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C'era una volta Zelda - Seconda parte

Nintendo ha creato Skyward Sword per celebrare e rinnovare il prestigio di Zelda, una saga nata venticinque anni fa. La qualità c'è, ma qualcosa non è andato secondo i piani. Ma cosa, e perché?

SPECIALE di Alessandro Bacchetta   —   17/04/2012

Se nella prima puntata abbiamo parlato dei meriti di Skyward Sword, in questa seconda e ultima parte affronteremo i suoi limiti. O meglio, i suoi limiti in quanto Zelda, e questo è un concetto che dovrete tenere bene a mente durante la lettura dell'articolo, perché non verrà ripetuto ma è fondamentale: Skyward Sword è un'opera eccezionale, ma è molto diverso da quello a cui ci aveva abituato questa saga, evita alcuni temi cardine e ne affronta altri da un'insolita prospettiva.

C'era una volta Zelda - Seconda parte

Il risultato di queste scelte, come specificato l'altra volta, è stato che mai come in questo caso uno Zelda per home console è stato percepito come un gioco accessorio, stupendo ma evitabile. Un gioco fenomenale, ma un gioco di nicchia, lontano dal prestigio degli antenati più celebri, lontano, soprattutto, dall'affermarsi a livello mondiale su ogni tipo di pubblico. Un passaggio da Ok Computer a The King of Limbs, da L'opera struggente di un formidabile genio a Zeitoun: un qualcosa, semplicemente, che dal rivolgersi a tutti vira al confrontarsi solo coi propri lettori. Perdendo inevitabilmente di vista ciò che l'ha portato alle stelle.

Wii, Skyrim e Valve

Sembrerebbe scontato sottolineare come il Wii abbia svolto un ruolo decisivo nell'imprimere questa direzione a Zelda. L'hardware è ormai vecchio di circa dieci anni, e le innovazioni tecnologiche che garantisce, escluse quelle dei controlli che abbiamo affrontato nella prima parte, sono praticamente nulle. E Nintendo sulla qualità dell'interazione non ha mai osato - se non in rari casi - tornare indietro. Questo significa che su Wii sarebbe stato impossibile mantenere il livello di dettaglio offerto da Skyward Sword - coi vasi che si sciolgono lentamente nella lava, coi piedi che si inclinano in relazione al terreno e via dicendo - coniugandolo con un mondo aperto alla Xenoblade Chronicles.

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Forse è vero, ma come vedremo tra poco non tutte le "colpe" possono essere attribuite al pur misero hardware. Quale che sia la motivazione principale, il risultato garantito da quest'approccio ha portato a un salto di qualità - verso il basso - nella valutazione della critica, e soprattutto a un ruolo di secondo piano nel mercato natalizio appena passato. Skyward Sword ha ottenuto notevoli riconoscimenti dalle due riviste più prestigiose del mondo, cioè Famitsu ed Edge, che lo hanno premiato entrambe con l'unico perfect score annuale, ma è stato praticamente assente nei vari Game of the Year dei principali siti web mondiali, e soprattutto - senza nulla togliere alle classifiche di EGM, Gamespot, Ign e compagnia - non ha vinto alcun premio agli Oscar del videogioco, ovvero i Bafta Awards, dominati in lungo e in largo (e non senza merito) da Portal 2.

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Questo per Zelda è grave, perché nel 1999 Ocarina of Time è stato il primo - e ultimo - gioco giapponese a trionfare in tutte le categorie più importanti; e non è grave solo per Zelda, ma anche per Nintendo, visto che è il primo anno da quando esistono questi riconoscimenti che non ne ottiene nemmeno uno. Se la débâcle in questo campo è stata solo parziale, nel comparto vendite il crollo è stato più evidente: Skyward Sword sta faticando a raggiungere i risultati di Majora's Mask (cioè lo Zelda 3D meno venduto, su una console da 30 milioni di console worlwide), ma soprattutto si è dimostrato totalmente incapace ad attirare nuovi spettatori. In questo terreno è stato distrutto da The Elder Scrolls V: Skyrim, che ha oltrepassato gli 11 milioni di unità vendute, superando Skyward Sword anche considerando i soli dati su Xbox360: dieci anni fa sarebbe stato impensabile, letteralmente impensabile credere che un rpg occidentale avrebbe avuto più successo di uno Zelda. Eppure questo è successo. Perché?

Manie di controllo

Zadie Smith, talentuosa narratrice americana, una volta ha detto che per lei scrivere è come respirare. E per capire "come" scrivere, e dirlo agli altri - perché di questo trattava l'articolo - deve smettere di inspirare ed espirare, in modo del tutto innaturale. A forza di chiedersi che cos'è Zelda, e che Nintendo se lo chieda ce lo confermano i preziosi Iwata Asks, gli sviluppatori hanno smesso di "respirarlo".

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Leggendo queste interviste, amene e semplici ma che danno delle informazioni interessanti, si ha un effetto tragicomico: per alcuni designer Zelda sarebbe "tagliare l'erba con la spada", o "sentire il solito jingle dopo aver risolto un enigma". Cosa? Elementi contenutistici protratti nel tempo definirebbero l'essenza di uno dei più grandi e ambiziosi videogiochi della storia? Un ragionamento di questo tipo manca totalmente d'astrazione, e rende impossibile comprendere la macrostruttura di un'opera. Proprio per questo motivo, e cioè per avere individuato certi elementi che dovrebbero rappresentare "l'anima" di Zelda, e per essersi concentrati solo su di essi, Skyward Sword è diventato un titolo maniacale, in cui tutto, ogni singolo oggetto, è inserito perché ricco di significato. Tentiamo di porre la questione in modo più semplice: Fujibayashi, direttore del progetto, è anche l'autore della miniserie Oracle of Ages/Seasons, oltre che di Minish Cap. Dei giochi, esattamente come Skyward Sword, in cui c'è sempre qualcosa da fare, o meglio, da risolvere: dei dungeon continui, senza soluzione di continuità.

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Non c'è mai tregua, o un attimo di respiro, se non nella città centrale (altro punto di contatto con Minish Cap) che funge da "locanda" tra una sezione e l'altra. Ma che cos'era Zelda in origine? Era un'avventura, era esplorazione. Link era un eroe che via via diventava abbastanza forte da affrontare il selvaggio mondo che lo attorniava: certo, la qualità dei dettagli e dell'interazione differenziavamo il gioco dai (successivi) suoi simili, ma non erano le fondamenta del progetto. Erano una conseguenza. E un'enorme differenza tra Skyward Sword e i "veri" Zelda, quelli che ne hanno alimentato il mito, ad esempio il primo e Ocarina of Time, è la natura duale del mondo. Non parliamo delle dicotomie fornite da Dark e Light World, attenzione: ci riferiamo al DNA stesso dell'ambientazione, in ogni suo centimetro. Se prima di poteva attaccare un nemico a testa bassa, adesso c'è un modo corretto e uno scorretto di farlo: da qualche anno a questa parte ogni elemento è divenuto un enigma da risolvere, e Skyward Sword estende questa mentalità anche ai combattimenti. Ed è evidente quanto e come questo approccio mini l'esplorazione: non esiste un burrone privo di significato, ogni mossa viene inserita in un contesto di giusto/sbagliato, anche fuori dai dungeon o si avanza o si resta fermi. Oltre a limitare la sensazione di sentirsi in pericolo, oltre a creare dei codici meta-videoludici con cui l'immedesimazione deve continuamente fare i conti, una scelta di questo tipo devasta la rigiocabilità di un'avventura: la conseguenza più pericolosa della dualità è proprio la scissione del mondo in soluzione e in quello che soluzione non è, in esatto ed errato. Senza sfumature.

Mondo su misura

La distinzione più clamorosa tra questo ultimo Zelda e gli altri, l'ingrediente che più di tutti separa Skyward Sword dallo spirito della saga a cui appartiene, quello che più di ogni altro l'ha allontanato dal grande pubblico... è il mondo di gioco. Non parliamo della struttura tripartita delle aree, né del vituperato cielo-collante: intendiamo proprio il design di Hyrule. Chiariamo: Skyward Sword è solo un punto di arrivo. Da Ocarina of Time in poi questo processo è andato avanti, silente ma costante, fino a deflagare in questo episodio, anche in reazione al "vuoto" Twilight Princess. Nessuna Hyrule prima di questa era stata così tanto a misura di Link.

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Un po' come in Metroid, ogni albero, rilievo o sporgenza è stata creata per essere utilizzata, o per mascherare qualcos'altro. EAD stavolta non solo ha deciso cosa dovete fare, ma anche quando e come farlo - più che affrontare un mondo ostile, si passa da un'attrazione da Luna Park all'altra. Se non dovete andare in un luogo, semplicemente non potete. Si arriva in una determinata area solo nei modi e nei tempi previsti dagli sviluppatori: è un'estensione globalizzante della volontà di curare i dettagli. Attenzione, ribadiamo - contraddicendoci - quanto detto all'inizio: non è tanto un problema di Skyward Sword - anche Metroid spesso funziona così - quanto di quest'opera intesa come un tassello del mosaico di Zelda. Impossibile sentirsi esploratori, avventurieri se sappiamo che qualcuno ha previsto quello che stiamo facendo nei minimi particolari, impossibile, purtroppo, sentirsi persi. Persi come lo eravamo all'inizio di The Legend of Zelda, persi come appena entrati nel Dark World, persi come quando Link ha abbandonato le mura del Villaggio Kokiri per addentrarsi in un mondo più grande. La scoperta non è propria di Skyward Sword, jingle zeldiano o meno, proprio perché si ha la costante sensazione che qualcuno voglia che ci troviamo lì, e che facciamo una determinata cosa esattamente in quel preciso momento.

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Non c'è l'ossessione di migliorare per raggiungere i sentieri più impervi, certi che ci arriveremo solo quando saremo pronti. C'è l'orrenda certezza - orrenda in un'avventura - di essere sempre al momento giusto nel posto giusto. Non si incontrano degli orchi che tolgono quattro cuori quando se ne hanno tre, non si finisce dentro al quinto dungeon quando si hanno a malapena le armi per affrontare il primo: e se questo vi sembra assurdo, sappiate che in The Legend of Zelda, il primo, accadeva. Eccome. E accadeva anche in Ocarina of Time, anche se in misura minore. Come detto prima, è possibile che Nintendo, non volendo impoverire l'interazione, si sia imposta di erigere una struttura del genere. Ma non è possibile scaricare tutte le responsabilità sul Wii: Minecraft è rozzo e grezzo nel combattimento, ha delle collisioni risibili se paragonate a Zelda... eppure Minecraft è capace di estraniare il giocatore dal mondo che genera, come Zelda, purtroppo, non fa più da tanti anni. Quando cala la notte, in Minecraft bisogna prepararsi ad affrontarla. Siamo noi che dobbiamo prepararci al mondo, non è il mondo che si prepara per noi.

Proprio su questo concetto probabilmente si giocherà il futuro della più nobile serie Nintendo. Potrà continuare a essere il villaggio turistico più attraente e raffinato del mondo, oppure potrà tornare a essere una caverna. Da esplorare, al buio. Con una lanterna in mano.

Leggi la prima parte dello speciale!