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La vera recensione di God of War

Cerchiamo di fare giustizia del gioco indiscutibilmente più bello che sia mai stato creato

SPECIALE di ilsonaro fanboy   —   21/04/2018

La schermata nera che precede l'avvio del gioco permette ai nostri umili e stanchi occhi di sprofondare nell'oscurità del cuore di Kratos, di guardare nel pozzo della Gorgone dell'edipica avventura che ci apprestiamo a vivere e che già ha cominciato a risonare nella nostra anima come una campana tibetana toccata dagli steli d'erba trascinati in una profonda grotta dal vorticare dei venti del nord. Inizia l'avventura. Fa freddo. Un freddo che ti penetra fin nelle ossa mettendoti in contatto con l'infinito, l'indefinito e l'informe. Freddo è il cuore di Kratos, preda di una calma atavica in cui le vecchie battaglie riecheggiano come echi lontani di un tempo ormai dimenticato, o quantomeno ai margini di un'esistenza che si è evoluta e che ha trovato pace nel rivolgersi a una nuova, difficile vita, fatta però anche di ineffabile e delicato candore.

La vera recensione di God of War

Comunque i primi istanti in cui vediamo questo vecchio guerriero ormai stanco tagliare un albero con tre accettate e trascinarsi il tronco reciso verso il fiume dove ha ormeggiato la sua barca, ipotiposi dei suoi tormenti interiori, nonché fluida raffigurazione oggettiva dei pericoli che minacciano il suo nuovo mondo, capiamo che qualcosa lo affligge. Atreus, il figlio di Kratos nato dal suo secondo matrimonio, guarda il padre con dolcezza e apprensione. Lui ignora il passato di cotanto genitore, fatto di immani tragedie, di dei olimpici uccisi brutalmente, di coiti con umane e divinità, e di una rabbia incontenibile che lo ha trasformato in un'icona videoludica che riluce da anni come i dischi sui quali sono contenute le sue avventure. Il contrasto con il padre è netto e subito evidente: Atreus è un gracile ragazzino che ancora non conosce le cose della vita e che, come scopriremo presto, nutre il fortissimo desiderio di sviluppare un rapporto con quell'omone barbuto di cui non sa praticamente nulla. Greco merda.

Atreus come H7-25

Come scopriremo presto giocando, God of War racconta una storia completamente incentrata sui rapporti genitoriali. La madre di Atreus è morta e Kratos, preoccupato per il destino del figlio, intraprende un lungo viaggio in cui tenta prima di affidare il ragazzino a cure che ritiene migliori delle sue, quindi, costretto dagli eventi, lo porta con sé cercando il più possibile di proteggerlo e di trasmettergli quanto ha appreso nel corso delle sue battaglie.

Il costrutto del rapporto tra Kratos e Atreus si fa sempre più forte e solido di minuto in minuto, puntellato dai numerosi combattimenti che bisogna affrontare lungo l'avventura e magnificato dalla struttura open world, che rinnova completamente quanto visto nei capitoli passati, sicuramente dei capolavori che tutti dovrebbero giocare almeno una volta nella vita e di fronte ai quali non ci si può che inchinare recitando salmi e preghiere, ma che appartengono a un'era videoludica ormai tramontata, come saggiamente Sony Santa Monica prova a dirci dall'alto dell'infinita saggezza del game director Cory Barlog. Greco merda. In fondo avrebbe avuto senso vivere una storia sul cambiamento, senza che quest'ultimo si manifestasse nel gameplay? Kratos rimane un personaggio rude e brutale, le cui lame affettano l'aria con indicibile fisicità, ma è anche un essere umano più serio e posato, che vive il suo mondo e non lo vuole necessariamente fare a pezzi. Insomma, il Fantasma di Sparta è finalmente maturato e, nonostante non possa rinnegare ciò che è stato, guarda in avanti. Non che gli avversari gli manchino, visto che l'intero bestiario della mitologia norrena tenterà di fare a pezzi lui e Atreus per l'intero gioco ma, come un moderno Bud Spencer in "Uno sceriffo extraterrestre... poco extra e molto terrestre", Kratos alternerà cazzotti a momenti introspettivi, in cui coinvolgerà Atreus/H7-25, svelando finalmente quel suo lato umano che nei God of War precedenti era rimasto sepolto sotto l'azione incessante. Greco merda.

La vera recensione di God of War

Barba convincente

La struttura open world stessa favorisce questo approccio più ragionato, regalando lunghi momenti di pace in cui ci si può dedicare ad ammirare il mastodontico lavoro svolto da Sony Santa Monica dal punto di vista tecnico, che trova un paragone adeguato solo nella costruzione del Colosseo da parte dei romani o in quella della Grande Muraglia da parte dei cinesi, anche se va detto che quest'ultima è fondamentalmente un lungo muretto che Kratos riuscirebbe a sfondare agevolmente con un paio di colpi d'ascia. Ma torniamo a noi. Come non commuoversi di fronte ai paesaggi mozzafiato di queste magnifiche e leggendarie terre nordiche? Come non ringraziare gli dei americani per il privilegio accordatoci di poterle attraversare senza prima toglierci le scarpe in segno di profondo e ammirato rispetto? In effetti viene da sorridere a pensare che alcuni personaggetti credano di avere il diritto di commentare un'opera di tale livello senza prima essersi prostrati di fronte alla sua magnificenza. Ci sono dei paessaggi talmente belli da essere quasi commoventi e i peli della barba di Kratos sono così convincenti che fanno passare la voglia di usare il rasoio per più di qualche settimana. Greco merda.

Qualche parola la merita anche il sistema di combattimento, ovviamente superiore a qualsiasi altro che sia mai stato partorito da mente umana. Abbandonata la formula simil-Devil May Cry dei precedenti capitoli, il nuovo God of War si basa su un modello più fisico e brutale, in cui entra di prepotenza l'elemento Atreus, folletto che accompagna Kratos con le sue prese e le sue frecce e che dona al tutto un'imponderabile profondità emozionale. Guai anche solo a pensare che i combattimenti siano meno epici di quelli dei capitoli passati, perché sarebbe una forma di razzismo verso i popoli nordici e la loro mitologia, che rientra a pieno diritto nell'epica, a meno che qualcuno non la studi all'ora di religione. Ma quelli, come si suol dire, sono problemi suoi e del suo cervello limitato che esulano dalla qualità di God of War (brrr, ci vibra l'anima anche solo a scriverlo... che magia!). Quello che interessa a noi è che tutto funzioni a dovere, cosa che effettivamente avviene senza alcun tentennamento. L'ascia di Kratos, sviluppabile in diversi modi, taglia l'aria giungendo sui nemici con indiscutibile furia. Tanto basta a causare orgasmi multipli al giocatore più sensibile, che avrà degli scossoni emotivi a ogni uccisione e che inizierà a preoccuparsi per le sorti di Atreus all'apparire di ogni creatura. Del resto non tutti sono capaci di riconoscere la bellezza quando se la trovano innanzi. Per queste insulse persone, pustole purulenti di una fetta di società che deve essere cancellata da un meteorite, si può solo provare pietà, perché non riusciranno mai a godersi appieno forme di pura arte videoludica come quella creata da Sony Santa Monica. Greco merda.

Conclusioni

Avevamo dato a God of War un voto pari a 10 prima ancora di averlo avviato, ma dopo averci giocato abbiamo ritenuto che la scala decimale non fosse sufficiente a rappresentarne la magnificenza e allora abbiamo deciso di dargli 100 perché non c'è un singolo dettaglio che non funzioni. Compratelo a occhi chiusi.

PRO

  • Storia magnifica
  • Grafica magnifica
  • Sonoro magnifico
  • Sistema di combattimento magnifico
  • Gioco magnifico

CONTRO

  • Multiplayer.it merda