Per capire da dove viene l'atmosfera urbana e allo stesso tempo onirica di Skate Story, fatta di strutture e persone che sembrano di vetro, di luci che rimbalzano riflettendosi su ogni superficie e di musica synthwave che scivola via come l'asfalto sotto le ruote dello skateboard, bisogna partire da Sam Eng. D'altronde questo videogioco lo mette subito in chiaro, già nel sottotitolo: "A game by Sam Eng", legandolo indissolubilmente al suo autore. Immaginatelo mentre sfreccia sullo skate, a New York, dopo il crepuscolo. Le facciate a specchio dei grattacieli riflettono la notte. Nelle orecchie ha i Blood Cultures, lo stesso gruppo che curerà la colonna sonora del suo videogioco. Sta pensando alla sensazione di velocità, al vento che gli scompiglia i lunghi capelli. Il mondo sembra di vetro.
Ecco, Skate Story nasce proprio dal modo di intendere la tavola da skate di Eng. Non solo un mezzo di trasporto, ma uno strumento attraverso cui raggiungere un certo stato mentale. Lo si capisce sin dalla prima volta che le ruote toccano l'asfalto, in questa strana avventura che è anche un videogioco sportivo fatto di trick e combo che infliggono danni agli avversari: una cosa così strana può venirti in mente solo quando sei lanciato a piena velocità e inali grandi boccate d'ossigeno. Mentre il diavolo ti corteggia e hai davanti a te solo la luna a illuminare il percorso. Tutto assume i contorni sfumati di un sogno.
Devolver Digital si interessò al videogioco, presentandolo già nel lontano 2022. La sua estetica era già unica: riflettente, un mondo di superfici lisce e fragili che, nonostante questo, sceglievano di percorrere la strada su quattro ruote. Il rischio concreto di cadere e frantumarsi. Gli mancava tutta quella superficie street tipica dei videogiochi di skate: l'estetica, invece, era postmoderna, sembrava uscita da una VHS degli anni '90. Non a caso si è parlato a lungo di un vaporware, mentre gli anni passavano e il titolo non vedeva la luce. Un videogioco fantasma, e alla fine è uscito. E in effetti parla di un fantasma.
Il diavolo presenta
Quando si parte, il cicerone di Skate Story cambia improvvisamente. Non è più Sam Eng a raccontare ciò che succede all'interno del videogioco, ma il diavolo, Lucifero. In effetti è da lui che parte la proposta fatta al fantasma protagonista, al demone che si trova all'inferno: se riuscirai ad arrivare sulla luna e a mangiarla, sarai libero di tornare nel mondo dei vivi. Il che sarebbe una duplice liberazione, perché nell'aldilà i demoni non riescono a riposare, abbagliati dalla luce della luna. Come raggiungere il satellite terrestre? A piedi sarebbe troppo difficile per il nostro protagonista, che il gioco stesso descrive come "un demone di vetro e dolore". La proposta del signore degli inferi è un vecchio skateboard.
Si apre allora un portale che collega l'aldilà con il mondo dei vivi. Il demone sale sulla tavola e a stento riesce a starci in piedi. Le prime lezioni gli insegnano a saltare, e poi subito dentro la porta di luce che lo trascina in città, di notte. Presumibilmente siamo a New York, perché Sam Eng ha dichiarato spesso che casa sua è stata la più grande ispirazione estetica per il videogioco. Ma è solo un breve assaggio dell'aria fresca della notte. Il portale successivo ci trascina ancora all'inferno, e poi in una città sotterranea, in lavanderie infernali addette al lavaggio dei panni del diavolo, in gioiellerie gestite da pinguini turbocapitalisti. Questo è l'inferno di Sam Eng: uno spazio urbano extradimensionale abitato da enormi teste di filosofi greci e animaletti che gestiscono attività commerciali molto, troppo umane. Tutto resta una suggestione, allucinatoria, come quelle dei sogni febbrili. La storia sembra quasi una rilettura della fiaba di Pinocchio: se il nostro demone vuole diventare un bambino vero, deve arrivare sulla luna, e poi mangiarla in un sol boccone.
Anima di vetro
Una volta piantati i piedi sulla tavola e imparati i trick di base, assaggiata l'aria della libertà, Skate Story sfodera subito la sua stramba struttura di avventura che mescola diversi generi e diverse trovate all'interno di un titolo che non è sempre semplice intuire. Inizialmente ci si bea del modello di guida dello skate, del senso di velocità tangibile e della morbidissima colonna sonora mentre si passa da un portale all'altro in una sorta di corsa a ostacoli. Bisogna semplicemente evitare di cadere a terra (altrimenti il nostro va letteralmente in frantumi, essendo fatto di vetro) e centrare un portale dopo l'altro. Verrebbe quasi da pensare che Skate Story si esaurisca lì: una serie di piste da completare nel tempo massimo, prima che i portali si chiudano.
Poi, però, scopriamo che quei passaggi ci portano in un'area più grande, dove la testa parlante di una statua ci spiega che dovremo superare un esame prima di proseguire il percorso fino alla luna. Ecco allora un'altra anima del videogioco, quella più propriamente adventure: ci vengono assegnate piccole missioni che spesso hanno come obiettivo quello di interagire con gli strani abitanti degli inferi, di procurare loro un oggetto in particolare, di superare delle sfide e tornare da loro per comunicarglielo.
Per esempio, in un momento centrale dell'avventura, ci viene dato il compito di portare al diavolo la biancheria appena lavata. Una lavanderia infernale ci affida il fagotto, ma la veste è ancora bagnata. Per farla asciugare in tempo, ci tocca fare grinding sui muretti con il nostro skate, raggiungendo una certa velocità. In un'altra occasione, bisogna infiltrarsi all'interno di un museo per rubare un prezioso gioiello da scambiare con una gustosa luna violetta. Questi siparietti hanno sempre a che fare con personaggi esagerati e decisamente sopra le righe: un piccione giornalista, per il quale dobbiamo recuperare delle lettere all'interno del livello; il fantasma di un teschio che ha rubato le cesoie del fioraio locale.
Ma non è nemmeno qui che si esaurisce Skate Story. Il demone si trova ad affrontare sfide differenti: quelle più classiche ci chiedono di raggiungere un certo punteggio in un tempo massimo, altre invece sono simili a scontri coi boss. In questi frangenti vanno impilate combo su combo, ricorrendo ad acrobazie sempre più complesse, ed eseguire poi una schiacciata a terra, uno "stomp", che infligge all'avversario un quantitativo di danni pari al punteggio accumulato senza cadere. Il tutto sempre con la condanna del tempo limite sulla testa, la cui tensione è però ammorbidita dalla splendida colonna sonora curata proprio dai Blood Cultures. Sonorità che vanno dal jazz fino al metal, coccolando le orecchie in un'atmosfera surreale, imprimendo con forza carattere a ogni momento. A volte sembra quasi di trovarsi in un musical.
Attraverso lo specchio
Sembra quasi che Skate Story voglia sfuggire a qualsiasi definizione: non è (solo) un videogioco di skate, non è un videogioco d'avventura, non si fanno gare, le corse sono una piccola parte dell'intero, imparare i trick è utile, sì, ma poi non così fondamentale per proseguire. È un po' come fosse il riflesso di quel personaggio che controlliamo: di vetro, trasparente, puoi vederci attraverso, ma tutto appare distorto. È difficile leggere attraverso lo specchio. Per buona parte dell'avventura, quel che si fa sembra così facile da non rappresentare mai una sfida: puoi impilare un'acrobazia dietro l'altra senza tanta paura di cadere e farti male, per esempio. Quando si salta c'è una tempistica da rispettare per atterrare perfettamente, ma anche mancandola non succede nulla; semplicemente si prendono meno punti. E nel caso in cui non si riesca a superare un percorso sulla tavola, puoi perfino scendere e proseguire a piedi.
Ci sono altri frangenti, invece, in cui le cose si fanno più complesse, e sono anche quelli dove vengono fuori i limiti del videogioco con maggiore chiarezza. Nelle sezioni avanzate a volte ti viene chiesto di eseguire dei trick in un ordine ben preciso e, sebbene non ce ne siano moltissimi, avremmo gradito una lista per consultare rapidamente i tasti e le combinazioni per effettuarli. Eseguire un nollie, per esempio, ti viene spiegato solo durante il tutorial, ma poi non ti trovi quasi mai a farlo, e ricordarsi il tasto necessario nel bel mezzo di una sequenza è un terno al lotto. Lo stesso vale per i trick più complessi, per i quali è facile dimenticare la combinazione di tasti necessaria. Anche la telecamera che Sam Eng ha scelto per enfatizzare il senso di velocità - e in questo riesce magnificamente - ha un'angolazione tale da far risaltare le ruote dello skate, ma taglia la visuale di ciò che si trova di fronte al demone. Il che può anche funzionare, ma diventa un problema quando sei lanciato a massima velocità in un percorso dove un gradino rischia di mandare in frantumi il demone e di farti perdere secondi preziosi.
C'è inoltre tutta una parte dedicata alla personalizzazione dello skateboard, che permette di scegliere il fondo della tavola, le ruote e perfino gli sticker da applicarci sopra, che però non diventa mai importante. Anzi, per quanto ci riguarda, ce ne siamo quasi dimenticati fino a quando non abbiamo incrociato per caso un negozio che vendeva componenti estetiche. Il fondo che abbiamo scelto (Decagon, un demone che sembrava uscito da un racconto di Lovecraft) è poi sparito per qualche bug, e abbiamo deciso di tirare dritto fino alla fine con una tavola nera, senza indagare troppo. Questa storia fa il paio con qualche altro errore che abbiamo trovato giocando: pareti che ci hanno fatto scivolare fuori dalla mappa, collisioni che facevano impazzire la fisica dello skate. Ecco, il nostro demone probabilmente ha bisogno ancora di una bella lucidata prima di splendere come il figurino di vetro che è.
Conclusioni
Skate Story è un'esperienza sensoriale ammaliante, che Sam Eng ha voluto ricreare pensando alle sue serate passate in una New York notturna, con le cuffie nelle orecchie e la tavola da skate sotto i piedi. È una storia bizzarra, fatta di demoni di vetro, di conigli parlanti e pinguini capitalisti, un epico viaggio fino alla luna. Definirlo è un'impresa: a volte è un'avventura, a volte è uno sportivo, capita persino di utilizzare la tavola come un'arma contro dei boss. Tutto è originale, anche se a volte la narrazione così sospesa non è abbastanza forte da catturare l'attenzione del giocatore. Si sarebbe potuto pensare inoltre a un modo per valorizzare di più la personalizzazione della tavola, e alcune scelte come la telecamera sono più estetiche che funzionali, ma Skate Story resta un'esperienza affascinante. Una storia sullo skateboard non solo come mezzo di trasporto, ma come strumento di riscatto, vita e speranza.
PRO
- Meraviglioso accompagnamento sonoro dei Blood Cultures
- Visivamente è originale, con un carattere unico
- L'idea di utilizzare i trick come arma durante gli scontri coi boss
CONTRO
- Un accesso veloce ai comandi dei trick non avrebbe guastato
- La telecamera cinematografica è bella, ma è difficile vedere davanti a sé
- Ancora un po' sporco, con qualche bug da risolvere