Fondata nel 2010 da Shinji Mikami, ex sviluppatore Capcom e padre del famosissimo Resident Evil, la software house Tango Gameworks si era preposta fin da subito un obiettivo molto particolare: addestrare gli sviluppatori emergenti e dar loro la possibilità di esprimersi.
L'idea nasceva da una riflessione di Mikami stesso, all'epoca quarantaquattrenne: "a quarant'anni non si è più in sintonia con la gente che ti compra i giochi e quando sei giovane non se ne sa abbastanza di come funziona quest'industria", aveva detto. "A trentanni, invece, l'equilibrio è perfetto: si hanno l'energia e la giusta dose di ego per concentrarsi sui propri progetti senza farsi distrarre e si ha anche l'esperienza necessaria a gestire un business". Tango Gameworks avrebbe incontrato fin da subito dei problemi economici, risolti soltanto grazie all'acquisizione da parte di ZeniMax Media, la stessa proprietaria di Bethesda Softworks. I suoi nuovi capi volevano che Tango Gameworks sfornasse subito un titolo tripla A, d'altra parte Mikami aveva lasciato Capcom proprio per avere maggior libertà creativa e distanziarsi dalla piega che Resident Evil aveva preso dopo il quarto capitolo e che a lui non piaceva affatto...
Il creatore di Resident Evil vuole riportare il genere survival horror agli antichi fasti: ci riuscirà?
This ain't Bio Hazard
In realtà la deriva action di Resident Evil non ha disturbato soltanto Shinji Mikami ma anche i fan più sfegatati del brand che da un episodio all'altro sono passati dalle munizioni contate alle raffiche di mitra in libertà. "Il primo Resident Evil era un horror piuttosto equilibrato, ma sequel dopo sequel la serie è diventata sempre più action-oriented", commenta Mikami, considerato uno dei principali padri del survival horror moderno.
"Voglio tornare al concetto originale di survival horror e farlo diventare ancora più spaventoso", promette lo sviluppatore nipponico. È un'affermazione curiosa, perché in realtà Mikami aveva chiuso con l'horror poco dopo Resident Evil 4, concentrando la sua creatività sui progetti più disparati, dall'eccentrico picchiaduro a scorrimento God Hand al più recente sparatutto Vanquish, passando per Killer7 e Shadows of the Damned. Poco prima di essere acquisita da ZeniMax Studio, Tango Gameworks aveva cominciato a progettare un action-game dal nome in codice Zwei con protagonisti due cacciatori di vampiri legati l'uno all'altra da una catena. "Il problema era che i vampiri non andavano più di moda, e i miei capi insistevano perché ne facessi un survival horror... e così, eccomi qua", rivela Mikami, tornato quindi al timone di un gioco horror con la ferrea intenzione di riscrivere le regole del genere. Laddove brand come lo stesso Resident Evil o Dead Space hanno virato verso l'action, The Evil Within tornerà alle origini. "È un nuovo franchise e nessuno conosce questo universo", precisa Mikami. "Se fosse stato un sequel, i giocatori avrebbero già capito come funzionava il suo universo e ne sarebbero stati molto meno sorpresi".
Una velata critica alla sequelizzazione, insomma, che secondo Mikami è la principale colpevole dell'appiattimento del genere - anzi, dei generi - e della morte della suspense. La sfida per il team di sviluppo sarà comunque tutt'altro che facile, ammette il direttore di Tango Gameworks. "La paura si suscita sempre allo stesso modo", dice, "ma i giocatori ormai si sono abituati ai cliché dei giochi horror e sanno cosa aspettarsi, perciò in un certo senso sarà molto più difficile". L'atmosfera, da questo punto di vista, sarà assolutamente fondamentale. Secondo Mikami le sensazioni suscitate nei giocatori sono centrali in ogni esperienza videoludica che si rispetti: si possono inventare nuovi mostri, nuove situazioni e nuove trappole, ma è l'atmosfera che continua a farla da padrone e a tenere in scacco il giocatore. Ecco perché The Evil Within comincia in un ospedale psichiatrico, nel mondo reale: "è un dettaglio molto importante", osserva Mikami, "perché in questo modo non si capisce se quello che succede sia reale oppure no. Un po' come in quel film, The Ring. Il giocatore deve sentirsi perduto, in balia degli eventi". Il che implica che deve anche essere indifeso, eh? "Voglio essere chiaro: in The Evil Withing si correrà. Tantissimo". Mikami è lapidale: "vogliamo spaventarvi da morire".
La paura fa novanta
Il protagonista di The Evil Within si chiamerà Sebastian Castellanos e si troverà alle prese con un orribile delitto: chiamato a indagare sulla scena del crimine, un ospedale psichiatrico, insieme ai suoi colleghi Joseph e Julie, Sebastian assisterà impotente al massacro delle forze di polizia. È solo la punta dell'iceberg, perché Sebastian perderà i sensi e, al suo risveglio, si troverà catapultato in un modo pieno di mostri e creature da incubo e dovrà fare affidamento sul suo coraggio e sulla sua astuzia per scoprire cosa stia succedendo e portare in salvo la propria pelle. Fortunatamente, Sebastian potrà contare sulla sua pistola d'ordinanza... il problema, più che altro, sarà trovare i proiettili! "La penuria di risorse è uno dei temi principali del gameplay", spiega Mikami. "I giocatori troveranno in giro ben poche armi e ancora meno munizioni".
Sembra proprio che si voglia tornare agli antichi fasti di Resident Evil e dello slalom tra gli zombie, delle fughe a perdifiato nei corridoi infestati con un paio di colpi in canna e l'ansia di conservarli per quando potrebbero servire davvero. "Abbiamo inserito delle armi da fuoco, ma nulla di particolarmente elaborato perché vogliamo rimanere ancorati alla tradizione. In compenso ci sono delle trappole di vario tipo che possono essere disarmate e rivolte contro i nemici", chiarisce il direttore. Anche l'ambiente farà la sua parte, per esempio si potrà dare fuoco ai nemici per rallentarli o ferirli e risparmiare munizioni. Messa così, parrebbe proprio che The Evil Within non dia un attimo di tregua al giocatore, ma la realtà a quanto pare è ben diversa. "L'equilibrio è molto importante", dice Mikami, "perciò abbiamo disegnato delle aree pericolosissime in cui non ci si sente mai al sicuro e delle aree un po' meno frequenti in cui ci si può rilassare". Del resto, torniamo al discorso di prima: se il giocatore sa di doversi aspettare un problema in ogni stanza, ben presto la tensione scema e la paura diventa prevedibile. Siamo piuttosto convinti che Mikami saprà dosare il gioco per farci saltare sulla sedia al momento giusto. Anche il fatto che Sebastian si troverà da solo per la maggior parte del tempo influisce sull'atmosfera: "abbiamo voluto creare un personaggio realistico", spiega Mikami, "perciò Sebastian è in grado di lottare contro i suoi nemici ma non è poi così forte". Ragion per cui The Evil Within giocherà sul contrasto tra le sequenze in cui è da solo e quelle in cui lo accompagnano i suoi comprimari. "Per sviluppare una storia servono dei personaggi, ma questi faranno avanti e indietro. Se si vuole spaventare il giocatore, bisogna innanzitutto farlo sentire da solo. E infatti Sebastian sarà quasi sempre abbandonato a sé stesso". E qui si torna a parlare di atmosfera e, anzi, del modo in cui viene rappresentata sullo schermo. Mikami ha detto di essere entusiasta delle console di nuova generazione e di come permettono di concentrarsi sui dettagli: "i particolari sono importantissimi in un gioco horror, anche se ambientato in un mondo fittizio, perché deve essere realistico e convincere il giocatore che possa esistere davvero". Mikami sostiene di essere rimasto particolarmente colpito dalle possibilità offerte dai nuovi sistemi di illuminazione che, finalmente, hanno consentito al team di esprimere al massimo le proprie idee laddove, in passato, non era stato possibile. "Alla fine, comunque, sono gli sviluppatori che fanno la qualità tecnica dei giochi e la domanda di bravi sviluppatori sembra aumentare con l'evoluzione degli hardware", riflette Shinji Mikami. "L'illuminazione, il numero dei poligoni, la risoluzione e le espressioni facciali sono tutte capacità cruciali quando si vuole creare l'atmosfera giusta". Con tutta l'enfasi riposta sulle sensazioni di paura e di solitudine del giocatore, The Evil Within sembra proprio tentare quel dietrofront di cui ha bisogno il genere dei survival horror per tornare a stupire davvero i suoi fan. Da questo punto di vista, Mikami sembra avere le idee chiarissime e tutti gli strumenti per concretizzarle.