Gli albori della Console War.
Quindici anni fa, le schermaglie dialettiche tra appassionati possessori di Mega Drive e SuperNes non erano meno accese di quelle che si sviluppano oggigiorno nei forum di Multiplayer.it. La console Nintendo, dotata di un chip grafico dedicato appositamente a rotazioni di bitmap e sprite (il leggendario Mode7), prestava il fianco al Megadrive sul versante della velocità della CPU. E fu proprio su quella peculiarità che SEGA decise di puntare per creare un platform in grado di distinguersi fra la moltitudine di esponenti del genere. Ed in effetti la scelta fu azzeccata. Sonic the Hedgehog era un prodigio tecnico: il porcospino blu schizzava a velocità folle lungo stage coloratissimi e variegati, spinto da un'inerzia folle percorreva giri della morte multipli, mulinando le sue scarpette rosse laccate come un frullatore impazzito. Si infilava in tunnel attorcigliati, piroettava nel cielo raccogliendo nubi di anelli scintillanti, si fiondava ovunque, sparato a destra e manca da molle, rampe, scivoli e giostre di ogni tipo. Lo scopo del gioco era quello di raccogliere quanti più anelli possibile, disseminati ovunque lungo livelli che si sviluppavano notevolmente anche in verticale, offrendo al giocatore una scelta: un completamento "sprint" dello stage, quasi in apnea, raccogliendo giusto quella manciata di anelli che garantiva l'immunità; oppure un'esplorazione più approfondita del livello, scovando vie alternative, bonus nascosti, 1-ups, passaggi segreti. "Plin-plin" è il suono delle monetine di Super Mario, e il medesimo suono emmettono gli anelli fluttuanti di Sonic; diversa è la funzione che hanno nei due giochi: laddove l'idraulico li raccoglie esclusivamente per finalità di punteggio, il porcospino perde una vita se viene colpito da un avversario quando non ha nulla in saccoccia. Inoltre, accumulare anelli è indispensabile per accedere agli stage bonus, psichedelici labirinti roteanti che Sonic affronta per metter mano sui "chaos emeralds", sei pietre preziose che una volta raccolte danno accesso solo al finale alternativo del gioco, e non alla trasformazione in SuperSonic, per la quale si dovette attendere il secondo capitolo della serie. Ma la missione poteva dirsi pienamente compiuta fin da questo primo episodio; SEGA aveva trovato la mascotte che cercava, nonché l'idolo indimenticabile da consegnare ai figli del MegaDrive.
Essere un porcospino oggi.
Sonic è tutt'ora un platform valido. Gli amanti del genere non potranno che apprezzarne le caratteristiche distintive. La grande velocità di gioco, per quanto singhiozzante già dal secondo mondo, rende particolarmente godibile la formula. Il design dei livelli è molto vario e ben ingegnato, anche se spesso il ritmo frenetico viene spezzato; si procede a strappi, quando invece si vorrebbe solo fluire lisci e andare, correre ancora e ancora. Il limite più penalizzante di Sonic è senz'altro la longevità: in tutto 20 livelli scarsi, che un novello non avrebbe difficoltà a completare in meno di due ore. Quantitativo scarsetto già allora, insoddisfacente se confrontato con esponenti 2D sia coetanei che più recenti. Raccogliere le gemme bonus è uno scarso incentivo a rigiocare, in considerazione della povera ricompensa che si riceve. Disponibile fin da subito al costo di 8€ (800 punti), Sonic è un acquisto obbligato per gli appassionati del genere. Gli altri valutino pregi e difetti di un'esperienza di gioco divertente ma troppo breve.
Genesi di un'icona.
Correva l'anno 1991 e la contesa per la supremazia nel mercato dei videogiochi si giocava tra due colossi giapponesi: Nintendo e Sega. La casa di Kyoto veniva da un decennio scintillante, figlio dei successi di NES e GameBoy, consacrato dall'affermazione a livello mondiale di quell'icona intramontabile che risponde al nome di Super Mario. Dal canto suo, SEGA non poteva contare su un ambasciatore di tale livello. Fu per colmare tale lacuna che nacque la figura del riccio blu antropomorfo, superveloce e bramoso di anelli dorati: Sonic, appunto. Un personaggio carismatico, spavaldo e un po' sbruffone, a cui venne affidata la missione di rilanciare SEGA nella generazione dei 16bit, dopo che quella degli 8bit si era conclusa con un dominio pressoché totale delle console Nintendo.