Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.
La ultra decennale storia dei videogame è fatta di curiosità, aneddoti, ma anche di situazioni per così dire "anomale". Di titoli di buona fattura durati lo spazio di una apparizione e poi caduti nel dimenticatoio, o serviti paradossalmente come fonte di ispirazione per altre produzioni più fortunate, arrivate al successo sfruttandone meglio magari le meccaniche e il concept. In questo articolo vogliamo parlarvi proprio di un videogioco che poteva certamente raccogliere molto di più di quanto a conti fatti ha ottenuto in termini di successo, e magari dare il via a una serie potenzialmente valida all'interno del mondo degli sparatutto in terza persona con elementi tattici. Parliamo infatti di Spec Ops: The Line, gioco sviluppato da 2K Games e pubblicato nel giugno del 2012 da Take-Two Interactive Software su PC, Xbox 360 e PlayStation 3, che se da un lato condivideva con altri prodotti simili e gli altri capitoli della serie la propensione al tatticismo e il tendenziale realismo dell'ambientazione e delle armi, dall'altro poteva contare su un tocco che, in mezzo ad un mercato affollato da titoli ingombranti, non poteva che lasciare affascinati molti utenti, vale a dire scenario e storia.
Che fine ha fatto Spec Ops: The Line, lo sparatutto definito La Sottile Linea Rossa dei videogiochi?
Guerra sulla sabbia
Questo interessante sparatutto in terza persona bellico, infatti, raccontava essenzialmente la storia di un recupero che si trasformava in realtà in un viaggio di scoperta e formazione, ed era ambientato in una Dubai diversa da quella a cui siamo abituati nella realtà, ovvero vivace, ricca e piena di edifici enormi e lussuosi. Quella del gioco era infatti un'area devastata da una tempesta di sabbia senza precedenti, che in poco tempo, anche a causa del fatto che era stata sottovalutata in partenza, l'aveva trasformata in una "giungla" inospitale, un'enorme città fantasma invasa dalle dune.
Abbandonati dai loro leader e dalle forze di sicurezza dell'emirato, i pochi sopravvissuti cadevano vittima degli abusi di gruppi di terroristi/sciacalli che invadevano la zona saccheggiando, uccidendo e imponendo una sorta di regime autoritario al resto della popolazione rimasta. A quel punto era il colonnello statunitense John Konrad a riaccendere la speranza dei superstiti con un tentativo di intervento e di recupero. Purtroppo, però, una nuova tempesta interrompeva i contatti con le altre forze militari e Konrad e i suoi uomini finivano inghiottiti dalla sabbia e dati per dispersi. Tuttavia, diversi mesi dopo questi fatti, veniva captata una trasmissione radio che convinceva il governo statunitense a mandare in missione una nuova squadra per scoprire se vi era ancora qualcuno bisognoso di aiuto tra le macerie di Dubai. È qui che entrava in ballo il videogiocatore nei panni di Martin Walker, soldato americano alla guida della squadra Bravo della Delta Force, inviata, appunto, per rintracciare l'origine e dunque gli autori del segnale di soccorso. Spec Ops: The Line puntava, come detto prima, sulla componente narrativa, che poteva contare su di un background solido e coinvolgente, che si allontanava per così dire dalla superficialità di altri sparatutto bellici per puntare a divenire "La Sottile Linea Rossa" dei videogiochi. Sullo sfondo, una ricostruzione di Dubai curata nei minimi dettagli, con la sabbia a rappresentare allo stesso tempo un elemento ostile e da sfruttare a vantaggio, con il panorama dell'emirato arabo devastato, i palazzi squarciati e la sabbia che ovunque si faceva strada tra gli scheletri dei grattacieli extra lusso.
Tempeste morali
Era lì che si sviluppava un gameplay dalla struttura poi tipica dello sparatutto in terza persona, con l'immancabile ricorso alla copertura contestuale allo scenario nei dintorni del protagonista, alcune delle quali erano distruttibili, e una discreta pianificazione delle azioni da svolgere assieme ai compagni. Nel gioco, infatti, era possibile impartire dei semplici ordini agli altri elementi della squadra, caratterizzati da un'intelligenza artificiale discreta, puntando uno o più nemici e tenendo premuto il dorsale destro così che, a seconda della situazione e della loro specializzazione, essi potevano cercare di eliminare i bersagli. Questo significava poter mantenere un approccio discretamente libero alle missioni, così com'era possibile prendere delle decisioni "morali" più o meno liberamente.
In alcuni frangenti, infatti, il videogiocatore si ritrovava davanti ad alcune situazioni emotivamente coinvolgenti, con la possibilità di scegliere della vita di alcuni individui o se fidarsi o meno di personaggi incontrati lungo il cammino. Cosa molto difficile, specie se i compagni di viaggio nel frattempo commentavano l'evento con aspre critiche sul comportamento dell'utente in un senso o nell'altro, creando non pochi dubbi sulle valutazioni e sulla bontà o meno delle scelte poi fatte. Comunque sia, il gioco venne accolto abbastanza positivamente da buona parte della critica, tant'è che quell'anno ricevette anche diversi premi, soprattutto per la sua trama; meno dal pubblico, tant'è che molti utenti lo avrebbero riscoperto, e quindi rivalutato, solo mesi se non anni dopo, finendo di conseguenza per vendere poche copie rispetto a quanto preventivato dal publisher e al suo potenziale. Così, Spec Ops: The Line fu un fallimento commerciale, al punto che le sue basse vendite finirono per contribuire negativamente sui risultati finanziari deludenti di Take-Two nell'anno fiscale 2013, dove la società ebbe perdite pari a 118 milioni di dollari. Situazione che finì per porre una grossa pietra tombale sopra a ogni eventuale idea di sequel, anche se noi, inguaribili ottimisti, speriamo sempre che prima o poi qualcuno si ricordi di questo interessante sparatutto e magari si decida a riproporne le tematiche e alcuni aspetti ludici, migliorandoli ovviamente dove serve per renderlo più appetibile al grande pubblico. In fondo, di storie mature e "particolari", noi non siamo mai sazi.