La Terra di Mezzo è maledetta. O meglio, lo è quanto entra a far parte del reame videoludico. In poche occasioni i videogiochi basati sull'universo narrativo creato da J. R. R. Tolkien hanno saputo emergere per qualità e profondità di meccaniche. Tra questi sicuramente svettano l'Ombra di Mordor e l'Ombra della Guerra tra i più recenti; più indietro con gli anni Il Signore degli Anelli: La Terza Era e i due tie-in usciti in concomitanza con Le Due Torri e Il Ritorno del Re, ma si difende anche l'MMORPG Le Ombre di Angmar. Il resto dei trenta e passa titoli si sono rivelati, chi più chi meno, delle catastrofi, ultimo arrivo proprio il famigerato e ormai iconico Gollum, il cui tonfo è stato tale da costringere Daedalic Entertainment a chiudere la sua divisione dedicata allo sviluppo di videogiochi.
Ora sta per essere consegnato nelle nostre mani un nuovo tassello di questo mosaico guasto, sviluppato proprio da coloro che hanno aiutato a forgiare quello stesso mondo a livello cinematografico attraverso effetti speciali e visivi: Weta Workshop, o meglio, la sua relativamente nuova divisione dedicata ai videogiochi.
Bentornato a casa, hobbit
Tales of the Shire cerca di offrire una cosa completamente nuova rispetto a tutti gli altri videogiochi de Il Signore degli Anelli: un'esperienza tranquilla, dove l'avventura non è altro che un'impronta contenuta in qualche libro scritto da uomini valorosi, ordinatamente conservati in libreria.
Finora il nostro viaggio videoludico nella Terra di Mezzo è stato scandito da violenza e conflitto, ma il team di Weta Workshop ha deciso di optare per un altro aspetto altrettanto affascinante del mondo di Tolkien: la tranquillità della Contea. Gli hobbit sono i protagonisti della Terza Era, usciti dal calore delle loro grotte per affrontare un mondo diviso e spaventoso. Il fascino del mondo tolkeniano risiede tutto lì, in quel richiamo all'avventura che bussa alla porta delle sicure mura domestiche.
Tuttavia, nei videogiochi la ribalta è conquistata da Elfi, Nani e Uomini, perché sono loro a brandire la spada e a falciare le orde dei nemici, attività che pare più affine alle regole del mercato. Ma la Terra di Mezzo è anche un luogo che molti vorrebbero chiamare "casa", nonostante la costante ombra oscura che si abbatte sui suoi campi sterminati. Ed è in questa nicchia che Tales of the Shire si posiziona: la tranquilla vita da hobbit in quel di Lungacque, cittadina della Contea, o almeno aspirante tale.
Come diventare un villaggio rispettato
Più che una storia, Tales of the Shire presenta una serie di eventi che si susseguono senza un vero e proprio mordente o chissà quali capovolgimenti di trama. Noi, infatti, vestiamo i panni di un hobbit appena trasferitosi da Brea nella piccola località di Lungacque, ancora appartenente a Hobbiville, ma con l'intenzione di staccarsi da essa e divenire autonoma in tutto e per tutto.
Il nostro compito è stringere un legame con i residenti e diventare, con non poca dose di tempo e banchetti condivisi, parte integrante della comunità. Perché a Lungacque tutto si può ottenere dopo un bel pasto abbondante in gradevole compagnia. In quella che è una disputa tra vicini, noi ci troviamo in mezzo, intenti a fare tutti contenti e portare avanti l'unico traguardo esplicitato dal gioco: trasformare l'insediamento in una cittadina rispettabile.
Il vero obiettivo tuttavia è celato e cambia a seconda della sensibilità di ogni giocatore, ma più o meno si può cristallizzare nel crearsi la propria routine quotidiana. Perché alla fine Tales of the Shire non è altro che un simulatore di vita sulla falsa riga degli Animal Crossing o di Disney Dreamlight Valley: non è la storia a portare avanti la partita, ma le attività da svolgere.
Una tipica giornata in Tales of the Shire
Per spiegare come funziona il gioco forse è più conveniente fare l'esempio di una giornata tipo in Tales of the Shire. Sveglia all'alba (se si è andati a dormire presto la sera prima). Fuori è ancora buio ma noi siamo già in giardino a cogliere i frutti del nostro pollice verde e a innaffiare quelli ancora in crescita.
Andiamo verso la cassetta delle lettere e guardiamo la posta del giorno. Perbacco! Hanno accettato! Oggi abbiamo invitato a un banchetto condiviso il mugnaio Sabbioso e la falegname Willow Tuc. Lei vuole un piatto piccante, lui qualcosa di dolce.
Andiamo al mercato cittadino a fare compere per soddisfare le voglie dei nostri ospiti. Dal giovane Tom Cotton prendiamo un bel pezzo di montone e qualche litro di latte; dal rigattiere Hobson delle spezie per insaporire i piatti, mentre dal Vecchio Cotton acquistiamo una manciata di nuovi semi da piantare nelle aiuole spoglie.
Di ritorno a casa ci mettiamo ai fornelli. Cuciniamo i piatti richiesti dai due commensali svolgendo i semplici minigiochi che ci permettono di ottenere pietanze più strutturate e bilanciate. Poi, chiamiamo tutti a tavola.
In loro presenza disponiamo sul tavolo le pietanze in modo che ognuno abbia a portata di mano quella che gradisce maggiormente e, perché no, aggiungiamo anche qualche decorazione per rendere il tutto più scenografico.
Finito il banchetto parliamo con gli ospiti e riceviamo con un sorriso i regali che hanno deciso di fare per ringraziarci dell'ottimo pasto (il più di volte delle nuove ricette). Visto che ci siamo, andiamo al nostro scrittoio e organizziamo un nuovo banchetto per il giorno seguente, questa volta al Drago Verde, il cui tavolo può ospitare più persone. Inviate le lettere, ci tocca aspettare la posta del mattino per vedere se i compaesani hanno accettato (ma tutti sappiamo che un hobbit non rifiuta mai del cibo).
Si è fatto pomeriggio. Ancora troppo presto per andare a letto, girovaghiamo in cerca di bacche ed erbe, scambiamo viveri con gli altri abitanti in cambio di marmellate, semi e quant'altro e peschiamo un po' alla luce del tramonto. Dopodiché, giriamo i tacchi e andiamo a coricarci a un'ora consona, in vista di un'altra giornata spensierata nella Contea.
Le bacheche delle attività
Dopo alcune di queste giornate passate ad ambientarci nella cittadina e ad aiutare gli abitanti con le loro bizzarre richieste si presenta la possibilità per l'intero villaggio di riunirsi e riportare in auge le associazioni per la raccolta, la pesca, il giardinaggio e la cucina.
Queste non sono altro che "gilde" per le quali possiamo completare obiettivi in cambio di viveri, oggetti e punti esperienza che ci fanno avanzare di livello all'interno della singola classe, così da sbloccare migliorie di ogni genere, da nuovi spazi per il giardino (in grado di creare scorciatoie per raggiungere le zone di Lungacque con maggiore scioltezza) a canne da pesca capaci di tirare su dagli specchi d'acqua bestie marine che farebbero impallidire quella appeso al Drago Verde.
Queste mansioni diventano la routine per chi cerca un obiettivo da perseguire, perché non c'è molto altro da fare una volta concluso (con molta calma e tranquillità) in una decina di ore il ciclo di missioni che struttura la flebilissima narrazione alla base del gioco. Se, però, non è per una storia avvincente che state tenendo sott'occhio il gioco, allora potreste trovare della carne da spolpare dalle ossa del gioco anche dopo l'epilogo.
Una caverna calda e accogliente
Il videogioco di Weta Workshop ci dà la possibilità di prenderci cura di una caverna hobbit da mettere a nuovo e sistemare nel modo che più ci aggrada. Già da subito è possibile cambiare l'aspetto esteriore e interiore dell'abitazione con alcuni modelli predefiniti (per il momento gli unici disponibili), ma l'approfondimento della conoscenza con gli altri abitanti del villaggio porta a sbloccare nuove stanze.
Ci sono mobili per tutti i gusti da posizionare come meglio vogliamo, con un margine di manovra che raramente abbiamo visto altrove (se ci si perde del tempo si può veramente sistemare l'arredamento al millimetro), nuove aiuole per il proprio giardino, persino un pollaio dove sfamare le galline in cambio di uova fresche ogni mattina, delle quali, però, noi non ne abbiamo viste nemmeno una volta (bug o nostra personale incompetenza nello sfamare gli animali? Staremo a vedere).
Inoltre, il gioco fornisce una certa dinamicità perché ogni quindicina di giorni le stagioni cambiano, portando con loro tutta una serie di differenze, dalle diverse risorse disponibili, all'impossibilità di piantare determinati ortaggi, fino agli ingredienti disponibili presso i mercanti.
Non toccare
Avrete intuito che il gioco non è esente da un certo grado di ripetitività. Pur non essendo pesante come in un'infinità di altri titoli, il susseguirsi praticamente invariato delle giornate inizia a farsi sentire dopo un po', specialmente quando ci si accorge che non c'è poi molto da fare in questa cittadina hobbit.
Una delle più grandi pecche del gioco è la sua mancanza di interattività. Essendo la mappa veramente piccola, abitata da una decina di abitanti con i quali è effettivamente possibile confrontarsi, ci saremmo aspettati almeno un buon grado di interazione non solo con gli altri hobbit, ma anche con l'ambiente circostante.
Il mondo di gioco si irrigidisce a qualsiasi tentativo di creatività. Non sono ammessi salti (se non i saltelli che sostituiscono la più classica "corsa"), le siepi sono muri invalicabili, si deve stare costantemente in piedi in una casa piena di sedie e panche di quercia, non si può aprire o chiudere una porta, non si può prendere una pinta alla taverna o ballare o suonare uno strumento o fumare l'erba pipa, neanche cucinare un piatto che il nostro personaggio possa mangiare. Il giocatore non ha alcuna iniziativa che gli permetta di immergersi appieno in questo mondo.
Più che un abitante, il giocatore è un garzone che viene fatto scorrazzare a destra e a manca per portare a termine degli incarichi che semplicemente non sono divertenti, inframezzati da dei dialoghi muti che puntano tutto sullo stuzzicare la conoscenza dell'universo tolkieniano da parte dei suoi pupilli più preparati. Forse è anche questa gestione superficiale degli obiettivi principali a gettare un'ombra sul resto dell'esperienza, che in generale è gradevole e spinge a passare le giornate ai fornelli o a raccogliere viveri da conservare nel proprio deposito per i periodi dell'anno più duri.
La Contea pietrificata
Questa Contea pare congelata mentre il tempo scorre. Certo, ogni cittadino ha la sua routine giornaliera (chi va a lavoro, chi sta dietro i banconi, chi gioca...), ma tutto ciò si traduce in personaggi che o camminano senza meta lungo un sentiero tracciato o stanno fermi immobili fino a che la routine seguente non si attiva allo scoccare dell'ora della giornata.
Lungacque è un luogo privo di vita, nonostante avesse tutte le carte in regola per diventare un piccolo centro abitato virtuale dal quale staccarsi con fatica. Non ci sono eventi che portano la città a vivere, come feste di paese, compleanni o altre evenienze particolari che scandiscono l'anno.
Ogni giorno è lo stesso del precedente, solo magari con la neve o le foglie di tutte le tonalità dell'arancio che ricoprono il suolo. E la cosa che ci ha fatto piangere il cuore maggiormente è vedere come tutti si spostano alla taverna del Drago Verde la sera per non fare assolutamente niente se non camminare a vuoto, fermarsi e poi spostarsi di nuovo verso questo o quell'altro angolo.
Non c'è interazione tra le parti, come se tra di loro non si vedessero fino al momento in cui non si attivano per via di qualche missione. Gli hobbit del villaggio sono gusci vuoti e non ci vuole molto prima che i giocatori si accorgano che sono loro stessi l'unica fonte di vita che spinge l'esistenza di questo manipolo di conchiglie sulle rive dell'acqua.
Semplicità batte complessità
Tales of the Shire ha molte mancanze, ma almeno sul piano stilistico il gioco si difende bene. Il mondo creato da Weta Workshop è "carino e coccoloso", proprio come un titolo del genere, che punta tutto sulla tranquillità e la convivialità, dovrebbe apparire.
Il grado di personalizzazione, seppur non incredibile, c'è e permette di creare una certa armonia grazie a una sapiente direzione artistica che lega molto bene tra loro quasi ogni singola istanza visiva del gioco. Vestiario, abitanti, flora e fauna sono quello che ci saremmo aspettati di vedere in un videogioco ambientato nella Terra di Mezzo, più precisamente nella Contea.
Però l'elemento più soddisfacente dell'intero titolo sono le animazioni, pulite, varie e per nulla scontate, figlie di anni di esperienza di un team che ha fatto la storia degli effetti visivi e della motion capture. Anche la colonna sonora è sintonizzata sulla stessa lunghezza d'onda. Quieta e serafica, scandisce perfettamente la giornata di noi piccoli hobbit. Peccato che non ci sia nessuno in questo villaggio che pare avere voglia di imbracciare uno strumento e far danzare il contado.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Sistema operativo: Windows 11
- Processore: Intel Core i7-10700
- Memoria: 16 GB di RAM
- Scheda video: NVIDIA GeForce RTX 3070
- DirectX: Versione 12
Requisiti minimi
- Sistema operativo: Windows 10
- Processore: Intel Core i5-7600K or AMD Ryzen 3 1200
- Memoria: 16 GB di RAM
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 770, 4 GB o AMD Radeon R9 270X, 4 GB o Intel Arc A580, 8 GB
- Memoria: 3 GB di spazio disponibile
- Note aggiuntive: Per 1080p Molto Basso 30 FPS
Requisiti consigliati
- Sistema operativo: Windows 11
- Processore: Intel Core i5-10600 or AMD Ryzen 5 8400F
- Memoria: 16 GB di RAM
- Scheda video: NVIDIA GeForce RTX 3060 Ti, 8 GB o AMD Radeon RX 6750 XT, 12 GB
- Memoria: 3 GB di spazio disponibile
- Note aggiuntive: Per 1080p Alto 60 FPS
Il vero disastro
Se fin qui il gioco ha dimostrato di avere alcune pecche importanti, nulla batte il disastro tecnico nel quale verte a poche ore dall'uscita.
Precisiamo che abbiamo avuto modo di provare il titolo unicamente per PC, quindi non conosciamo la reale situazione per quanto riguarda le altre piattaforme, però è indubbio che il gioco presenti dei gravi problemi di ottimizzazione che lo rendono altamente instabile.
Abbiamo provato pressoché tutte le opzioni di configurazione disponibili e il meglio che siamo riusciti a ottenere (disabilitando il V-Sync, che pare essere il principale problema dei rallentamenti) con una GeForce RTX 3070, un Intel I7 di 10° generazione, 16GB di RAM e SSD Samsung a 1080p sono tra i 52 e i 58 fotogrammi al secondo scanditi da intoppi continui e cali sporadici nei luoghi più affollati (e con "affollati" intendiamo 5-6 personaggi a schermo e un paio di galline).
Sarebbe un altro paio di maniche se ci trovassimo dinanzi a un videogioco creato per mettere alla prova le macchine più performanti, ma davanti a un gioco praticamente vuoto, con una mappa microscopica (per carità, funzionale ai contenuti che propone, ma di certo lontana dai videogiochi a mondo aperto che siamo abituati a vedere oggigiorno), interazione inesistente, intelligenza artificiale dei personaggi rudimentale e una complessità grafica indietro di almeno un decennio rispetto allo standard odierno anche all'interno di titoli sviluppati da un manipolo di appassionati, pare una follia che il gioco non riesca a raggiungere i 60 fotogrammi al secondo stabili in nessuna circostanza.
A mettere il dito nella piaga, poi, ci sono tutta una serie di bug veramente invasivi, tanto che ci siamo trovati costretti a ricominciare una partita di più di 6 ore di gioco perché un oggetto non era apparso nel mondo e non potevamo, così, avanzare nella storia per sbloccare quantomeno le bacheche delle associazioni. E questa non è l'unica evenienza. Anche durante altre missioni a volte non appaiono cose che impediscono di portarle a termine. Se siete fortunati non vi capiterà con una missione principale come è accaduto a noi, ma tenete a mente che, almeno fino a che non rilasceranno un aggiornamento, potrebbe.
Ci sono capitate più volte anche schermate nere dopo un banchetto che impedivano di tornare all'interno del gioco e ci hanno costretto a chiuderlo e riaprirlo, perdendo il salvataggio di quella giornata (abbiamo imparato presto a salvare prima di ogni azione che prevedesse un caricamento).
Tutto questo non suona a favore del gioco, ma almeno c'è da dire che sono cose che possono essere sistemate con un po' di olio di gomito. Noi, dal canto nostro, abbiamo segnalato tutte queste problematiche al personale competente e ci hanno garantito che avrebbero cercato di risolvere al più presto la situazione. Le possibilità di migliorare ci sono. Resta da vedere se continueranno a supportare e a ripulire il gioco o se, invece, se ne laveranno le mani dal momento in cui farà il suo debutto sul mercato. Non sarebbe la prima volta, d'altronde.
Conclusioni
Se siete orfani di un videogioco che vi faccia diventare dei laboriosi soldatini pronti a perdersi in una routine senza ansie, dove l'unica preoccupazione è decidere se cucinare una torta di mele o uno sformato salato per il Vecchio Cotton, allora Tales of the Shire potrebbe riservare molte sorprese per voi. Il cuore c'è, si sente, e appartiene a persone che è una vita che lavorano per portare sullo schermo le suggestioni nate dalla penna di Tolkien. Eppure Tales of the Shire rimane un'occasione sprecata per tutti gli appassionati della Terra di Mezzo e della vita nella Contea. Tutto ciò che manca potrebbe arrivare con il tempo, ma quello che ci troviamo adesso tra le mani, al contrario di quanto potrebbe aspirare a essere, è solo un altro lavoro parzialmente forzato all'interno di un mondo di gioco che non si vive ma si sconta, almeno fino a che non ci si libera dal giogo di quell'entusiasmo iniziale che ci ha fatto sperare che questa volta, sì, avevamo finalmente trovato la via di casa.
PRO
- Animazioni pregevoli
- Le mansioni giornaliere sanno intrattenere nella loro semplicità
- Stilisticamente gradevole
CONTRO
- Un incubo tecnico
- Totale assenza di interazioni capaci di immergere nell'universo di gioco
- Ambientazione suggestiva ma priva di attività interattive