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Alleanza ed esperienza

Una partnership, quella tra Nintendo e Capcom, figlia di una comune concezione dell'interazione: l'interazione più classica e nota, ma anche quella meno praticata dai giochi online.

SPECIALE di Alessandro Bacchetta   —   06/05/2010

Per comprendere le recenti partnership Nintendo non si può che far partire l'analisi dal 2002, quando si concluse l'idilliaca unione tra la società giapponese e Rareware, la scudiera che aveva illuminato il decennio precedente.

Alleanza ed esperienza

Il rapporto con la software house britannica è unico nell'intera storia Nintendo, perché nessun collaboratore esterno si era mai avvicinato tanto alla base per interscambio di idee, uomini, progetti, brand e, soprattutto, per comunione d'intenti. Rare era quasi assurta allo stato di versione-europea-della-Nintendo, e difficilmente un giovane che si avvicini ora al mondo dei videogiochi potrebbe capire l'importanza e il valore che critica e pubblico attribuivano a questa alleanza: per avere un'idea di quanto fosse valutata Rare basti pensare che Microsoft, appena entrata nel mercato con Xbox, nel 2002 sborsò 375 milioni di dollari per averla con sé (dei quali circa la metà finirono in mano a Nintendo).

Committenze

Al momento non è importante giudicare gli esiti dell'accordo, quello che conta è che da quel momento in poi Iwata, da poco presidente della società, cambiò radicalmente l'approccio nel relazionarsi a team esterni, second o third party che fossero: piuttosto che affiliarsi geneticamente a qualcuno tentò, come in epoca NES (e in parte SNES), di stipulare accordi riguardanti pochi (o addirittura singoli) progetti, così da completare l'offerta Nintendo, piuttosto che offrirne una replica. Per ora questa politica, rare eccezioni escluse, non ha portato a risultati grandiosi né in ambito qualitativo né in quello finanziario: paradossalmente dal 2002 in poi il maggior successo Nintendo (in questo senso) è rappresentato da Retro Studios, che è stata inglobata e annessa alla casa madre, ed è diventata una sorta di divisione-Metroid - è un successo paradossale perché, con le dovute differenze, è molto più simile a una versione ridotta del vecchio fidanzamento con Rare che alle recenti fujtine con Namco (Donkey Konga, Star Fox: Assault), Square (Crystal Chronicles) o Sega (F-Zero).

Alleanza ed esperienza

L'Iwata-pensiero è divenuto ancora più evidente in epoca Wii e DS, con gli accordi con Mistwalker, Treasure e, soprattutto, Square-Enix. Mentre aspettiamo gli sviluppi di queste operazioni non possiamo non notare come la società privilegiata da Nintendo - come partner - dal 2002 in poi sia stata proprio la madre di Monster Hunter Tri: Capcom. La fiducia di Iwata su questi ragazzi deve essere davvero grande, dato il noto dispotismo Nintendo e gli altrettanto noti scarsi risultati generati dall'oneroso accordo in era GameCube, accordo tra le altre cose parzialmente disatteso da Capcom, che fece un gioco in meno dei cinque previsti e portò tre di quei progetti su console Sony, la stessa Capcom che in quel periodo si occupò addirittura delle versioni portatili di Zelda, un onore, Cdi escluso, che non è stato riservato a nessun altro: insomma, se esiste un rapporto in cui Nintendo ha chinato - ripetutamente - la testa è proprio questo.

Il MMORPG che non c'è

Il motivo per cui abbiamo inserito questo enorme preambolo è per far capire l'eccezionalità dell'affaire Monster Hunter nella storia Nintendo, società estremamente attenta sia al risvolto qualitativo che finanziario, meticolosa e oculata negli investimenti, società che non ha avuto scrupoli a liberarsi di Rare dopo due-tre progetti poco fruttuosi e "libertini" (Conker), a salutare Namco dopo un fallimento (Star Fox Assault), a separarsi da Silicon Knights dopo due videogame dai biblici tempi di sviluppo, a silurare SEGA dopo un insuccesso - commerciale - come F-Zero GX; eppure, nonostante i tanti risultati deludenti avuti negli ultimi anni lavorando con Capcom, Iwata ha deciso ancora di puntare su di loro.

Alleanza ed esperienza

Perché? Perché non ha sborsato la vagonata di milioni che saranno probabilmente serviti per avere l'esclusiva di Monster Hunter per ottenere un mmorpg da Square-Enix (o da una qualsiasi società occidentale con esperienza in materia)? Sicuramente il brand è molto conosciuto in Giappone, ma nel resto del mondo lo è decisamente meno. La risposta probabilmente sta in una sola parola: interazione. Ci sono dei generi totalmente alieni a Nintendo, come gli sparatutto in prima persona o i j-rpg, e in questi ambiti la società nipponica finanzia le terze parti per completare la propria offerta; ci sono dei generi invece che probabilmente sente propri, ma di cui non può occuparsi - perché i team interni sono impegnati con altro o, come in questo caso, perché non hanno la necessaria esperienza - e quindi demanda lo sviluppo a software house esterne che, in un certo senso, possano dar vita a dei giochi simili a quelli che avrebbe potuto realizzare Nintendo se fosse scesa in campo in prima persona: seguendo questo ragionamento, ed escludendo SEGA col suo Phantasy Star Online, affidarsi a Capcom era quasi scontato, proprio per la comune concezione di "interazione". Questa parola, per l'importanza che riveste nell'intrattenimento elettronico e per la vastità semantica, meriterebbe un approfondimento a parte: al momento, senza definirle o dare giudizi qualitativi, scindiamo le due categorie principali, ovvero quella mimetica/diretta/action (esempio: i combattimenti alla Zelda) e quella diegetica/indiretta/gestionale (esempio: combattimenti alla Final Fantasy). Considerando che Nintendo e Capcom hanno sempre privilegiato la prima tipologia, che dagli anni '80 ad oggi sono quelle che ci hanno puntato di più e che hanno ottenuto costantemente risultati eccellenti (pur in contesti, in modi e con obbiettivi differenti) e tenendo conto che ogni altra società con esperienza online (in ambito mmorpg e simili) ha imboccato - più o meno drasticamente - strade differenti, ecco perché Monster Hunter rappresentava l'opzione più logica.

Io e lui o noi?

Da molti punti di vista il gioco Capcom è estremamente differente da quello che farebbe Nintendo se sviluppasse qualcosa di simile: complessità dei menù, introduzione iniziale alle meccaniche di gioco, accessibilità in generale, precisione dei controlli. Osservando la questione dalla prospettiva opposta però ci si può rendere conto di come, negli elementi cardine, sia enormemente più simile rispetto a tutti gli altri titoli simili/affini. Prima di tutto non ci sono veri e propri punti esperienza, caso praticamente unico: certo, ci sono indicatori per capire la potenza di un personaggio, ma mettendo a contatto online e offline è lampante come in Monster Hunter il "livello" sia caratterizzato principalmente dall'abilità del giocatore e dall'equipaggiamento dell'alter-ego. Un concetto di esperienza, questo, che presume una sovrapposizione totale tra utente e personaggio, tra l'abilità del primo (accresciuta dal tempo, com'è logico che sia) e gli oggetti del secondo.

Alleanza ed esperienza

Per evitare gli attacchi dei mostri/dinosauri, ad esempio, non è tanto importante avere delle statistiche elevate, quanto saper rotolare al momento giusto, e rotolare al momento giusto, oltre a una buona proprietà dei comandi, comporta conoscere le mosse e gli attacchi del nemico. Questo aspetto ci conduce a un altro elemento distintivo di Monster Hunter, il sistema di combattimento: sembrerà stupido e banale da dire, ma il gioco Capcom è uno dei pochi (online, naturalmente) a fare in modo che si venga colpiti solo se toccati dal nemici - e viceversa - e si riesca a danneggiare solo entrando in contatto con la propria preda. Sono tutti concetti elementari e semplici e apparentemente sciatti, ma in giochi rinomati e celebri come Final Fantasy XI o World of Warcraft (senza voler dare giudizi di merito) si assiste continuamente a danni inferti e ricevuti senza che ci sia alcun evidente contatto visivo (e successiva reazione fisica) tra i vari lottatori. L'ultima caratteristica importante da segnalare - per quanto non sia veramente scindibile dal sistema di combattimento e dal concetto di esperienza esposto prima - è l'approccio alla lotta, che avevamo anticipato in precedenza: non solo è basilare conoscere gli attacchi dei mostri, è importante anche saper identificare i loro atteggiamenti per comprendere la loro vitalità e il loro affaticamento, perché, anche questo caso molto raro, non ci sono indicatori energia. Non è che questo lato del gioco, come anticipato poco fa, sia concretamente separabile dagli altri... piuttosto è un'ulteriore diramazione di quella mimesi (quasi) totale tra personaggio e giocatore postulata, ricercata e voluta in ogni momento da Monster Hunter: una meta, appunto, tipicamente Nintendiana, raramente perseguita dagli altri giochi online.