Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.
Nella sua ultra decennale storia, l'attuale Square Enix non ha mai mancato di tentare nuove strade per diversificare la sua produzione di videogiochi, da sempre prevalentemente imperniata sulla realizzazione di giochi di ruolo e sul marchio Final Fantasy. Purtroppo per l'azienda giapponese quasi sempre queste prove non hanno dato gli esiti sperati, e nella maggior parte dei casi i suo tentativi di variare la produzione si sono rivelati dei mezzi flop. Uno degli esempi più famosi di questa volontà della vecchia Squaresoft di operare su più percorsi è stato The Bouncer, picchiaduro 3D a scorrimento multi-direzionale, realizzato in collaborazione con DreamFactory agli albori di PlayStation 2. Un titolo predestinato al successo già prima del suo effettivo rilascio sul mercato, per via dell'enorme hype generato e poi coltivato da decine e decine di articoli apparsi su tutte le più importanti riviste del settore, dove i protagonisti del titolo, disegnati dal grande Tetsuya Nomura, già creatore di personaggi di capolavori come Final Fantasy VII, Final Fantasy VIII e Parasite Eve, campeggiavano spesso in copertina. Ma che poi si rivelò un mezzo insuccesso, al punto da troncare sul nascere ogni eventuale velleità di crearne un seguito.
Che fine ha fatto The Bouncer, il picchiaduro GDR a scorrimento di Squaresoft?
Il mestiere del buttafuori
Nel settembre del 1999, in occasione del Tokyo Game Show, Sony Computer Entertainment svelava al mondo la sua nuova console e il joypad analogico DualShock 2. La piattaforma concepita per essere la prima ad aprire le porte al concetto di convergenza multimediale, col lettore per i film in DVD, le porte USB, la retrocompatibilità coi giochi PlayStation e il supporto per internet lasciò tutti a bocca aperta, e per i fan di PlayStation cominciò uno spasmodico conto alla rovescia. Tutti non vedevano l'ora di mettere le proprie mani su una macchina in grado di dare vita, stando alle dichiarazioni ufficiali, a giochi rivoluzionari, visto che a gestire il tutto c'era una sofisticatissima CPU a 128 bit che il visionario ingegnere di Sony, Ken Kuratagi, immaginava in grado di elaborare dei calcoli matematici capaci di simulare le emozioni.
Questo processore, realizzato col contributo di Toshiba Corporation, era stato infatti ribattezzato proprio Emotion Engine. Ad ogni modo, la nuova macchina da gioco, di colore nero, col suo look elegante e minimalista divenne subito, come detto, l'oggetto del desiderio di tantissimi appassionati. Assieme a tutta una serie di titoli annunciati con essa, alcuni tramite dimostrazioni tecniche, come Gran Turismo 2000 (Gran Turismo 3: A-Spec) e Tekken Tag Tournament, altri a voce o con dei filmati. Tra questi prodotti c'era anche una nuova produzione targata Squaresoft di cui si parlava già da tempo sulle principali riviste del settore, ma di cui si ignorava ancora il titolo (in molti pensavano fosse un seguito di Ehrgeiz), che venne rivelato assieme al resto della line-up iniziale di PlayStation 2. Si trattava di The Bouncer, progetto chiamato a diventare uno dei titoli di punta per la nuova console di Sony. Mostrato al pubblico attraverso una demo non giocabile, il gioco provocò quasi una sorta di isteria collettiva anche tra gli addetti ai lavori. Il prodotto catturò infatti l'attenzione di tutti grazie ad una concezione di gioco e ad una qualità grafica fino ad allora impensabili per un videogame. Almeno sulla carta. Di esso molti giornali scrissero che il suo "innovativo" Action Battle System avrebbe permesso di ricreare sullo schermo sequenze non dissimili per qualità a quelle dei full motion video, al punto che il passaggio da una scena filmata a una d'azione non sarebbe stata distinguibile. Alcune riviste del settore furono così entusiaste del gioco che scrissero che The Bouncer era la dimostrazione perfetta della forza bruta dell'hardware di PlayStation 2, un gioco che dava la sensazione di controllare i personaggi di un film reso spettacolare dagli effetti speciali e dai sapienti movimenti della telecamera.
Non è tutto ora quello che luccica
A dispetto delle anticipazioni, a causa di una serie di rinvii per una serie di non meglio precisati problemi tecnici, il gioco non uscì però assieme alla neonata console Sony, ma successivamente, in un periodo compreso tra dicembre 2000 e giugno del 2001, sui mercati giapponese, nord americano ed europeo, Italia compresa. Ma contrariamente alle aspettative, la produzione deluse molti appassionati, suscitando perfino pareri discordanti e anche qualche stroncatura. Una longevità inconsistente ed alcuni difetti tecnici e grafici costituirono infatti le basi per una inattesa bocciatura da parte della critica. Caratterizzato da un mix tra gioco di ruolo, azione e picchiaduro a scorrimento, The Bouncer proponeva tre differenti modalità: Story Mode, Versus Mode e Survival Mode. La più interessante era quella Storia, che raccontava le vicende di alcuni buttafuori che lavoravano nel bar Fate alle prese col rapimento dell'amica Dominique da parte della Mikado Corporation, azienda all'avanguardia nel settore energetico e impegnati quindi nel tentativo di liberarla.
Per farlo bisognava affrontare una serie di livelli stracolmi di malintenzionati prima di poter giungere allo scontro finale. Le scazzottate si sprecavano e vincendo i numerosi combattimenti presenti nel gioco si potevano acquisire dei punti che potevano essere usati per il potenziamento delle abilità dei tre personaggi principali. A seconda della situazione, infatti, l'utente poteva scegliere di controllare Sion, Volt o Kou ed essere spalleggiato durante gli scontri dai rimanenti due buttafuori. A seconda del personaggio utilizzato, venivano poi presentati diversi risvolti della storia e persino dei finali differenti. Peccato che la modalità poteva essere completata senza troppe difficoltà in poco più di un'ora e mezzo, di cui la metà trascorsa a guardare scene in computer grafica. Fu questo uno dei principali motivi per cui il gioco venne bocciato dalla maggior parte delle riviste del settore: in tal senso il gameplay vero e proprio costituiva meno di un terzo della lunghezza del prodotto. Davvero troppo poco per un videogioco. Essendo poi uno dei giochi più pubblicizzati per il Monolite e considerando i nomi dietro al progetto - oltre a Nomura c'erano anche lo storico produttore Shinji Hashimoto, poi Takashi Tokita e Seiichi Ishii e i compositori Noriko Matsueda e Takahito Eguchi - a The Bouncer non vene perdonato nulla. Così, nelle recensioni in molti fecero notare anche la mancanza di alcune delle caratteristiche annunciate in fase di sviluppo, come per esempio gli scenari distruttibili, e difetti vari quali i controlli, definiti "nella media", così come la "fastidiosa" telecamera di gioco, che specie nelle aree al chiuso e in quelle più strette presentava problemi di visuale, talvolta impallandosi e impedendo per alcuni secondi di far avere una chiara visione di quanto stava avvenendo in video. Eppure, nonostante le critiche, i difetti e le scarse vendite totali (circa 345,981 copie in tutto il mondo dall'uscita a fine 2001), The Bouncer ancora oggi viene ricordato con una certa nostalgia dai fan di PlayStation 2, che evidentemente gli riconoscono comunque una sorta di "magia", di fascino che, a dispetto di tutto, lo hanno reso in qualche modo un titolo da amare e, perché no, da desiderare di rivedere magari in una nuova incarnazione, sia essa sotto forma di reboot che di seguito.