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L'arte della guerra

Sovereignty: Crown of King prova a rendere accessibile la più complessa delle formule strategiche

PROVATO di Mattia Armani   —   04/05/2015

Una delle immagini più comuni del videogioco è quella di un rutilante vortice di azione e colori. Sovereignty: Crown of Kings, strategico a turni di stampo classico, rappresenta l'esatto opposto. La struttura è quella tipica dei grand strategy con una piacevole seppur ripetitiva colonna sonora medievale che ci accoglie in una mappa di gioco divisa in nazioni e province. Il taglio del comparto tecnico, in sostanza, è spartano, da gioco da tavolo d'annata, ma il look è curato e vivace, il tratto dei disegni morbido, le icone curate e l'interfaccia è molto chiara e di facile consultazione. Questo orientamento alla semplicità è uno degli elementi caratteristici del titolo pubblicato da Slitherine e coinvolge anche le meccaniche di gioco. L'upgrade di una provincia si effettua con un paio di click, l'addestramento delle unità è altrettanto intuitivo e quelle nuove, che possono essere acquistate al volo in caso di emergenza, possono essere accorpate direttamente alle armate. Non mancano fattori di stampo microgestionale come la percentuale di scontento di una data regione ma il titolo gestisce automaticamente questi aspetti lasciando a noi il compito di concentrarci sull'azione. E anche in questo caso le cose sono piuttosto intuitive.

L'arte della guerra

Le armate possono avere un massimo di venti unità e solo una può occupare o attaccare una provincia nemica. Ed è qui che scatta la seconda particolarità del titolo sviluppato da Gothic Labs e The Lordz Games Studio. Se l'armata coinvolta in un combattimento include un eroe possiamo scegliere se gestire direttamente la battaglia e a questo punto compare sullo schermo la mappa tattica della specifica provincia in cui avviene lo scontro. Il titolo, in sostanza, si trasforma in uno strategico a turni classico, cosa che ci consente di gestire le distanze dagli avversari e di concentrare il fuoco su una specifica unità nemica. La risoluzione automatica, obbligata se non ci sono eroi tra le nostre unità, è invece tutta nelle mani dell'intelligenza artificiale che compie i suoi calcoli in men che non si dica portandoci all'esito in un battito di ciglia. Ma come in tutti i titoli del genere l'intelligenza artificiale non è sempre affidabile e talvolta capita di perdere scontri che su carta sembrerebbero vinti in partenza. Risulta quindi consigliabile, soprattutto nelle battaglie più importanti, sfruttare un condottiero per prendere le redini dell'armata cosa che ci consente di sfruttare al meglio le capacità speciali in possesso di alcune unità e, cosa altrettanto importante, di utilizzare le spesso decisive abilità dell'eroe. A tutto questo, inoltre, si aggiungono gli incantesimi che possiamo imparare spendendo i punti acquisiti vincendo battaglie e occupando territori nemici. A questo punto è evidente la terza particolarità di questo titolo e questa particolarità riguarda l'ambientazione. A differenza della maggior parte dei grand strategy, Sovereignty: Crown of Kings è un fantasy che include draghi, potenti magie, influenze mistiche, orchi e via dicendo. Le fazioni sono ben trentacinque e sono tutte differenziate tra loro, incantesimi inclusi, con dieci unità uniche per ciascuna. Alcuni reami sono più legati alla nostra realtà storica, altri invece sono popolati quasi esclusivamente da creature mitiche, mostri e bestie magiche.

Sovereignty: Crown of King prova a dire la sua nell'affollato mondo dei grand strategy game

Grande strategia, piccolo sforzo

Oltre agli incantesimi ci sono altri modi per facilitare la propria ascesa verso un successo che prevede, ovviamente, il raggiungimento di specifici obiettivi. Questi sono di tipo militare e vanno dall'eliminazione di una specifica nazione nemica fino alla conquista di duecento province ma in questo caso sarebbe sconsigliabile entrare in guerra con tutti all'unisono. Ed è qui che entra in campo la componente diplomatica. Le alleanze possono determinare la nascita di fazioni pericolose per noi ma ci permettono anche di tenere a bada un vicino particolarmente forte mentre conquistiamo qualche provincia di quello più debole per allargare i nostri confini. Sulla carta si tratta di un'operazione banale ma all'atto pratico le cose sono decisamente più complesse. I rapporti diplomatici subiscono l'influenza di fattori come l'allineamento delle fazioni, le differenze razziali e l'aggressività dell'intelligenza artificiale che spesso si accanisce contro di noi creandoci non pochi problemi quando la fazione che abbiamo scelto non è tra le più forti. Un semplice patto, in sostanza, potrebbe durare molto poco e dichiarando guerra a un popolo benvoluto dai suoi vicini c'è il rischio di finire circondati da un sacco di gente incavolata. Per nostra fortuna ci sono anche le spie che ci consentono di manipolare i rapporti tra le fazioni e la disposizione di queste nei nostri confronti.

L'arte della guerra
L'arte della guerra

Anche in questo caso il menù di riferimento è semplice con la lista delle fazioni alle quali corrisponde un numero, fin troppo spesso negativo, che indica intensità e tipo di rapporto. Un click su una fazione ci porta alle azioni disponibili che includono, ovviamente, la dichiarazione di guerra. Il tutto, in sostanza, è estremamente intuitivo ma benché la componente microgestionale non sia particolarmente sviluppata non ci troviamo comunque di fronte a un gioco semplicistico. Stiamo comunque parlando di uno strategico da tabellone basato su un'economia poco generosa che non permette di perdere troppe unità o di scordarsi di difendere le proprie regioni. Le unità difensive costano poco ma non possono essere usate per invadere un territorio nemico che spesso è popolato da pericolose creature uniche. Per assoldarne di nostre è necessario avere accesso a specifiche risorse che sono legate a determinate regioni e questo significa che un'attenta pianificazione può garantire vantaggi notevoli al netto di reazioni sconsiderate dei vicini. Il bilanciamento, comunque, fa parte di quelle cose che gli sviluppatori devono ancora rifinire. L'Early Access di Sovereignty è a tutti gli effetti una beta e andrà incontro a cambiamenti importanti che coinvolgeranno anche funzioni e interfaccia. In ogni caso l'offerta è già ricca con tanto di tutorial curato e storyline differenziata per ogni fazione alle quali si contrappone però la mancanza della componente multigiocatore. Considerando che parliamo di uno strategico non si tratta di una lacuna da sottovalutare ma è probabile che l'assenza del multiplayer dipenda dall'estrema asimmetria delle forze in gioco e dobbiamo sottolineare che questa impostazione è uno degli elementi distintivi di un titolo che non può essere certo criticato per mancanza di contenuti. Tra incantesimi, eventi, risorse e unità uniche sono necessarie decine di ore di gioco per poter sviscerare l'intera esperienza e questo senza cercare per forza la massima sfida possibile. Questa comunque non manca con cinque livelli di difficoltà, l'ultimo dei quali è degno dei mastini da strategia più accaniti che possono contare anche sul modding. L'editor degli scenari, accessibile dal loader del gioco, è intuitivo e include sia un tool per le mappe strategiche sia uno dedicato specificatamente alle mappe di battaglia.

Conclusioni

Digital Delivery Steam
Prezzo 22,99 €
Multiplayer.it

Lettori (1)

3.9

Il tuo voto

PRO

  • Trentacinque fazioni ben differenziate tra loro
  • Accessibile ma non banale
  • Editor versatile e intuitivo
  • Miglioramenti importanti in vista

CONTRO

  • Niente multiplayer
  • L'intelligenza artificiale è ancora da rifinire
  • Gli amanti del micromanagement potrebbero restare delusi