tutti i mezzi che circolano a Vice City, va a comporre una delle più complete colonne sonore mai realizzate per un videogioco: stiamo parlando di ben 113 tracce musicali appartenenti ai generi più disparati, le quali forniscono infallibilmente una risposta ai gusti di qualsiasi giocatore.
Musica, intesa altrimenti, è anche il ritmo che permea tutto il gameplay di Vice City e che può essere liberamente interpretato dal giocatore. Similmente a quanto accadeva con GTA III, infatti, anche Vice City si presta tanto ad un walkthrough calmo e ragionato quanto ad un'esperienza di gioco più rapida e diretta, o addirittura furiosa. La possibilità di affrontare un numero spropositato di missioni secondarie, o addirittura quella di improvvisarsi pompieri o tassisti o infermieri o poliziotti e pizza boy, fa sì che il giocatore possa sempre rallentare il ritmo della narrazione, arrivando a perdersi nei meandri di una metropoli che -per quanta cura noi si possa dedicare alla sua esplorazione- riserva sempre novità ed imprevisti che tosto si traducono in nuovi stimoli per il gameplay. Vice City, forte di una planimetria più vasta rispetto a quella di Liberty City, è un caveau di gameplay in attesa di un giocatore intenzionato a scassinarlo.

Nulla di nuovo sotto il sole, si direbbe, poiché quanto precede si sposa senza difficoltà alcuna anche al titolo precedente della serie di GTA; e in effetti questo Vice City non aspira ad essere null'altro che un gioco in grado di perpetuare tutto il divertimento dispensato da quello. Nuovo è il protagonista, nuove la sceneggiatura e l'ambientazione che accoglie le peripezie del giocatore, ma a parte questi elementi non sono da annotare che poche (ma potenzialmente feconde) aggiunte alla struttura di gioco. A lato di una gustosa espansione del parco macchine messo a disposizione di Tommy Vercetti, nonché del suo arsenale, vi è da segnalare l'inedita possibilità di acquistare alcuni edifici della sterminata Vice City, nonché la necessità di spingersi all'interno di altri per portare a termine alcune missioni. Gli edifici acquistati, poi, si trasformano istantaneamente in covi sicuri dai quali dirigere tutte le attività criminali del protagonista.

Grand Theft Auto: Vice City, recensione
Grand Theft Auto: Vice City, recensione

Musica, maestro!

Per quanto la cifra del gameplay di GTA sia (e resti) ancorata all'azione "on the street" del giocatore, scandita da innumerevoli furti d'auto, non possiamo che salutare con favore la timida introduzione di simili novità che vogliamo immaginare sviluppate compiutamente nell'immancabile quarto episodio della serie; fin d'ora, peraltro, sottolineiamo come esse contribuiscano a rendere ancor più credibile e congruente la vita del nostro alter ego digitale, disegnando una città sempre più prossima ad essere una fedele replica del dato reale.
Un'altra innovazione è rappresentata dall'introduzione di un nuovo sistema di puntamento che, nelle intenzioni degli sviluppatori, dovrebbe fare tabula rasa di tutte le perplessità che sollevava quello presente in GTA III e che era la fonte dei più seri grattacapi con i quali avesse a che fare il giocatore. In Vice City il reticolo di mira, attivabile mediante la pressione del tasto R1, va automaticamente ad agganciare il bersaglio più pericoloso tra quelli posizionati all'interno del raggio d'azione dell'arma impugnata, ferma restando la possibilità di selezionare un bersaglio differente mediante il tasto R2. Purtroppo la reattività del mirino lascia a desiderare a causa dell'ostinazione con la quale esso rimane centrato sui cadaveri dei nemici abbattuti nonostante le sollecitazioni effettuate con il suddetto tasto R2 e, come se ciò non bastasse, esso appare preda di schizofrenia allorquando si ha a che fare con un gruppo nutrito di nemici: alle manovre evasive di questi ultimi non corrisponde un altrettanto rapido riposizionamento del reticolo, con conseguenze deleterie sull'esito di tali situazioni.

Altre stranezze Vice City le regala alla voce "Intelligenza Artificiale", ma in questo caso ci limitiamo a far presente come certi comportamenti dei personaggi non giocanti, poliziotti in prima linea, appaiano decisamente "alternativi"; per quanto il tutto possa essere ricondotto al paradigma della non compromissione della giocabilità, appare ormai decisamente anacronistico -per esempio- che un tutore dell'ordine assista impassibile all'investimento deliberato e ripetuto di un passante o alla demolizione della sua stessa automobile.
La grandiosa visione d'insieme del gioco DMA impedisce di capitalizzare in senso negativo tali osservazioni. Certo è che esse cominciano ad apparire più evidenti di quanto non lo fossero in passato, forse in ragione del fatto che è andato esaurito quell'effetto sorpresa sul quale poteva contare GTA III.

Grand Theft Auto: Vice City, recensione
Grand Theft Auto: Vice City, recensione

Black Rain

Anche dal punto di vista prettamente tecnico Vice City si porta appresso tanto le indubbie qualità quanto alcuni fastidiosi difetti del suo predecessore, con ciò palesando come l'attenzione di Rockstar si sia concentrata più che altro sulla creazione di un nuovo background ludo-narrativo.
Vice City, per ciò che attiene al comparto grafico, è paragonabile al primo episodio tridimensionale della serie; figlio di un caparbio sfruttamento del motore Renderware, non si distingue da GTA III per meriti particolari. La palette di colori appare essere più vibrante ed accesa, e la distanza dell'orizzonte visivo è ancora una volta impressionante. I pur ricorrenti episodi di pop-up non destano nessun tipo di allarme in quanto non vanno a ripercuotersi in alcun modo sul gameplay.
Critiche più decise potrebbero essere portate alla fluidità generale con cui l'imponente scenografia di gioco viene messa in movimento: spesso e volentieri, nelle situazioni più stressanti dal punto di vista computazionale, il frame rate si concede cadute verso il basso tali da destare preoccupazione nel giocatore, ma nulla di più. Alla prova dei fatti il motore grafico riesce sempre ad assicurare una fluidità perlomeno decente, ancorché al di sotto dei fatidici trenta fotogrammi per secondo.
Oggi come ieri la metropoli appare viva e pulsante, popolata com'è da gente che davvero sembra impegnata nel tener dietro ai propri affari; le condizioni meteorologiche variano di concerto col trascorrere del tempo, regalando al giocatore scorci visivi che in occasione dei tramonti o di certi piovaschi rasentano il sublime.

Grand Theft Auto: Vice City è in definitiva il degno fratellastro dell'epocale GTA III, del quale recupera i molti pregi e i pochi difetti. Per quanto le innovazioni introdotte non abbiano consistenti riflessi in termini di giocabilità, risolvendosi più che altro in un alibi per la commercializzazione di un titolo che non aggiunge nulla a quanto detto dal suo predecessore, non possiamo che dirci convinti da questa ennesima prova della bravura dei ragazzi di Rockstar.
Ci troviamo di fronte ad un gioco avvincente e capace di incantare tutti i videogiocatori avvezzi o indifferenti all'immoralità della serie di GTA. Un gioco dai toni estremamente violenti e volgari ma anche dannatamente sarcastico e spiritoso, forte di una giocabilità assai solida che contempla dentro di sé una serie disparata di meccaniche videoludiche; meccaniche tenute assieme con disinvoltura da quel cemento a presa rapida che si chiama divertimento.

Grand Theft Auto: Vice City, recensione
Grand Theft Auto: Vice City, recensione

Black Rain

Pro
Gameplay solido e molto vario
Impianto narrativo splendidamente realizzato
Longevità immensa

Contro
Sistema di mira insoddisfacente

E per immergervi ancora di più nell'universo di GTA Vice City, non perdetevi il nostro mini speciale dedicato ai veicoli, alle armi ed alla colonna sonora del gioco!

- Tutti i veicoli...
- Tutti le armi...
- Radio per tutti i gusti!

GTA, GTA II e GTA III: la Triade. Il manuale del perfetto delinquente. La materializzazione del peggior incubo di tutti i genitori (Non a caso il gioco è dotato del bollino Elspa 18+ :-) ndTanzen). La prova che i videogiochi fanno male, e che sono immorali. Diseducativi. Il Padrino. Quei bravi ragazzi. Droga, sesso e musica pop. Provate a far girare al contrario il DVD di Grand Theft Auto Vice City e potrete udire distintamente che: