Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.
Di giochi di ruolo, da quando esiste il marchio PlayStation, ne abbiamo visti davvero parecchi. Che siano stati capolavori indiscussi o semplici titoli buoni per trascorrere qualche ora di divertimento, questo genere non ha fatto certo sentire la sua mancanza sulle console di Sony, dove ha trovato una seconda casa dopo i fasti dell'epoca del Super Nintendo. Tra le serie più famose del periodo ce n'era una molto originale con la sua ambientazione a metà tra il western e il fantasy, le tematiche ecologiste e la colonna sonora che scimmiottava Sergio Leone. Il suo nome è Wild Arms, e proprio quest'anno festeggia il ventesimo anniversario del capostipite, uscito originariamente in Giappone nel 1996; un evento che potrebbe aprire le porte a qualche novità sull'argomento, visto che Akifumi Kaneko, creatore della serie, ha riferito recentemente di un meeting presso Sony Computer Entertainment a cui hanno preso parte altri autori di Wild Arms, come il compositore Michiko Naruke, il producer Kentaro Motomura e Taku Nishijima. Durante l'incontro tutti insieme avrebbero manifestato l'intenzione di fare qualcosa per ricordare il ventesimo anniversario, ma non è ancora chiaro cosa, anche se l'idea più affascinante, ovviamente, sarebbe la pubblicazione di un nuovo capitolo o un altro remake dell'originale. In attesa di novità in proposito abbiamo deciso di rinfrescarci e rinfrescarvi la memoria ripercorrendo velocemente la storia di una saga che dopo l'esordio si è sviluppata in cinque sequel realizzati in Giappone dal 1999 al 2007, ed è stata oggetto di adattamenti per cellulari, un manga, e un anime distribuito dalla ADV Films dal titolo Wild Arms: Twilight Venom.
Che fine ha fatto la serie di jRPG Wild Arms? La rivedremo mai sui nostri schermi?
Un West alternativo
Il primo Wild Arms, come detto prima, venne rilasciato su PlayStation nel 1996 e si rivelò subito un buon successo di critica e di pubblico grazie al suo stile classico e al fatto che fosse uno dei primi jRPG a vedere la luce sulla console targata Sony, che avrebbe poi ospitato quel capolavoro di Final fantasy VII solo qualche mese dopo. Il titolo, sviluppato in esclusiva per la piattaforma grigia da Media.Vision, era il tipico gioco di ruolo con visuale dall'alto, grafica bidimensionale e personaggi simpatici che dovevano esplorare un vasto mondo ricco di segreti, oggetti da raccogliere e combattimenti casuali da svolgere. Ma questi ultimi, rispetto ad altri prodotti analoghi del tempo, avvenivano in un ambiente 3D, coi personaggi rappresentati in uno stile super deformed, con la testa grossa rispetto al corpo.
Oltre ai tradizionali attacchi fisici e magici, e a tutte quelle azioni tipiche del genere, era possibile invocare i cosiddetti Guardian, delle entità ultraterrene che si manifestavano attraverso l'uso di oggetti chiamati rune, o far combattere da soli il party tramite un'apposita opzione. Wild Arms offriva inoltre una miriade di puzzle e mini-giochi, per risolvere i quali bisognava sfruttare alcune abilità peculiari per ciascun personaggio. Rudy, per esempio, era abile nell'uso delle Bombe, con le quali poteva far saltare in aria ostacoli altrimenti insormontabili, Cecilia poteva aprire delle porte bloccate da appositi sigilli tramite una speciale pietra, e così via, per un sistema che ricordava idealmente lo schema di The Legend of Zelda di Nintendo che prevedeva l'accesso a certe sezioni solo dopo che il protagonista, Link, acquisiva particolari strumenti. La storia si svolgeva nel mondo fittizio di Filgaia, vagamente simile al Vecchio West nord americano, dove un gruppo di avventurieri chiamati "Cacciatori di sogni" percorrevano il mondo in cerca di fortuna. I giocatori controllavano tre protagonisti, vale a dire i già citati Rudy, che aveva l'abilità di controllare delle potenti armi (ARMs) simili a pistole, dimenticate da un'antica civiltà, lo spadaccino Jack e la principessa Cecilia. Dopo un inizio separato, il loro destino si intrecciava a un certo punto con l'avvento di una antica razza di demoni che avevano come scopo la nascita della loro divinità chiamata "Madre" e la condanna eterna di Filgaia all'Oscurità. A conferma dell'apprezzamento del pubblico per questo episodio, nel 2005 il team di sviluppo realizzerà un remake per PlayStation 2 intitolato Wild Arms Alter Code: F, con diverse modifiche al comparto grafico e strutturale.
Steampunk
C'è una piccola regola non scritta nel mondo dell'intrattenimento secondo la quale il sequel di un'opera di successo sarà quasi sempre inferiore all'originale, ma vale comunque la pena farlo visto che male che vada può ottenere un iniziale successo di vendite grazie al traino del predecessore. Il secondo Wild Arms non sfuggì a questa "regola" e per certi aspetti fu una cocente delusione per i fan. Conosciuto in Giappone come Wild Arms: 2nd Ignition il titolo fu sviluppato nuovamente da Media.Vision, e pubblicato da Sony Computer Entertainment nel 2000 per PlayStation (nel 2009 tramite PlayStation Network arriverà anche su PlayStation 3 e PlayStation Portable), ma non venne mai distribuito in Europa.
La storia alla base dell'avventura ruotava intorno al tentativo di conquista del mondo da parte di una organizzazione terrorista chiamata Odessa, e del gruppo chiamato ARMS creato appositamente per combattere la minaccia. Membri di questo team, nonché protagonisti del gioco erano quindi un fuciliere di nome Ashley, una giovane sacerdotessa di nome Lilka e Brad, un veterano di guerra, anche se stavolta, nel corso dell'avventura, si aggiungevano altri tre personaggi giocabili, vale a dire Kanon, Marivel e Tim. Il gioco manteneva lo stile e le meccaniche del predecessore, con qualche ritocco qua e là a certe meccaniche e soprattutto alla grafica, che puntava su scenari tridimensionali con personaggi 2D nella fasi d'esplorazione. Il titolo deluse tuttavia un po' tutti, come detto prima, e questo per via di un comparto tecnico considerato non all'avanguardia, specie se paragonato ad altri prodotti di genere dello stesso periodo, e per delle meccaniche ritenute alla lunga ripetitive e poco innovative. Fu così che per ritrovare un capitolo degno del capostipite e rifarsi la bocca come desideravano, gli appassionati dovettero aspettare il 2002 e Wild Arms 3
, il primo titolo della serie ad approdare su PlayStation 2, con grafica in 3D e cel shading. Il prodotto prendeva le distanze dal secondo episodio (e non solo da lui) già in termini di narrativa, dato che aveva per protagonista principale una giovane pistolera, Virginia Maxwell, in un periodo in cui i protagonisti dei JRPG erano tutti maschietti dall'animo quasi sempre tormentato. La giovane era invece coraggiosa, intensa e ribelle, ed era accompagnata nelle sue scorribande da tre comprimari altrettanto interessanti. E poi c'era tutto il resto, dal prologo all'introduzione animata, che cambiava ben tre volte nel corso dell'avventura per rispecchiare l'evoluzione della storia quasi come fosse un anime televisivo, al gameplay che funzionava a meraviglia. Non era originalissimo, ma neppure scontato, e concedeva una discreta libertà nell'accoppiamento dei vari personaggi con gli spiriti guardiani elementali che conferivano loro poteri e abilità diverse. I dungeon, inoltre, proponevano un discreto mix di rompicapi e sequenze pseudo-platform, in cui bisognava usare il giusto oggetto per risolvere l'enigma e proseguire; fortunatamente, un ingegnoso indicatore permetteva di affrontare un certo numero di incontri casuali per poi non essere più disturbati, limitando le frustrazioni anche su quel versante. Wild Arms 3 non era un JRPG perfetto, ma certamente uno dei più originali e avvincenti del periodo, al punto da meritare il plauso di gran parte della critica e far registrare delle buone vendite.
Gli ultimi episodi
Ma la serie sembrava non riuscire a venir fuori da quella sorta di percorso altalenante dentro il quale sembrava essere finito, così che ancora una volta, come una nave in balia di onde immaginarie, dopo essere andata su, col lavoro successivo finiva per scendere giù. Wild Arms 4, infatti, venne progettato per invertire la tendenza e dare continuità al successo del brand, invece nonostante i buoni propositi e l'impegno si rivelò una mezza delusione, soprattutto per una storia poco ispirata e diversi problemi tecnici nella sua edizione occidentale, alcuni dei quali portavano perfino al crash del gioco.
Il progetto venne sviluppato in contemporanea col remake del primo episodio, quel Wild Arms Alter Code: F di cui parlavamo prima, e pertanto per molto tempo venne conosciuto come Wild Arms Another Code: F. Ambientato in una Filgaia diversa dal solito, quasi post-apocalittica, nella quale la tecnologia bellica è predominante su tutto il resto, il gioco narrava di Jude Maverick e della sua lotta per cercare di fermare l'immane catastrofe che stava per abbattersi su Filgaia. In termini di gameplay la novità più importante era costituita dall'HEX Battle System, che prevedeva durante il combattimento la suddivisione di una porzione dell'area in sette esagoni chiamati, appunto, HEX. Ciascuno di essi poteva essere occupato da una o più unità, a patto che fossero della stessa fazione e quando si effettuava un attacco o una magia tutti gli occupanti dell'esagono verso cui era diretta l'azione ne subivano le conseguenze. L'ultimo gioco della serie regolare uscì anch'esso su PlayStation 2 appena un anno dopo, a dicembre in Giappone e nell'agosto del 2007 in Nord America. Wild Arms 5 raccontava le avventure di Dean Stark, un sedicenne avventuriero proveniente da un villaggio specializzato nel recupero e nella raccolta di oggetti tecnologici perduti, e della sua amica Rebecca, che ritrovava una giovane e misteriosa donna di nome Avril che aveva apparentemente perso la memoria. Cominciava così una lunga avventura che vedeva la coppia di amici cercare di aiutare Avril nella sua "missione" di riscoprire la propria identità e nel frattempo far crescere Dean nell'uso delle ARM's, così da diventare un giorno un cacciatore di Golem, un'antica razza di robot giganti. Dal punto di vista del gameplay il videogioco adottava nuovamente l'HEX system del predecessore, ma ritoccato. Di fatto era sempre strutturato a turni e regolato da una sorta di ATB che stabiliva i momenti in cui ogni personaggio poteva agire, con le solite caselle esagonali a fornire al titolo una certa componente strategica, visto che per esempio alcune erano associate ad un particolare elemento, come il Fuoco o il Ghiaccio, dunque più soggette a far subire attacchi magici con quelle caratteristiche a chi vi si trovava sopra; oppure dato che muoversi da una casella all'altra, o rimanervi immobile, comportava delle conseguenze immediate sull'evento successivo. Ma adesso era possibile, diversamente al capitolo precedente, compiere un movimento e un'azione in contemporanea, per esempio fare una corsa da un esagono all'altro e contemporaneamente lanciare una magia.
Il gioco venne apprezzato dalla critica, un po' meno dal pubblico, almeno come vendite, e anche questo finì forse per convincere il publisher e il team di sviluppo a prendersi un lungo periodo di pausa col brand. Non prima però di aver rilasciato nel 2007 un ultimo "capitolo" in formato portatile: parliamo di Wild Arms XF per PlayStation Portable, che contrariamente agli altri giochi della serie era un RPG strategico, e che fu accolto con giudizi contrastanti dalla critica, ma con voti comunque raramente superiori alla sufficienza. Poi più nulla. Motomura ha ricordato poco tempo fa che Sony non ha mai considerato conclusa definitivamente la serie e che lui e i suoi colleghi "sperano in qualche modo di poterla rivitalizzare in futuro". Nel frattempo Media Vision, il team autore di Wild Arms, sta assumendo personale per un nuovo progetto legato a PlayStation 4 e che dovrebbe essere proprio un nuovo gioco di ruolo. Non è chiaro, però, se si tratta di un ritorno per la serie, o di un progetto completamente inedito. Ma questa notizia, associata alle informazioni che vi abbiamo riportato all'inizio di questo articolo, lasciano ben sperare sul fatto che forse, a breve, potremo rivedere in azione questa interessante serie di giochi di ruolo alla giapponese, oppure una sua qualche evoluzione.