Blasta alieni, fai un capriola, blasta alieni, apri una porta…
Men in Black II: Alien Escape è uno shooter in terza persona che vi mette nei panni degli agenti Jay e Kay, gli ormai celeberrimi Men in Black, impegnati nel risolvere un importante caso di traffico illecito di armi e clandestini alieni sulla terra utilizzando il pugno di ferro e una buona manciata di ironia. I tipi della Melbourne House ci immergono in un impianto di gioco da sparatutto senza cervello, interamente orientato verso l’azione rapida, con enigmi che sarebbe riduttivo definire semplici, il solito mucchio di alieni da fare fuori e l’ancor più tipico bagaglio (neppure troppo ricco) di armi da utilizzare e upgradare per far fuori i cattivoni sopracitati. Il layout di base di controllo prevede il movimento per gradi di intensità del personaggio e la rotazione sul proprio asse con il primo analogico del controller, lo spostamento laterale (strafe) con i tasti dorsali L1 e R1, il bottone X nel compito di essere logorato per il continuo sparare, la smart bomb uccidi-tutti su R2 (una per livello); sui restanti bottoni troviamo lo spostamento di 180° e la capriola, utili nei momenti di eccessiva confusione per voltarsi rapidamente, uscire da una gragnuola di colpi nemici o evitare i devastanti colpi dei boss. La modalità di gioco principale si presenta con cinque missioni principali, divise a loro volta in sottolivelli, da risolvere ovviamente tramite il puro e semplice blastaggio di alieni e sconfiggendo i boss di fine livello per conquistare il tanto agognato finale e un livello segreto bonus. Le altre modalità di gioco includono: il training per le armi (stranamente conquistato dopo l’apprendimento delle armi stesse); la modalità boss, in cui potrete ri- affontare i mostri di fine livello già sconfitti nel gioco principale; e i dati segreti, che altro non sono che delle semplici schede dei personaggi principali (gli agenti Jay e Kay) e degli alieni del gioco con una piccola biografia, il modello poligonale (purtroppo non zoomabile) e una divertente scheda caratteriale; concludono l’offerta le schede del “making of” e il trailer originale del film, localizzato in italiano come tutti i dialoghi del gioco. Tutta la costruzione del gioco, dunque, prevede quindi il classico sistema di bloccaggio progressivo per tenere vivo l’interesse del gioco: superando un livello avrete accesso ad una parte di dati segreti ed ai training delle cinque armi a disposizione, oltre a potere riaffontare i boss di fine livello quando vorrete.
Blasta alieni, fai un capriola, blasta alieni, apri una porta…
Ma questo sistema funziona? La risposta è, purtroppo, negativa. Men in Black II è un titolo abbastanza superficiale, che offre poco coinvolgimento persino a breve termine e che non fa alcun tentativo per essere originale; è uno shooter in cui tutto risulta praticamente già visto, le cui poche attrattive sono ampiamente affossate da un’azione troppo ripetitiva e priva di soddisfazione per il giocatore: un esito, questo, probabilmente dovuto allo sviluppo affrettato ed alle ferree timelines produttive che derivano dal dover essere stato lanciato parallelamente all’omonimo blockbuster cinematografico da cui è tratto. Nel dire ciò potremmo esporci alle accuse di esserci adagiati sul pregiudizio della “legge dei tie-in” esposta in apertura, ma è proprio conoscendo certi meccanismi produttivi che ci siamo apprestati a valutare MIIB al di la del film da cui è tratto, in rapporto al puro fattore di intrattenimento, interazione e sfida che propone al giocatore.
Il lavoro dei MIB deve essere decisamente burocratico…
… perché così è il gioco. Il difetto principale di MIIB è la giocabilità noiosa che offre al giocatore, che deriva dalla sua assoluta ripetitività anche se si tratta di un gioco d’azione: gli ambienti tendono a rassomigliarsi inesorabilmente, e non propongono che una struttura di interazione nella quale non solo i nemici da blastare sono praticamente gli stessi di livello in livello, ma anche l’unico ostacolo da superare per sbloccare le nuove stanze (escluse sporadiche attivazioni di switch che lasciano il tempo che trovano). Il sistema di salvataggio, poi, che prevede che l’unico modo per salvare sia finire completamente una missione, non fa che peggiorare le cose: per salvarla dovrete completarla tutta di seguito, sottoponendovi al calvario che deriva non dalla difficoltà del gioco in se, ma dal fatto che sarete costretti a compiere le stesse azioni e a uccidere gli stessi nemici per decine e decine di minuti senza sosta e senza la minima traccia di varietà. Le armi utilizzabili, anche se simpatiche da vedere per i begli effetti di luce, vi stuferanno ben presto: sono potenziabili entro sei gradi, ma hanno punti di forza e debolezze non abbastanza specifici da giustificarne un uso strategico. Upgradarle non fa altro che aumentarne il potenziale distruttivo, il che non aiuta a divertirsi maggiormente: è un fattore importante per la prosecuzione ma non migliora la poca freschezza dell’azione e, anzi, la peggiora, visto che i colpi subiti faranno volare per aria i power-up già presi, che dovrete ri-raccogliere in pochissimi secondi se non volete regredire ad uno sparo ancora più noioso.
Il lavoro dei MIB deve essere decisamente burocratico…
L’obiettivo semplicistico del gioco si risolve, dunque, nello sparare a tutti i nemici nessuno escluso, aspettare che le barriere per avanzare “saltino” magicamente di conseguenza, affrontare un nuovo mucchio di nemici, attivare ogni tanto dei switch per azionare un ascensore, riblastare tutti i nemici e arrivare ai boss di fine livello, uniche sezioni che riservino un buon divertimento. Tuttavia, dovrete assolutamente sconfiggerli con le vite rimaste dalle tre iniziali: è possibile continuare con la stessa energia di arrivo per tutte le volte che si vuole ma, in caso vi stufaste e vogliate riprendere dall’ultima parte di una missione, sappiate che dovrete ripetere l’intera missione daccapo, anche i livelli già abbondantemente superati. La caratteristica del save di essere valido solo per missioni intere non si risolve, come probabilmente nelle intenzioni dei programmatori, in un maggiore grado di sfida, ma in un elevato tasso di frustrazione dovuta non alla difficoltà del gioco (che è assolutamente nella media) ma alla cattiva strutturazione dei salvataggi.
Un paio di boss massicci e spettacolari non bastano…
Il giocatore, in definitiva, si ridurrà a tirare pazientemente avanti in attesa degli agognati boss, che si rivelano in alcuni casi decisamente massicci, ben disegnati e animati e con un alto tasso di spettacolarità. La pazienza necessaria a superare lunghissime sezioni ripetitive per una sfida con un boss è però di vita breve, ed il fatto che i programmatori abbiano deciso di rendere questi scontri disponibili senza rifare i livelli dopo averli superati la prima volta tradisce la loro consapevolezza che si tratta dell’unica attrattiva offerta da MIIB, oltre ai pochi dati da sbloccare come le piccole biografie dei protagonisti, degli alieni o i “making of”, assolutamente irrisori in quanto a dispositivi per allungare la vita del gioco. Non aspettatevi la galleria-museo di Smash Bros, perché le bio dei nemici sono solo quelle dei 29 presenti nei livelli e i personaggi non sono nemmeno zoomabili. Neanche il training delle armi, assurdamente sbloccabile in seguito ai livelli, che attira il giocatore per semplice curiosità, costituisce un apporto concreto alla longevità. I difetti del gioco contemplano anche un sistema di caricamento antidiluviano, ripetitivo e lentissimo persino nelle sotto-schermate delle opzioni, probabilmente studiato per fare arrivare i giocatori ancora più esasperati alle missioni.
Begli effetti, discreti i poligoni, voci un po’ sceme
I difetti a livello produttivo di MIIB, cioè la trascuratezza, la non originalità e la ripetitività, si riflettono naturalmente sul settore audiovisivo del titolo. Ancora una volta sono i boss a fornire al gioco l’occasione di riscattarsi: grossi, mostruosi e inquietanti, sono animati in maniera cinematografica, emettono spari violenti e spettacolari e rendono adrenalinica la partita con i loro grugniti feroci. Al contrario, gli ambienti sono poco curati, blocchettosi e con texture mapping di qualità poco più che sufficiente, come del resto i personaggi che, pur ben realizzati, hanno animazioni decisamente nella media e sono privi di ogni espressione facciale oltre ad essere afflitti, nelle sporadiche animazioni d’intermezzo, di movimenti stupidissimi, risultato probabilmente della tentata imitazione dei movimenti “cool” di Will Smith (applicati indiscriminatamente anche al tutt’altro che “groovy” agente Kay). La nota positiva sono gli effetti di luce: ogni arma ha un suo effetto e colore che diventa più massiccio e spettacolare ad ogni upgrade fino a letteralmente riempire lo schermo di flussi di energia luminosa. Opportunamente opacizzati, gli stessi effetti rendono spettacolare il modo in cui i nemici si smaterializzano squagliandosi quando vengono uccisi, o rendono simpatico il modo in cui i nemici vengono presentati come ologrammi nel training mode. Ma per quanto ben realizzate, le luci non migliorano di tanto la discreta proposta grafica del titolo. Per quanto riguarda l’aspetto sonoro, la situazione non migliora: gli effetti sonori sono i soliti sentiti e risentititi (a parte i bellissimi grugniti dei boss), il parlato è rado e le musiche sono dei semplici temi di sottofondo che diventano ben presto ripetitivi.
In definitiva...
…MIIB è un titolo consigliabile solo ai grandi appassionati del genere, che amino sparare, sparare e sparare anche se ciò non comporta alcuna varietà. Il gioco è altrimenti consigliato a tutti gli altri per un rapido noleggio da weekend, non fosse per altro che blastare un paio di boss massicci. MIIB è infatti, per il giocatore medio, noioso, ripetitivo e poco attraente anche a livello audiovisivo. Neppure eventuali appassionati della saga cinematografica o degli spin-off animati potrebbero esserne abbastanza interessati: la trama del film è stata totalmente edulcorata, i personaggi sono brutte copie degli attori originali con movimenti scadenti (la sottile linea che separa la coolness dalla goffaggine è stata abbondantemente sfondata), le biografie sono praticamente inutili nell’economia del gioco e i doppiatori sono lontanissimi da quelli del film. Nella versione in lingua italiana, poi, si assiste a uno scempio di chiara matrice mediaset sulle voci dei protagonisti, segno che gli anime giapponesi erano solo le prime vittime: chi ha orecchie per intendere, intenda…
In definitiva...
Pro
• Begli effetti di luce
• Boss di fine livello massicci
Contro
• Azione molto ripetitiva
• Caricamenti molto lenti
• Longevità mal strutturata
• Nè originale, ne di ottima fattura
Trasposizione diretta del blockbuster cinematografico, Men in Black II: Alien Escape (d’ora in poi MIIB) è uno shooter che rientra nella categoria dei tie-in, trasposizioni ludiche di successi cinematografici o d’animazione che soffrono di un triste fenomeno: quello di essere giochi realizzati con in mente più la licenza ufficiale che l’effettiva originalità del titolo. Seguiteci per sapere se MIIB sfugge a questa triste regola che, lungi dall’essere un pregiudizio da recensori o una leggenda metropolitana, si riconferma nella storia dei videogiochi fin da ET per l’Atari 2600, passando per Street Fighter: the movie e Tom&Jerry sullo SNES.