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John Ronald Reuel Tolkien fu prima di tutto un filologo e la sua straordinaria competenza scientifica sull’anglossassone, il norreno, il gallese e il finnico è alla base di molte pagine del Signore degli Anelli. I nomi dei nani, ma anche quello di Gandalf, sono ripresi dall’Edda, testo del XII secolo, rinvenuto nel 1643 nel sud dell’Islanda, che contiene numerosi carmi poetici dell’antico mondo germanico.
La sua attività di scrittore s’intrecciò costantemente con quella scientifica, anzi si può affermare che i suoi libri costituiscano parte integrante della sua produzione accademica, altrimenti alquanto scarsa. Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli sarebbero impensabili senza la solida preparazione universitaria dell’autore, fatto questo che può spiegare, almeno in parte, la portata del successo dei suoi testi.
Non molto noto è, ad esempio, il fatto che lo scrittore inglese (più precisamente sudafricano al tempo colonia del Commonwealth) si occupò di vagliare le etimologie di migliaia di voci anglosassoni per l’Oxford English Dictionary, nel 1925 con G.S Gordon, docente di letteratura inglese a Oxford, curò sia la compilazione del A Middle English Vocabulary, sia l’edizione critica del Sir Gawain and the Green Knight, romanzo cavalleresco in versi del XIV secolo, dovuto alla penna di un anonimo scrittore delle Midlands, contemporaneo del celebre Geoffrey Chaucer.
Gli esperimenti linguistici sull’elfico (lingua creata in età adolescenziale utilizzando una composizione di gallese, finnico e islandese) determinarono la stessa concezione dell’opera: ogni idioma, per essere realmente vitale, presuppone una mitologia, come veicolo d’informazioni necessarie a unire passato e presente. Di qui il costante – e mai portato a termine – lavoro sul Silmarillion, la vera base epico-mitologica del Signore degli Anelli.
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La pubblicazione del Signore degli Anelli costituisce una vicenda intricata che l’auspicabile pubblicazione del carteggio tra l’editore e l’autore potrebbe chiarire (cfr. l’articolo apparso su La Stampa, venerdì 24 gennaio). Dopo la stampa de Lo Hobbit Tolkien spedì all’editore il manoscritto del Silmarillion, che tuttavia considerava illeggibile.
L’opinione era condivisa anche dall’editore (Allen & Urwin) che, comunque, spronò l’autore a lavorare a un’altra opera simile al primo testo che di lì a una quindicina d’anni avrebbe visto la luce. Tolkien, a malincuore, accetto la tripartizione dell’opera resa necessaria per ragioni editoriali e economiche. Il lavoro ebbe un successo costante ma graduale nei primi tempi.
Nel 1957 lo scrittore inglese ricevette al congresso della Wold Science Fiction il premio come migliore opera fantasy, titolo che si aggiungeva al premio Hugo ricevuto un anno prima. Ma il successo planetario fu dovuto a una spregiudicata operazione commerciale (ai limiti della legalità) condotta dalla casa editrice americana Ace Book, specializzata in libri fantascientifici venduti in formato economico, che ristampò il libro in edizione economica (tascabile) aggirando le norme del copyright non perfettamente salvaguardate dalla Allen. Il librò piombò sui campus universitari, divenendo un best-seller della letteratura mondiale.
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Dall’universo tolkeniano nel 1984 nasce il Middle-Earth RolePlaying Game, primo gioco di ruolo interamente ambientato nel mondo inventato dal professore di Oxford, diffuso nel mercato italiano dalla Stratelibri sotto il nome di Girsa. Il manuale base, pur essendo di facile consultazione, sotto molti aspetti si differenzia dal set di regole che gestiscono D&D e AD&D.
Le maggiori novità introdotte riguardano lo svolgimento del combattimento non più stabilito dalla differenza tra attacco e valore armatura come nell’altro famoso roleplaying, ma da apposite tabelle suddivise per gruppi di armi (da lancio, da tiro, da taglio e contundenti) che stabiliscono il danno subito da chi riceve il colpo in termini di punti ferita, aggiungendovi, ed è questo l’elemento principale, un ‘colpo critico’ che determina un ulteriore danno (gestito su altre tabelle) inferto all’avversario. In tal modo ogni attacco, anche portato da un combattente del tutto inesperto, può risultare (con un’adeguata dose di fortuna) letale per ogni nemico, per quanto formidabile esso sia.
Questo tipo di strutturazione permette di ovviare a alcuni problemi che nascevano (in special modo con D&D) da un punto di vista di realismo del combattimento, per cui un semplice guerriero poteva falciare migliaia di contadini senza mai essere colpito.
Le classi di personaggio a disposizione sono il guerriero, il ranger, il bardo, il mago, il chierico, l’animista e lo scout, mentre le razze ricalcano quelle presenti nel libro. In generale il manuale base ha un’alta giocabilità: poche regole, chiare, gestione in unico libro di incantesimi, combattimenti e passaggi di livello.
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Strettamente collegato al manuale base ci sono poi tutte le espansioni create dalla I.C.E. (Iron Crown Enterprise) che costituiscono delle vere e proprie gemme e che consentono a una compagnia di giocatori più esperti di ritrovare la stessa complessità delle edizioni di Advanced.
I manuali geografici, tradotti soltanto parzialmente in italiano, forniscono al Game Master tutte quelle informazioni necessarie per ambientare una campagna estremamente realistica; mentre l’espansioni delle regole quali Arms & Law e Spell Law, che rispettivamente gestiscono il mondo del combattimento e quello della magia, permettono di superare le rigidità del manuale base, mettendo a disposizione nuove classi di personaggi, nuove professioni, nuove armi, nuove abilità e incantesimi, consentendo un’alta specializzazione del singolo personaggio.
Un altro aspetto estremamente interessante del mondo Girsa è la sua stretta relazione con la realtà Rolemaster. Quest’ultimo non è nient’altro che un manuale base di regole, ben organizzato e non troppo complesso, giocabile in una qualsiasi ambientazione fantasy. Di fatto il suo migliore utilizzo è una trasposizione nella Terra di Mezzo. La flessibilità nella costruzione del personaggio (non ancora eguagliata dalla terza edizione di D&D) rappresenta il suo punto di forza.
I passaggi di livello non sono gestiti automaticamente, ma generano a seconda di una complessa serie di fattori, la possibilità di distribuire punti esperienza nelle singole abilità. Inoltre la serie Rolemaster fin da subito ha adottato la modalità dei Companions, espansioni che introducono flessibilità (ma anche complessità) a uno scenario di regole ormai lontano dalla semplicità del manuale base di Girsa.
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La mia personale esperienza di GM della Middle-Earth, mi induce a dichiarare che la bellezza di questo gioco di ruolo sta proprio nella sua ambientazione che, diversamente da quelle pur bellissime di AD&D, ha una sua storia, un suo spessore, derivato dai testi di Tolkien.
Muoversi tra i reami perduti della Cardolan, tra le asperità degli Emyl Muil o penetrare l’inaccessibile fortezza di Dol Guldur, ha un sapore che tutti i lettori di Tolkien possono facilmente immaginare. A differenza di altri giochi di ruolo fantasy (ma questa è una personale visione delle cose e aspetto le vostre opinioni in merito) Girsa va interpretato sì come un Roleplaying fantasy, senza tuttavia schiacciarlo su D&D, in sostanza cioè vanno rispettate quelle «verosimiglianze» che esistono tra Terra di Mezzo e epoca medievale.
Lo stesso Tolkien, d’altronde, parlava della sua costruzione fantastica come di un mondo possibile non avvenuto, non di un lontano luogo dell’altrove.
Nota : le immagini sono state cortesemente fornite dall’associazione Gandalf & the Ring
A volte il destino fa bene le cose. Nel 1928, mentre Tolkien in qualità di professore di letteratura inglese a Oxford, correggeva una serie particolarmente noiosa di compiti, ne trovò uno con una pagina bianca.
«Uno dei candidati» disse «misericordiosamente aveva lasciato una pagina completamente intonsa, ed è forse la cosa migliore che può capitare ad un esaminatore, e io scrissi su: ‘In un buco del terreno viveva un Hobbit’. I nomi facevano nascere, nella mia mente, l’idea di un racconto, e finii così per convincermi che dovevo scoprire che aspetto avevano gli Hobbit. Ma quello era solo l’inizio; le idee mi balenavano da sole, senza che io dovessi lambiccarmi il cervello».
Nel 1936 Tolkien diede alle stampe Lo Hobbit e, poco dopo la presentazione del manoscritto all’editore, s’impegnò nella stesura della sua opera più celebre, leggendola per molti anni agli amici con cui aveva costanti frequentazioni intellettuali.
Nel 1949 portò a termine l’impresa e presentò il manoscritto alla George Allen & Unwin, che dapprima rifiutò l’opera, salvo poi riprenderla in seguito, considerandola dopo un’attenta lettura «semplicemente geniale».