Immaginate di tornare a casa la sera, mettervi comodi, cenare e poi riprendere in mano il cellulare utilizzato durante il giorno, inserirlo all'interno di un caschetto per la realtà virtuale e assistere all'ultima performance live dei Cold Play. Siete seduti sul divano ma potete guardarvi attorno all'interno della location dove il gruppo si sta esibendo, vedete Chris Martin cantare e la gente attorno a lui muoversi al tempo della sua performance. Fa ancora impressione descrivere una situazione del genere eppure non è una fantasiosa anticipazione di un futuro lontano né di un progresso tecnologico alle porte, è quello che si può già fare oggi. Samsung ha siglato un accordo con Oculus VR - e quindi con Facebook - per lanciare una sua versione del caschetto per la realtà virtuale, compatibile con il dispositivo top di gamma Galaxy Note 4. Abbiamo avuto modo di provarlo negli uffici italiani del colosso coreano, ricavandone impressioni contrastanti.
Samsung Gear VR è il frutto della collaborazione tra l'azienda coreana e Oculus VR
Primo contatto
Il Samsung Gear VR è concettualmente identico ad Oculus Rift, semplicemente per utilizzarlo bisogna incastrare il Galaxy Note 4 all'interno dello slot frontale del visore, assicurarlo all'ingresso e chiudere il coperchio di plastica che fa da protezione e rende anche più futuristico il look del dispositivo. Lo schermo dello smartphone viene quindi utilizzato per renderizzare le due immagini, una per occhio, necessarie per la resa stereoscopica tridimensionale mentre l'accelerometro interno al caschetto rileva i movimenti della testa ruotando di conseguenza la visuale. Tutto come già descritto in passato.
L'ergonomia è davvero buona e, nonostante il telefono montato internamente, il peso non è per nulla fastidioso e si può utilizzare per diverso tempo senza soffrire fastidi al collo. In generale la qualità costruttiva ci è sembrata valida; certo forse il coperchio di plastica frontale non è il massimo della vita, però da uno o due metri di distanza fa comunque la sua figura. Sull'estremità superiore del Samsung Gear VR è presente una rotella che permette di regolare la distanza delle lenti in modo da agevolare la visione anche a chi avesse problemi di vista, mentre sul lato destro sono presenti un piccolo touch pad, necessario alla navigazione, e il tasto fisico "indietro", molto utile perché è possibile che, soprattutto ai primi utilizzi, ci si trovi un po' spiazzati dall'esperienza immersiva della realtà virtuale. Il touch pad è una buonissima idea ma, nella versione provata, aveva qualche problema a rilevare i tocchi in modo preciso, imponendoci più di una volta di tornare sui nostri passi e ripetere la selezione. La risoluzione del pannello utilizzato è di 2560x1440, più alta rispetto a quella del secondo Development Kit di Oculus Rift, e in effetti la presenza dei pixel davanti agli occhi si nota in maniera minore. Ben inteso, ancora si vedono e non siamo nemmeno vicini al punto da poter considerare l'esperienza d'uso perfetta, però l'alta densità di pixel del Galaxy Note 4 è un passo in avanti importante. Piuttosto ci è sembrato che la resa cromatica e alcune imperfezioni nell'immagine lo distinguano, in negativo, dalla più recente versione di Oculus Rift, ma è una sensazione che andrebbe avvallata da un confronto diretto. Di certo l'assenza della telecamera frontale introdotta con la seconda release per gli sviluppatori dell'azienda acquisita da Facebook, rende la rilevazione dei movimenti meno raffinata e, in definitiva, limitata. Il tutto per 199 euro, anche se sullo store online di Samsung è disponibile un secondo pacchetto da 249 euro contenente anche il controller Bluetooth. Ci abbiamo giocato per alcuni minuti e, nonostante sia compatto e solido, non ne siamo rimasti molto soddisfatti: la croce direzionale è simile a quella del primo controller per l'originale Xbox, non particolarmente precisa, mentre i due analogici sono montati in modo da scorrere di lato anziché inclinarsi, una soluzione probabilmente necessaria per contenere l'ingombro ma non troppo appagante mentre si gioca.
Tante variabili
Inforcato il caschetto ci si ritrova davanti a un'interfaccia virtuale minimale ma efficace: una serie di pannelli quadrati e rettangolari - simili all'interfaccia di Windows 8 o a Steam Big Picture - mostrano le applicazioni e i contenuti più importanti a disposizione, mentre un indicatore ci permette di direzionare la vista nel punto desiderato e quindi renderne semplice la selezione. Senza togliersi il Gear VR è possibile accedere allo store condiviso da Oculus VR e Samsung, scaricare nuove applicazioni e ordinare quelle di cui già si dispone.
Mai in questi due anni abbiamo avuto un'esperienza con la realtà virtuale di più semplice e immediato utilizzo. Il problema, eventualmente, è legato alla quantità di contenuti disponibili. Ci sono filmati realizzati ad hoc, un paio di grossi nomi come i già citati Cold Play e il Cirque du Soleil, oltre ad una selezione di applicazioni anche interessanti, come il cinema per vedere i video caricati sul telefono all'interno di una sala virtuale, e alcuni giochi, ma non ci sono garanzie su una massiccia adozione da parte degli sviluppatori e, quindi, su un costante flusso di novità a disposizione nei mesi e negli anni a venire. In teoria l'equazione è semplice: più Samsung Gear VR ci saranno in circolazione, più app arriveranno nello store. Purtroppo i limiti intrinsechi all'esperimento, che richiede un telefono da 600 euro per funzionare oltre all'ulteriore esborso economico per mettersi in casa il visore, non ne renderanno semplice la diffusione e molto dipenderà dalla voglia dell'azienda coreana di investirci sopra nella speranza di sviluppi futuri positivi. Insomma il primo impatto con il Samsung Gear VR ci ha confermato come siamo ufficialmente nell'era della realtà virtuale alla portata di tutti, ma allo stesso tempo che l'esperienza d'uso non è sufficientemente rifinita e ricca da parlare ad un pubblico vastissimo. Resta per ora qualcosa di interessante per tutti coloro vogliono l'ultimo ritrovato tecnologico e sono disposti a scendere a compromessi, a rischiare. Attendiamo di poterlo provare estensivamente, più della mezz'ora abbondante concessaci, per trarre delle conclusioni approfondite.