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X-Men: Dark Phoenix, la recensione

La saga cinematografica dei mutanti Marvel si conclude con un capitolo deludente: la nostra recensione di X-Men: Dark Phoenix

RECENSIONE di Christian Colli   —   07/06/2019

Siamo andati al cinema coi migliori propositi, ripetendoci che, no, X-Men: Dark Phoenix non poteva essere brutto come lo dipingevano i leak, la stampa che lo aveva già visto qualche giorno fa, i forum di nerd che avevano analizzato ogni singolo fotogramma dei trailer precedenti. E invece siamo usciti con l'amara consapevolezza che è un film persino peggiore. Portare gli X-Men al cinema non è mai stato facile: sono storie nate per parlare di uguaglianza, di accettazione del diverso, argomenti mai caldi come oggi, che non potrebbero e non dovrebbero essere trasformate in una baracconata di effetti speciali. Eppure Simon Kinberg qualcosa l'aveva azzeccata quando ha scritto X-Men: Conflitto Finale nel 2006, a lungo considerato la pecora nera del franchise, finché oggi non è stato detronizzato da Dark Phoenix. Ultimo film nel ciclo targato Fox, la nuova pellicola vede Kinberg anche alla regia e ci racconta da capo la trasformazione di Jean Grey in Fenice nella nuova realtà stabilita in Giorni di un Futuro Passato. Attenzione: questa recensione potrebbe contenere qualche spoiler o anticipazione sul film.

La trama

Evidentemente dimentico di come era finito X-Men: Apocalisse pochi anni fa, sebbene lo avesse scritto sempre lui, Simon Kinberg ci delizia con un errore di continuità nei primissimi minuti di film. Nell'avventura precedente, infatti, il professor Xavier era stato costretto a "sbloccare" la mente di Jean per consentirle di esprimere tutto il suo potenziale e, così facendo, incenerire il terribile Apocalisse. X-Men: Dark Phoenix fa un passo indietro e ci mostra i mutanti della Scuola Xavier per Giovani Dotati alle prese con un inedito successo mediatico e una missione spaziale. Nel tentativo di salvare una squadra di astronauti in difficoltà, Jean viene investita da un'energia cosmica sconosciuta che logora pesantemente la sua sanità mentale: la giovane diventa potentissima ma instabile, un pericolo ambulante per sé stessa e per gli altri. I suoi poteri attirano l'attenzione di una misteriosa specie aliena e rinnovano le ostilità mai veramente sepolte tra Xavier e il buon vecchio Magneto. Le fazioni, rimescolate da una serie di drammatici colpi di scena, dovranno scontrarsi per l'anima di Jean prima che questa perda completamente il controllo.

Dp Jean Space

Problemi di coerenza

Sforzandoci di trovare qualcosa di buono nelle due ore e passa di film che abbiamo visto, dobbiamo dire che la colonna sonora e le coreografie ci hanno abbastanza soddisfatto. A comporre le musiche è stato il pluripremiato Hans Zimmer, proprio lo stesso de Il Gladiatore, Inception e Interstellar. E si sente. Se le scene più drammatiche - che poi sono il 90% del film - riescono ad avere un certo impatto, è merito suo e delle sue straordinarie manine. Le coreografie sono invece convincenti in termini di chiarezza durante l'azione e creatività nell'impiego dei super poteri durante i combattimenti. L'energia con cui Magneto gesticola per manipolare il ferro o le acrobazie di Nightcrawler ci hanno positivamente impressionato, nonostante le scene migliori si svolgano nel climax del film, in un contesto e in una location di una sconcertante banalità.

Sophie Turner In Xmen Dark Phoenix

Purtroppo, "banale" è un aggettivo che si presta bene a Dark Phoenix nella sua interezza. L'intreccio è banale, anche perché ripercorre sommariamente quanto accaduto in X-Men: Conflitto Finale, un film che non è mai stato molto apprezzato. Avendo capito di non essere riuscito a rendere giustizia a una saga iconica come quella della Fenice, Kinberg si è impuntato per raccontare nuovamente questa storia da un'angolazione un po' più fedele alle fonti cartacee, ottenendo il risultato praticamente opposto. X-Men: Dark Phoenix è un film schizofrenico, parzialmente riuscito nella prima metà e completamente alla deriva nella seconda. Nei mesi passati si è parlato a lungo delle intense sessioni di riprese straordinarie cui è stato costretto il cast per soppiantare il finale originale del film, troppo simile a un altro cinecomic molto recente (probabilmente Captain Marvel). La differenza si nota immediatamente e non serve un occhio attento per scorgere le incongruenze nella sceneggiatura, la risoluzione frettolosa della vicenda e la computer grafica scadente nelle scene finali.

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X-Men: Dark Phoenix è anche un film estremamente cupo, pressoché privo di gag o battute umoristiche, perlopiù affidate al personaggio di Quicksilver, uno dei pochi veramente riusciti nel nuovo ciclo di film... e perciò messo fuori gioco praticamente all'inizio della storia, senza neppure una scenetta musicale come quelle che lo hanno contraddistinto nei film precedenti. Purtroppo è anche il cast a suscitare diverse perplessità. Le storie degli X-Men ruotano tutte intorno ai personaggi e alle loro interazioni, eppure continuiamo a ritrovarci tra le mani vere e proprie macchiette: persino alcuni protagonisti carismatici come Charles Xavier e Magneto sono diventati estremamente scontati, intrappolati in identità stereotipate e prevedibili. Gli altri, seppur importanti in vari gradi, sembrano soltanto di contorno. È incredibile che nessuno sia ancora riuscito ad azzeccare una caratterizzazione come si deve di Ciclope o della Bestia, mentre Tempesta continua a essere un personaggio in più che ogni tanto assume i poteri dell'Uomo Ghiaccio. Stendiamo un velo pietoso sulle "magliette rosse" di Magneto: Selene e Loto Rosso, due personaggi completamente diversi rispetto alle loro controparti cartacee con uno spessore da sottiletta Kraft.

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Intendiamoci, gli attori sono quelli che sono, ma è chiaro che hanno partecipato a questo film senza grande entusiasmo. E non parliamo di attorucoli di serie B ma di nomi importanti come i soliti James McAvoy e Michael Fassbender, nominati ai Golden Globe o direttamente agli Oscar. Jennifer Lawrence, che agli Oscar è stata nominata quattro volte e uno l'ha proprio vinto grazie a Il lato positivo, prosegue la sua interpretazione svogliata di Mystica, fortunatamente limitata a poche scene per motivi che non vogliamo svelarvi ma che probabilmente avrete intuito guardando anche soltanto il trailer. La sceneggiatura di Kinberg non valorizza la figura di Lawrence neppure in questo film, sottomettendola alla necessità di farla truccare il meno possibile per apparire sullo schermo nella forma di Mystica: la Lawrence assume quindi la forma umana ogni volta che può, anche nella scuola per giovani mutanti in cui, tecnicamente, avrebbe dovuto insegnare il rispetto e l'importanza della propria identità. Potrà sembrare pignoleria inutile, ma è su questo cardine che i film precedenti hanno costruito il personaggio di Mystica, quindi... abbiate pazienza.

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Jessica Chastain è un'altra attrice che ha sfiorato l'Oscar e che in X-Men: Dark Phoenix interpreta Vuk, il leader degli alieni D'Bari la cui capacità peculiare non è tanto quella di mutare forma, quanto di correre come dei perfetti idioti. Il film esplora soltanto marginalmente la storia e le motivazioni di questi alieni - introducendo il concetto di vita extraterrestre così, en passant - riducendoli a villain anonimi e inconsistenti, senza spiegarci i loro confusionari poteri. Vera e propria carne da cannone per l'inevitabile assedio finale, i D'Bari rientrano di prepotenza tra i nemici più inutili mai visti in un cinecomic. E per concludere la panoramica sul cast, bisogna dire che la povera Sophie Turner, un'attrice non proprio brillante che ha interpretato Sansa Stark per tanti anni ne Il Trono di Spade, fa quel che può con lo script, assumendo sostanzialmente tre espressioni a rotazione: euforica, triste, adirata.

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Il più grosso disservizio, X-Men: Dark Phoenix, probabilmente lo fa proprio a Jean, una delle eroine più amate nei comics. Jean Grey è sempre stato un personaggio complesso e sfaccettato, riflesso ideale di quel Charles Xavier che, in effetti, nel film viene messo sotto i riflettori per la sua etica non particolarmente condivisibile. Come tanti aspetti di X-Men: Dark Phoenix, anche il lato oscuro di Xavier è una potenzialità che rimane inespressa e che si disperde nel giro di qualche scena o dialogo per essere completamente dimenticata entro il finale. Una conclusione, sancita da un monologo estremamente stucchevole, che vuole essere definitiva e contemporaneamente lasciare una porta aperta sul futuro. Un futuro, speriamo, il più lontano possibile dalla penna di Simon Kinberg.

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Conclusioni

Multiplayer.it

4.0

X-Men: Dark Phoenix è il deludente epilogo di una saga cinematografica che, tra alti e bassi, ci ha intrattenuto per diciannove anni e ha plasmato i cinecomic per come sono oggi. Tra errori di continuità, poco rispetto per i fumetti cui si ispira, voragini nella sceneggiatura e recitazioni svogliate, l'ultimo X-Men mortifica una saga storica che vi consigliamo di recuperare in libreria, piuttosto che al cinema.

PRO

  • La colonna sonora di Hans Zimmer
  • Le coreografie dei combattimenti

CONTRO

  • Enormi problemi di sceneggiatura
  • La seconda metà del film è un macello
  • Recitazione svogliata, cast poco curato