Space Invaders è venuto alla luce nel 1978, Asteroids di Atari nel '79, Battlezone nell'80, Galaga nell'81 e Star Wars nel 1983. Ne potremmo nominare molti altri e la piattaforma Discrete Circuitry di SEGA era già in giro dal 1973, ma questi cinque nomi sono sufficienti per sottolineare l'immaginario culturale degli anni 80 in relazione al magico mondo dei cabinati. Giovani piloti stellari sognavano di difendere la frontiera contro Xur e l'armata di Ko-dan in corridoi pieni di rumore e luce, negli angoli dei bar o in ambienti fumosi ripieni di biliardi. Non eravamo che all'inizio ma la prima svolta era già vicina. I videogiochi a gettoni o coin op stavano infatti per travalicare le mura culturali dietro cui erano stati confinati, si stavano diffondendo, stavano cambiando, erano in procinto di passare dalla sfera dell'incomprensibile e dello sconosciuto a quella degli oggetti familiari. La fascinazione tecnologica sarebbe stata sostituita dalle specifiche hardware, la diffusione del videogioco avrebbe cambiato l'intero panorama ludico mondiale e parole come parallasse e bitmap avrebbero fatto capolino nel lessico comune.
La guerra
A fine anni 80 l'utenza, ormai matura e circondata da oggetti elettronici di ogni sorta, era in grado di capire il concetto di potenza grafica. Ebbe così inizio la grande battaglia delle schede da bar. Le notizie relative ai cabinati si colorarono di cifre, dati e codici e anche in sala giochi cominciarono a girare termini come bit, memoria e palette di colori che venivano puntualmente usati per idolatrare e difendere l'hardware preferito. Era l'epoca della coin op war. Alcune schede da bar erano talmente gettonate, tanto per usare un termine coniato proprio in quel momento, che qualcuno arrivava persino a comprarle. Il NeoGeo arcade, piombato sul mercato nel 1990, era indubbiamente la tecnologia più appetibile e metteva in palio, a caro prezzo ovviamente, sei slot per le cartucce, specifiche maggiori e il menu debug per selezionare difficoltà e parametri di ogni tipo. Il tutto ovviamente da mostrare agli amici che casualmente venivano invitati nella propria innocente cameretta.
Non che la versione casalinga del NeoGeo costasse molto meno, complice un mercato import complesso e non sempre onesto e un costo base decisamente elevato, ma si diffuse per la prima volta l'idea che le tecnologie da bar potessero entrare nelle case dei videogiocatori. A dire il vero in termini di architettura non c'era molta differenza con il Megadrive, già entrato nelle case di parecchi videogiocatori e praticamente identico alla scheda da bar System 16 rilasciata da SEGA nel 1985. Ma le specifiche erano decisamente inferiori a quelle del NeoGeo tanto che Super Hang On aveva bisogno di un System 16 con 2 MC68000 per girare. Più evoluta la CPS targata Capcom del 1988. Una macchina eccezionale ma dotata di un quantitativo di memoria inferiore rispetto al NeoGeo e con il clock fermo a 10Mhz. Insomma il 68000 overcloccato a 12Mhz, il maggior quantitativo di memoria e le cartucce da 330 megabit regalavano, ad un prezzo ovviamente maggiore, un discreto vantaggio alla macchina targata SNK. Un sogno proibito, sinonimo di sprite enormi e animazioni stellari, che era in grado di dare vita a picchiaduro spettacolari come King Of Fighters e a platform come Metal Slug, considerato ancora oggi uno degli apici del genere.
Il canto del cigno
Il gaming da salotto sarebbe comunque rimasto un mondo a parte per qualche anno ancora. Strategici, giochi di ruolo e avventure grafiche erano certamente generi casalinghi, Nintendo sviluppava in gran parte esclusive per sfondare nel mercato home e nella maggior parte dei casi restanti la versione console di un titolo non era altro che una conversione impoverita di titoli da sala che vantavano più colori, maggior definizione e soprattutto una fluidità impareggiabile.
Escluso il NeoGeo ovviamente. Ma la console SNK non masticava le 3 dimensioni. Fu SEGA infatti a spuntarla nel cambio generazionale grazie al Model 1. Furono Virtua Fighter e Virtua Racing a riportare la sala giochi nell'olimpo e Virtua Striker poteva vantare code superiori persino a Street Fighter 2. A seguire comparve il Model 2 che rese possibile Daytona. Una vera propria orgia grafica che vide ricomparire, come per Virtua Racing, enormi stazioni da gioco che potevano arrivare a 8 postazioni. Anche le concorrenti di SEGA videro nelle tre dimensioni un buon trampolino di lancio ed entrarono in campo con rinnovato vigore anche se con risultati estetici decisamente inferiori. La sala giochi era tornata a vivere riempiendosi di sci, vespe da fattorino, mulinelli da pesca, gusci semoventi e persino caschi virtuali. Una seconda giovinezza che vide comparire cabinati 3DO e ricomparire anche Nintendo, nel 1995, grazie a Midway, Rare e ad una versione arcade decisamente potenziata del Nintendo 64 chiamata Ultra 64. Certo si trattava di pubblicità per la console casalinga, ma Killer Instinct può essere considerato uno degli ultimi grandi coin op. Uno degli ultimi titoli in grado di stupire.
Epilogo
Paradossalmente infatti, nel momento di massimo splendore dei cabinati, esplosero i fenomeni 3Dfx e Playstation. Un boom incredibile che ha visto il gaming casalingo dilagare oltre ogni previsione. SEGA stessa aveva intuito che i tempi erano maturi tanto che rilasciò l'ST-V Titan. Si trattava di un coin op economico basato sulla console Saturn che fu assassinato, come in parte il Saturn stesso, dalla stessa concorrenza SEGA che continuava a spingere anche sulle schede da bar e a mostrare i muscoli la dove l'interesse stava scemando. Da quel momento in poi tutto in salita, o meglio in discesa visto che in termini di tecnologia la qualità si è abbassata di scheda in scheda fino a quando, nel 2002, anche l'ultimo colosso dei coin op si è piegato alle console casalinghe.
Infatti il Triforce e il Chihiro sono state costruite rispettivamente sulla tecnologia di GameCube e XBox e il Lindbergh, uscito con Virtua Fighter 5, è a tutti gli effetti un personal computer così come sono tecnologie PC l'Europa-R di Sega Rally 3 e l'imminente serie Ring. Insomma nel 2002 l'era delle console casalinghe derivate dalle più performanti tecnologie da sala giochi si è definitivamente conclusa e non molto tempo dopo si sono chiuse per sempre molte di quelle saracinesche che aprivano alle 10 di tutti i giorni ed era un casino arrivare fino a quell'ora senza farsi beccare da genitori o dai professori. Ma una volta dentro era tutto un altro mondo.
Coop
Due, tre, quattro, persino 8 giocatori in contemporanea. E se in WWF Superstar, Big Boss finiva per gonfiare di botte anche i suoi compagni durante una non correttissima Royal Rumble, altrettanto non poteva capitare in Bubble Bubble o Pang. Il coop in sala giochi ha sempre fatto furore mentre oggi sopravvive giusto con House of the Dead e con la pletora di arcade con pistoloni che sono rimasti nelle poche sale giochi popolate da slot machines, da un emulatore da 3000 giochi tutti malfunzionanti e da qualche Virtua Tennis sopravvissuto alla strage. Anche se Golden Axe è uscito su System 16, possiamo considerare come regina del coop la CPS-1 di Capcom. L'ennesima macchina ad accoppiare Motorola 68000 e Zilog 80 che nel 1988 diede vita a una vera e propria valanga di picchiaduro a scorrimento che permettevano a ben 4 giocatori di menare le mani sullo stesso schermo, possibilmente pestando i nemici e non i compagni.
Prendendo in considerazione le succitate coordinate non può che balzare in mente Final Fight, padre putativo di Streets Of Rage, seguito a ruota da Captain Commando, The King Of Dragons e Cadillac & Dinosaurs. Ii titoli sono decine e di ogni forma e colore. Comparvero persino varianti action di giochi di ruolo che sono arrivati a consentire persino il salvataggio del proprio personaggio per poter ricominciare con l'equipaggiamento e l'esperienza conquistate. Una cosa simile succedeva anche con l'ultima versione di NBA Jam, summa di cooperativa e versus in un unico titolo che consentiva di salvare i progressi del proprio personaggio e della propria squadra. Per concludere immpossibile non citare anche Konami che ci ha regalato Teenage Mutant Ninja Turtles con i suoi fastidiosissimi sorci robot e Vendetta e gli altrettanto fastidiosi, e non troppo politically correct, travesiti d'assalto.
Fight!
La sala giochi è sempre stata il regno del versus. Migliaia di spietati combattimenti contro lo sconosciuto che si è permesso di blaterare "posso?". Una tendenza che ha visto come protagonisti non solo Street Fighter II, Fatal Fury, Mortal Kombat, King Of Fighter e compagnia bella ma anche un nutrito numero di esperimenti talvolta anche interessanti. Si va dalle riproposizioni action di Spy Vs Spy a orribili picchiaduro digitalizzati culminati nell'inquietante, almeno esteticamente, Jackie Chan.
Da sottolineare, nuovamente, l'esplosione di pvp scatenata da Virtua Striker, culmine del calcio arcade criticato aspramente dagli amanti della simulazione, che ha visto code interminabili per anni, anche quando le sale giochi si stavano inesorabilmente spopolando. Tra i versus più feroci figura sicuramente Mortal Kombat che ha avuto la sua dose di celebrità grazie a un gameplay serrato e vario ma soprattutto grazie a dosi di iperbolica violenza da sbattere in faccia all'avversario sconfitto. Oggi sono rimasti giusto i giochi di ballo a ricordarci qualcosa di quell'epoca e sono anche gli unici titoli musicali ad aver mantenuto la carica agonistica dello scontro. Certo non è proprio la stessa cosa ma vedere gente sudata che saltella convulsamente è sempre divertente.
MC68000
La CPU Motorola 68000, senza il quale probabilmente non avremmo un passato videoludico cosi ricco di cui parlare, è sopravvissuta anche all'avvento del SEGA Model 1 che l'ha visto diventare un chip dedicato al comparto sonoro. Il chip è stato il cuore del SEGA System 16, delle CPS-1 e 2 di Capcom, del Neo Geo, del Lisa Apple, del Macintosh e di Amiga, Atari ST e Sharp X68000.
Miti d'oggi
Titoli mitici, esperienze uniche, avveniristici precursori e intramontabili passatempo. Si potrebbe riempire un'intero libro con la lista dei cabinati che hanno costruito la storia del nostro passatempo preferito. A memoria possiamo citare senza indugio Tetris, Paperboy, Wonder Boy, Frogger, Boulder Dash, Super Car, Teenage Mutant Ninja Turtles, Punch Out, After Burner, Soul Calibur, Hang On, Gun Smoke, Rainbow Island, Splatterhouse, Robocop, Fatal Fury, King Of Fighters, Moon patrol, Puzzle Bubble, Bomberman, Toki, Neo Turf Masters, una vera e propria valanga di giochi di calcio e il sempiterno Operation Wolf che consentiva di smitragliare insensatamente decine di soldati stoltamente decisi ad attaccarci solamente di fronte.
Tra i tormentoni come dimenticare la canzoncina di Bubble Bubble, la villa di famiglia venduta per avere abbastanza gettoni per Ghost & Goblins, la combo imbattibile di Ken in Street Fighter II o la presa imbattibile di Vega sempre nel picchiaduro Capcom. Indimenticabili i due secondi necessari per battere qualcuno nello schema volante con Combo in Killer Instinct, il gol da centrocampo di Virtua Striker 2 o il leggendario gol dal bordo della lunetta che consentiva di finire agilmente Tecmo World Cup. Intramontabili infine le fatality inventate a Mortal Kombat e quelle strane ma vere che esistevano solo in una versione dal nome improbabile che era capitata per caso nel bar degli ultras dove una famiglia di teppisti si divertiva a torturare i nerd. E purtroppo ci toccò stare li una giornata e subire ignomignose umiliazioni per scoprire che effettivamente si poteva sparare un personaggio nella pozza d'acido ed era possibile spezzare un personaggio in due con un destro ben assestato di Kintaro.
Laserdisc
Quando CD-I e il cd-rom erano ancora immersi nella nebbia i laserdisc games apparvero in sala giochi causando un discreto scompiglio. Si tratta di titoli brevi basati esclusivamente sulla possibilità di premere il tasto giusto quando indicato sullo schermo. Ma alla giocabilità limitatissima si contrappone una grafica che all'epoca aveva dell'incredibile. Dragon's Lair, realizzato dall'eccezionale disegnatore Don Bluth, veniva addirittura distribuito in una versione con due monitor uno dei quali posto in alto per lasciare che la folla ammirante godesse del miracolo tecnologico in corso. La tecnologia laserdisc è culminata in Time Travalers. Il titolo, che ci vede scarrozzare in schermi senza sfondo popolati da attori mascherati, abbozza il look olografico grazie ad un gioco di specchi piazzato in un cabinato estremamente ingombrante.