Il “nonno” di Soul Calibur
Lo stile di gioco, infatti, contrariamente a molti altri titoli del genere, presenta un approccio più strategico, più ragionato da parte dell’utente. Avventarsi come un matto contro un avversario nove volte su dieci equivale ad una sconfitta certa. Il modo migliore per affrontare un nemico diventa quindi quello di calcolare con attenzione le proprie mosse, facendo attenzione anche a quelle dell’avversario. Come diceva Wang Tsung Yeuh nel trattato sul Tai Chi Chuan a lui attribuito, “Se conosci il tuo avversario e conosci te stesso, potrai combattere cento volte e cento volte vincerai”. Per gli attacchi il gioco utilizza tre tasti base: uno per l’attacco leggero all’ arma bianca, uno per quello medio ed un altro ancora per sferrare un calcio. Dalla combinazione di questi tasti possono poi scaturirne altri, comprese le tradizionali combo. Padroneggiare queste azioni è dunque fondamentale. Ogni personaggio presenta un range di azione differente, e appare ben caratterizzato da questo punto di vista, anche se molti di essi sono, come vedremo più avanti quando parleremo di grafica, in linea di massima ripresi dai vecchi episodi della serie. Purtroppo, proprio dai precedenti episodi non è stata riproposta l’interessante opzione che permetteva all’utente di differenziare uno stesso Pg in due sue “versioni” distinte e separate: “Slash” e “Bust”. Questa particolare “feature” proponeva due stili di combattimento differenti per ogni singolo character, dando di fatto la sensazione di avere il doppio di lottatori a disposizione.
L’arte del combattimento con la spada
Una volta scelto il proprio personaggio preferito ed iniziato a giocare, davanti ai nostri occhi si presenterà uno “scenario” simile: i due avversari uno di fronte all’altro, sullo schermo, con delle barre indicatrici poste sia in alto che in basso sul video. Quella posta nella parte inferiore dello schermo è quella “incaricata” di segnalare al momento opportuno la possibilità di effettuare un attacco potente. Essa si riempie a seconda dei colpi inferti al nemico. Più avviene questo, più la carnagione del personaggio diverrà rossa per evidenziare il “pumping-rage” del sangue che brucia in lui, pronto a dare al nostro eroe la furia giusta da riversare contro il malcapitato avversario. Nella parte alta dello schermo, invece, troviamo la classica barra della vita e poco al di sotto la “Sword Spirit Gauge”: più attaccheremo e più quest’ultima diminuirà, mentre rimanendo “a riposo” la barra si riempirà di nuovo. Inutile aggiungere che durante un attacco con l’ indicatore pieno la potenza delle nostre combo avrà un impatto più violento sul nemico. Sempre in quella porzione di schermo, all'estremità della vostra barra della salute, c’è inoltre una zona che è di colore rosso. Durante il round finale quest’area può cambiare di gradazione passando da rosso a blu, e permettendovi di effettuare la “Mu No Kyouchi”, una mossa che rallenterà pesantemente il tempo del vostro avversario e vi darà la grossa probabilità di colpirlo ripetutamente riempiendo lo schermo letteralmente di schizzi di sangue, presente in grande abbondanza nel gioco.
Un 2D “d’effetto”…
Samurai Shodown 5 può contare una grafica 2-D di discreta fattura, anche se per certi versi “incompleta”. Dal punto di vista estetico, infatti, il titolo SNK-Playmore si distingue per una cosmesi appagante per quanto concerne i personaggi, realizzati con un buon numero di dettagli, anche se in gran parte si tratta di lottatori provenienti dai precedenti episodi della serie appena ritoccati e rinfrescati per l’occasione, e per le animazioni molto ben riuscite. Splendido il characters design, dunque, specie negli avatar di selezione Pg. Di fattura leggermente inferiore invece i fondali, che pur mantenendosi su un livello accettabile risultano un tantino scarni se paragonati ad esempio a quelli visti in Samurai Shodown 2, con pochi elementi mobili sullo sfondo e in alcuni casi l’assenza assoluta anche del buon vecchio parallasse per dare almeno la sensazione di profondità delle aree attraverso la semplice sovrapposizione di sfondi. Parecchi di questi scenari non sono inediti, ma sono stati riciclati “pari pari” da SS4. A salvare il tutto, e a renderlo, dunque accettabile, come accennato poco fa, il buon “disegno” degli ambienti, l’azzeccata scelta cromatica dei medesimi e l’idea carina del trascorrere del tempo durante i combattimenti, con il sole che si alterna, nelle sue fasi, con la notte. Nota breve per il comparto sonoro: in questo caso ci troviamo dinanzi ad un prodotto nella media, con musiche adatte alle esigenze del caso, agli stages, tipici dei picchiaduro, e di questo in particolare, utili a ricreare in parte l’atmosfera del periodo storico in cui avvengono gli scontri, ed effetti di fondo già ascoltati nei precedenti capitoli della saga.
Conclusioni
E’ difficile dare un giudizio su un titolo concettualmente di “un’altra epoca” videoludica senza rischiare di cadere nell’errore di attribuirgli una valutazione troppo bassa a causa di una realizzazione tecnica non “da 128 Bit”. Samurai Shodown V è un titolo “old style”, uno di quelli che apporta pochissime innovazioni al genere e anzi, sembra il tradizionale picchiaduro ad incontri di scuola Capcom, cioè quello che a parte il suffisso nel titolo e qualche leggera aggiunte e migliorie non offre nulla di particolarmente diverso dai predecessori. Eppure il titolo SNK-Playmore piace, forse proprio per questo, per questo suo non distaccarsi troppo dal passato. Quindi non possiamo non consigliare il titolo agli amanti del genere ed a chi non si pone “il problema” di giocare con un titolo dalla grafica 2D.
Pro:
- Ottimo uso del 2D
- Livello di difficoltà ben calibrato
- Poche innovazioni
- Dedicato soprattutto ai fan della serie
La serie di Samurai Shodown (Samurai Spirits in Asia) è una delle saghe più longeve e famose della storia dei videogames. Nata negli anni 90 su console Neo Geo, macchina dalle incredibili potenzialità ma troppo sottovalutata dalla massa, lo slash’em up ad incontri di SNK contribuì, insieme a pochi altri titoli realizzati sempre da team interni ai produttori della suddetta macchina, a tenere in vita la medesima senza l’ausilio di sviluppatori esterni. E già questo dovrebbe far capire come SS sia una saga di tutto rispetto. Samurai Shodown è anche una serie piuttosto particolare nel suo genere. Essa, fin dal primo episodio, si è sempre distinta per un livello di difficoltà intrinseco tale da renderla non “adatta” ad un pubblico di videogiocatori occasionali, gente cioè abituata di solito a brevi sessioni di gioco magari solo per divertirsi un po’ a fare “a botte” virtualmente, senza però essere impegnati eccessivamente in calcoli, strategie particolari. Samurai Shodown è un titolo per veri hardgamer, per appassionati tutto “pane&picchiaduro”, insomma, non per gente che preme tasti a caso per ottenere combo devastanti o mosse spazza nemici.