Quando si parla di Aliens le citazioni si sprecano. Non sappiamo quante volte abbiamo scritto, letto o sentito le battute storiche di Ripley, Hudson, Hicks e Apone, "Escono dalle fottute pareti", "Sei troppo troppa", e così via: potremmo scriverci un libro.
Qualcuno probabilmente l'ha fatto. Di sicuro qualcuno ci ha sviluppato sopra dei videogiochi. Ecco, questo potrebbe essere il problema di Aliens, dato che la sua popolarità l'ha trasformato nella proverbiale gallina dalle uova d'oro, nonostante il capostipite, il film di Ridley Scott che ha dato i natali a una delle più famose e influenti saghe di fantascienza nella storia del cinema, fosse decisamente diverso sia come atmosfera sia come narrazione. Non per caso in molti lo reputano nettamente superiore al più "action-oriented" film di James Cameron, divertentissimo ma anche caciarone se contrapposto al thriller claustrofobico originale. Ragion per cui, la maggior parte dei tie-in e gli spin-off si sono concentrati su Aliens e sulla lotta senza quartiere agli xenomorfi, condotta a colpi di mitragliatori e granate incendiarie. Dopo il flop di Aliens: Colonial Marines le speranze di vedere qualcosa di valido si sono assottigliate al punto che l'annuncio di Alien: Isolation è stato accolto inizialmente con non poco scetticismo. Eppure The Creative Assembly potrebbe riuscire dove molti altri hanno fallito...
Sembra proprio che Alien: Isolation sia il tie-in che i fan dello xenomorfo aspettavano da anni
Puro DNA alieno
I problemi di Colonial Marines hanno avuto un risvolto positivo sullo sviluppo di Isolation, dato che hanno fornito ai ragazzi di The Creative Assembly non pochi spunti per migliorare il loro progetto. "Abbiamo letto i pareri dei giocatori sui vari forum e abbiamo scoperto che si parlava un sacco del nostro titolo", racconta il producer Johnathan Court con una punta di orgoglio.
"A quanto pare è proprio il genere di gioco che i fan aspettavano da tanto tempo e che nessuno aveva mai pensato di sviluppare". Questo perché Alien: Isolation non è un action game né uno sparatutto in prima persona, ma un vero e proprio survival horror che vuole ridare allo xenomorfo il ruolo che gli spetta: quello del cacciatore. "Stiamo trattando l'alieni in modo molto diverso rispetto ai giochi su Alien che sono stati realizzati prima di Isolation, come una vera e propria minaccia e non come la carne da cannone che è diventato col passare degli anni". Ed ecco a cosa ci riferivamo nell'introduzione. Okay, l'alieno incute sempre un certo timore con quelle sue belle bocche a matriosca e l'acido concentrato al posto del sangue, ma giocando a Colonial Marines - o a qualunque altro tie-in venuto prima di esso - se ne trucidano così tanti che a un certo punto smettono di fare paura e diventano semplici "minion" da sterminare mentre ci si sposta dal punto A al punto B. Che poi funziona così in questo genere di videogiochi, chiaro, ma stiamo parlando dello stramaledetto xenomorfo, non di un demone a caso di Doom. "Insomma, Alien e survival horror sono due cose che dovrebbero andare a braccetto", sottolinea il lead designer Clive Lindop. "Eppure nessuno ci ha mai pensato, perché sarebbe un gioco maledettamente difficile da realizzare. È molto più semplice costruire un theme park scriptato dove ogni spavento succede in un momento prestabilito. Quello che stiamo facendo noi con il nostro alieno sistematico è molto più rischioso". Facciamo chiarezza per chi si fosse collegato soltanto adesso: in Isolation l'intelligenza artificiale dell'alieno è stata progettata perché dia costantemente la caccia al giocatore seguendone i suoni e l'odore e rispettando una serie di codici comportamentali che si sbloccano progressivamente e creano l'illusione che lo xenomorfo impari da ogni incontro con le sue prede.
È un approccio decisamente originale e interessante che getta nuova luce sul tipo di tie-in che Isolation vuole essere: una specie di via di mezzo tra il primo e il secondo film. "Abbiamo scelto la natura degli xenomorfi che si sono visti in Aliens. I nostri alieni sono letali, veloci, agili e pericolosissimi", spiega Lindop. "La gente li conosce così ma nessuno saprà cosa aspettarsi perché nei videogiochi si buttano sempre a capofitto sui giocatori e si fanno ammazzare. Nel primo film, invece, l'alieno non si muoveva poi molto ed era l'equipaggio della Nostromo a imbattersi in esso". Il che comporta un problema, perché c'è un limite alle sorprese e agli spaventi che si possono inventare partendo da un solo concetto. Fortunatamente non è solo sull'alieno che si basa l'atmosfera di Alien: Isolation. "In questa storia il giocatore deve raggiungere una serie di obiettivi ben precisi, ma man mano che prosegue le cose si metteranno sempre peggio", anticipa Court. "Abbiamo costellato la trama di misteri perché, in pratica, in un gioco del genere la cosa che più fa effetto è l'ignoto". The Creative Assembly vuole giocare più sul "come" che sul "cosa", a quanto pare. I fan ritroveranno tutti gli elementi salienti del franchise: le uova, i "facehugger", la bava scolata sui pavimenti... ma la situazione non ruoterà intorno a cosa siano, dato che lo sanno tutti, ma a come siano arrivati lì. Del resto nessuno dei personaggi nella trama ha mai avuto a che fare con uno xenomorfo, ed è su questo contrasto tra l'esperienza del giocatore e l'ignoranza dei protagonisti che lo sviluppatore inglese ha imbastito il suo codice.
La figliol prodiga
La cronistoria di Alien, tra film e spin-off, è sempre stata abbastanza complicata, soprattutto dopo che Ridley Scott si è inventato quella simpatica scenetta post-credits alla fine del suo recente sci-fi Prometheus. E non parliamo dei vari Alien Vs. Predator, che è meglio. Aliens: Colonial Marines ha gettato ulteriore benzina sul fuoco perché 20th Century Fox ha affermato che la sua storia era da considerarsi ufficiale, nonostante le varie discrepanze nei confronti dei primi tre film e l'acrobatico retcon che ha riportato in scena Hicks.
Il rischio che Alien: Isolation possa far storcere il naso ai puristi è concreto, ma The Creative Assembly ha scelto un compromesso accettabile dato che il gioco è ambientato quindici anni dopo Alien e quarantadue prima del sequel e la protagonista, Amanda Ripley, non è una creazione inedita. "Ci siamo attenuti a una semplice regola: nei film qualcosa c'è oppure non c'è, e se nei film non c'è significa che i giocatori non sapranno cosa aspettarsi persino quando si parla di Amanda", precisa Lindop. "Ellen la menziona nella versione Director's Cut di Aliens, perciò nei film esiste". Nel gioco, Amanda sta indagando sulla scomparsa di sua madre Ellen e questo la porta sulla stazione spaziale Sevastopol alla ricerca dell'astronave Nostromo. "Abbiamo fatto tantissime ricerche proprio perché lavoriamo a stretto contatto con le fonti originali", rivela Court. "Alla fine si viene inghiottiti da tutti quei dettagli e si diventa un esperti, arrivando persino a capire cosa avrebbe voluto essere Alien³". Il rischio, però, è di finire con lo scrivere una storia eccessivamente oscura per chi non conosce bene il franchise. "Ecco perché abbiamo voluto rispettare la purezza della sceneggiatura del primo film: era molto semplice, e questo è importante perché non rispondeva a tutte le domande e a volte è meglio non farlo". Tutti questi propositi dal punto di vista della narrazione, però, devono applicarsi a un videogioco che è, di fatto, sopratutto interazione. The Creative Assembly sembra avere le idee chiare anche su quello, considerando che Alien è un po' un caposaldo del genere survival horror in sé e per sé. "Il fatto che tantissimi fan discutessero sul perché nessuno si era ancora inventato un survival horror basato su Alien ci ha stampato un bel sorriso sul volto, dato che stavamo facendo proprio quello", ammette Court come a dire che il team si sente sulla strada giusta. Secondo il producer il trucco sta tutto nel ritmo e nella tensione e se si riescono a bilanciare si ottiene un silenzio che fa più paura dell'azione vera e propria, come succedeva nel primo film. Lo sapevate che in Alien lo xenomorfo appare soltanto per circa dodici minuti? Eppure la sua presenza domina quasi due ore di film. Ovviamente il gioco non sarà così breve, e nel frattempo bisognerà imparare e diventare bravi a sopravvivere.
"Man mano che l'avventura prosegue i giocatori si sentiranno sempre più sicuri", spiega Lindop. "Il problema è che alcuni trucchi e marchingegni avranno un uso limitato perché a un certo punto lo xenomorfo imparerà come aggirarli". Tuttavia non si arriverà al punto in cui Ripley imbraccia un fucile e comincia a maciullare alieni a destra e a manca. "Svalorizzerebbe tutti i nostri sforzi", afferma Court. "Questo gioco non è uno sparatutto. Sì, ci sono delle armi, ma non si va in giro a sparare ai nemici. I survival horror negli ultimi cinque anni sono diventati dei giochi d'azione pieni di scontri a fuoco, ma noi vogliamo tornare alle origini, ai survival horror in cui l'obiettivo era appunto sopravvivere". Alla fine del gioco, l'essere riusciti a sopravvivere sembrerà una vittoria solo se l'alieno ha rappresentato un vero pericolo per tutto il tempo, insomma. "Il primo e il secondo film della serie esprimono un concetto molto chiaro: la tecnologia non può salvarvi. È inutile farvi affidamento. La stessa regola vale anche in Alien: Isolation, perché le vere armi del giocatore saranno i suoi istinti". Detto questo, è chiaro che i ragazzi di The Creative Assembly hanno compreso pienamente quello che ha reso tanto speciali i leggendari film cui si sono ispirati. Resta da scoprire se il loro gioco manterrà ogni promessa, proponendo ai fan un'esperienza memorabile... o l'ennesimo tie-in da dimenticare.