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Monografie - id Software

Come cambiare il volto del mercato PC in quattro semplici mosse...

RUBRICA di Alessandro Gambino   —   28/09/2010

Ispirati dal buon esito del recente QuakeCon e dalla performance di Rage all'E3 losangelino abbiamo voluto dedicare il secondo numero di Monografie, la rubrica di Multiplayer.it che racconta il passato e il presente delle softwarehouse più blasonate, alla storia ventennale di id Software, società tra le più rappresentative della filosofia di gioco PC nonché principale responsabile dell'affermazione del genere videoludico oggi più popolare, quello degli FPS. Raccontare la storia dei first person shooter senza tirare in ballo i nomi di John Carmack, John Romero, Tom Hall e Adrian Carmack - i fondatori di id Software - sarebbe in effetti un'operazione quantomeno improbabile.Quello che in molti non sanno, tuttavia, è che l'esordio videoludico dei papà di Doom e Quake non è avvenuto con un cruento shooter in prima persona - come sarebbe stato lecito attendersi - ma con un ovattato platform bidimensionale preceduto addirittura da un tentativo di portare Super Mario Bros 3 su personal computer (sì, avete capito bene, proprio il capolavoro Nintendo dell'epoca degli 8-bit).

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Ma andiamo con ordine... Era il 1990 e il nostro quartetto di giovani sviluppatori lavorava ancora per Softdisk, società di software con base a Shreveport, Louisiana. A quei tempi i videogame erano più un hobby che un lavoro vero e proprio per i quattro maghi della tastiera, e fu quindi quasi per gioco che John Carmack mise a punto una tecnologia denominata adaptive tile refresh, che consentiva lo scorrimento laterale dello schermo in maniera estremamente fluida, cosa che fino a quel momento era ritenuta impossibile su PC. Il passo successivo fu quello di "prendere in prestito" i computer della Softdisk per realizzare un porting PC di Super Mario Bros 3. Al progetto - tutt'altro che banale, come si può intuire - lavorarono tutti i futuri fondatori di id Software, nelle ore notturne, e nei weekend, riuscendo a confezionare un porting ineccepibile, che gli valse il plauso dei rappresentati Nintendo. Assieme al plauso, però, arrivò anche il divieto tassativo di pubblicare quanto avevano prodotto, e così il gioiellino Nintendo non vide mai luce su personal computer (la casa di Kyoto non era interessata a un mercato diverso da quello console, né lo sarebbe stata negli anni a venire, come ci hanno insegnato due decadi di storia videoludica).
La tecnologia che aveva dato vita a "Super Mario PC" restava in ogni caso validissima, e così - prima ancora di fondare una propria società - i quattro ladri di Personal Computer svilupparono Commander Keen: Marooned on Mars, il primo di una lunga serie di platform dal successo meritatissimo.

Da Bowser a Hitler, da Hitler alla Spider Mastermind

id Software fu fondata ufficialmente il 1º febbraio 1991, ma la data che segnò irreversibilmente la sua storia fu il 5 maggio 1992, giorno in cui venne pubblicato in Nord America Wolfenstein 3D, il celeberrimo capostipite del genere degli FPS.

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A voler esser pignoli, in questo come in altri casi il senso comune ha peccato di approssimazione, trascurando il ruolo centrale che hanno avuto nella gestazione del genere titoli come Maze War, Spasim e Battlezone. La stessa id Software prima del 1992 aveva pubblicato due titoli a tutti gli effetti in prima persona, Hovertank 3D e Catacomb 3-D, ma solo con Wolfenstein il genere degli FPS ha raggiunto una piena maturità formale, riuscendo a un tempo a imbrigliare le grandi masse di videogiocatori che ancora trattiene.
Distribuita in forma episodica e diffusasi sopratutto grazie al sistema dello shareware, la prima avventura di William Blazkowicz fu un successo commerciale senza precedenti per la software house texana. La tecnologia alla base del gioco era la stessa con cui erano stati confezionati i precedenti FPS id, il ray casting, capace di generare ambienti pseudo-tridimensionali percorsi da sprite 2d, ma quando Wolfenstein arrivò sul mercato non esistevano titoli in prima persona altrettanto dettagliati e veloci.
Grafica all'ultimo grido, gameplay frenetico, livelli labirintici e tanti, tantissimi nazisti da fare a pezzi (compreso un cattivissimo Adolf Hitler che compariva in armatura robotica come boss finale del gioco), erano gli ingredienti che fecero di Wolfenstain un titolo "tripla A", come si direbbe oggi. La trama era praticamente inesistente ma la cosa non sembrò scandalizzare nessuno. Già allora le idee di Carmack in fatto di narrativa videoludica erano fin troppo chiare: "La trama in un videogioco è come la trama in un film porno. Ti aspetti che ci sia, ma in fondo non serve a nulla", ebbe a dichiarare il coder yankee qualche anno dopo, e questo nonostante l'idea del ray casting gli fosse venuta studiando una tech-demo di Ultima Underworld, Action-RPG che a una trama di livello non aveva voluto rinunciare. A confermare la validità della sua teoria ci pensarano in ogni caso Doom e il suo seguito, titoli che in breve tempo diventarono sinonimo di FPS.

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Se le cose fossero andate diversamente, molto probabilmente il quarto FPS di id Software si sarebbe chiamato Aliens - Scontro finale e non Doom; ma come si sa la vita è piena di incertezze e le difficoltà incorse nelle trattative con 20th Century Fox spinsero il quartetto texano a ripiegare su un'idea più semplice (ancora una volta partorita da John Carmack): prendere un marine dello spazio e mandargli contro un'orda di demoni dell'inferno. Doom, a quel punto, non era ancora il massacro sanguinolento che noi tutti conosciamo; il titolo id rischiò di diventare qualcosa di più complesso di un semplice FPS, un ibrido tra diversi generi con una storia "importante" scritta da Tom Hall. Il resto del team texano aveva però idee diverse e il buon Tom fu costretto a mettere a frutto il suo talento in altro loco.
Fu così che l'ennesimo titolo in prima persona di id divenne il concentrato di brutalità che oggi associamo al nome Doom. I miglioramenti rispetto a Wolfenstein erano soprattutto di carattere grafico, ma anche il level design, finalmente libero di svilupparsi su più piani, fece un deciso passo in avanti. Ciò che la nuova veste grafica portò in dote, tuttavia, fu soprattutto una dose esageratamente alta di violenza, qualcosa che fino a quel momento non si era mai visto in un videogame: giocando a Doom si aveva "davvero" la sensazione di squartare orde di demoni a colpi di shotgun e motosega, e questo - c'è da scommetterci - contribuì non poco al successo del titolo e del suo fortunatissimo seguito.

Le produzioni id Software


Commander Keen Episode 1: Marooned on Mars (1990)
Commander Keen Episode 2: The Earth Explodes (1991)
Commander Keen Episode 3: Keen Must Die (1991)
Commander Keen Keen Dreams (1991)
Commander Keen Episode 4: Secret of the Oracle (1991)
Commander Keen Episode 5: The Armageddon Machine (1991)
Commander Keen Episode 6: Aliens Ate My Baby Sitter (1991)
Dangerous Dave in the Haunted Mansion* (1991)
Rescue Rover (1991)
Rescue Rover 2 (1991)
Shadow Knights (1991)
Hovertank 3D (1991)
Catacomb 3D: A New Dimension (1991) ri-pubblicato come Catacomb 3-D: The Descent
Wolfenstein 3D (1992)
Spear of Destiny (1992)
Doom (1993)
The Ultimate Doom (1995)
Doom II: Hell on Earth (1994)
Master Levels for Doom II (1995)
Final Doom (1996)
Quake (1996)
id Anthology (1996)
Quake II (1997)
Quake III Arena (1999)
Quake III: Team Arena (2000)
Doom: Collector's Edition (2001)
Doom 3 (2004)
Quake Live (2009) Wolfenstein 3D Classic (2009)
Doom Classic (2009)
Rage (2011)
Doom 4 (TBA)

*Il personaggio di Dangerous Dave nacque con l'omonimo platform di John Romero, completato nel 1988 e quindi antecedente a Commander Keen. Secondo alcuni sarebbe questo il primo vero titolo videoludico di id Software; secondo altri invece, il frutto di un'iniziativa personale di Romero non può essere considerato l'atto di nascita della società texana.

Terremoti ed epiche battaglie

Di "Doom cloni", come vennero chiamati gli appartenenti al genere degli FPS nei primi anni Novanta, ne furono pubblicati parecchi, con varianti sul tema tutt'altro che banali. Alcuni erano FPS di notevole caratura, altri cloni di nome e di fatto, nessuno di questi titoli fu tuttavia in grado di far compiere al genere quel passo avanti tecnologico che si attendeva dal nuovo titolo id: Quake, un terremoto di nome e di fatto.

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Pubblicato nel giugno del 1996, Quake si presentò al pubblico occidentale con un'atmosfera più "gotica" di quella dei suoi illustri predecessori; ma soprattutto con un mondo che per la prima volta era compiutamente tridimensionale. Niente più sprite e niente più visuale bloccata sull'asse verticale: tutto nel mondo di Quake era composto di poligoni e ricoperto di texture. Libertà di movimento e dettaglio grafico senza precedenti (a patto di possedere una delle primissime schede grafiche per l'accelerazione 3D) si affiancavano alla possibilità di giocare online tramite connessione internet, altra conquista tecnologica conseguita dal team di Dallas. Il titolo id ancora una volta doveva essere qualcosa di più complesso e ancora una volta costò il posto di lavoro a uno dei membri fondatori della società (questa volta fu John Romero a lasciare spontaneamente la sua posizione); i risultati furono in ogni caso eclatanti, perlomeno a giudicare dai dati di vendita e dall'importanza che ancora si attribuisce al titolo id...

Per dovere di cronaca dobbiamo ricordare che con qualche mese di anticipo rispetto a Quake venne pubblicato su PC un altro storico FPS (su cui lavorò il silurato illustre Tom Hall), Duke Nuken 3D, che pur restando legato alla logica degli sprite bidimensionali offriva al giocatore un grado di libertà se possibile superiore a quello di Quake. Il carisma del Duca e le indubbie qualità del titolo 3D Realms non bastarono però a incrinare il predominio tecnologico di Carmack e soci; perché questo accadesse dovette fare la sua apparizione sul mercato PC un certo Unreal, titolo graziato dagli ambienti più grandi e dettagliati mai visti in uno shooter (anche Quake II, pubblicato nel dicembre del '97, sembrò poca cosa al confronto).

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A partire da quel momento id Software ed Epic - la software house responsabile di Unreal - ingaggiarono una guerra senza quartiere combattuta a suon di FPS, ma soprattutto di motori grafici. I loro attesissimi shooter erano in effetti una vetrina ideale per presentare al mondo i loro motori, che immancabilmente finivano per essere acquistati dalle software house concorrenti, incapaci di competere sul loro stesso piano. Il momento più caldo di questa sfida tecnologica fu probabilmente raggiunto con il rilascio simultaneo di Unreal Tornament e Quake III, shooter che oltre a condividere una qualità grafica fuori dal comune (quella volta fu il titolo id a sfoggiare il motore più performante) si segnalarono anche per la natura squisitamente multiplayer della loro formula di gioco: né Unreal Tornament né Quake III, infatti, avevano una modalità single player propriamente detta, ma solo delle modalità multiplayer che potevano essere affrontate in compagnia di bot mossi dall'intelligenza artificiale. Inutile dire che in entrambi i casi la scelta si rivelò vincente e che ancora oggi si discute su quale dei titoli fosse il migliore.

Tra ritorni alle origini e cambiamenti necessari

Dopo qualche anno di monopolio dell'Unreal Engine 2 John Carmack riuscì a riconquistare il titolo di alfiere della tecnologia con un attesissimo sequel, Doom 3, shooter estremamente classico nell'impostazione che però venne costruito sull'id Tech 4, un motore grafico talmente avanguardistico in fatto di illuminazione e texture da trasformare Doom 3 nel perfetto benchmark per i sistemi del 2004.

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Sfortunatamente (o fortunatamente, a seconda dei punti di vista), quello stesso anno un altro attesissimo seguito venne rilasciato sul mercato PC. Non si trattava di un titolo Epic, ma del secondo capitolo di una saga che aveva visto i natali proprio col motore grafico di Quake.
Half-Life 2 (se ancora non fosse chiaro è proprio del capolavoro Valve che stiamo parlando) venne sviluppato su un motore grafico proprietario, il celeberrimo Source Engine, che fu capace di mettere in ombra tutti i progressi tecnici compiuti da Carmack e soci. Non che Doom 3 non fosse il titolo visivamente più impressionante al momento della sua uscita; semplicemente, la maniera in cui il titolo Valve gestiva complessi calcoli fisici senza rallentamenti o incertezze di sorta fece più scalpore di qualunque progresso grafico; e questo senza contare che Half-Life 2 venne universalmente riconosciuto come uno dei migliori shooter di sempre, forse il migliore in assoluto.

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L'id Tech 4 non ebbe quindi la diffusione che Carmack aveva sperato e gli anni seguenti non furono particolarmente brillanti per la società texana. Nel giugno 2009 si concluse anche l'acquisizione di id da parte di ZeniMax (il gruppo dietro a Bethesda Softwork), che mise fine alla sua storia di società indipendente; qualcuno parlò addirittura di fine di un'epoca, e tra questi ci fu anche il vulcanico Cliff Bleszinski, l'ideatore di Unreal Tornament e Gears of War.
Il buon Clifford, pur parlando col cuore, è stato probabilmente troppo solerte nel pronunciare la sua orazione funebre; questo almeno suggerisce il riscontro critico che ha avuto Rage allo scorso E3, dove il titolo id ha fatto incetta di premi e preview positive. E' praticamente certo, quindi, che i due vecchi nemici torneranno a sfidarsi, con modalità e tempi diversi da quelli del passato e con nuovi avversari con cui fare i conti, ma non è forse questo quello che chiedono i loro fan storici?

Il destino degli esclusi

Mantenere il proprio posto di lavoro in id Software non dev'essere la più semplice delle imprese. Perlomeno questo è quello che viene da pensare guardando alla carriera dei suoi quattro membri fondatori. Di questi, solo il celeberrimo John Carmack, lead programmer nonché spina dorsale della società, ha mantenuto la sua poltrona sino al momento in cui scriviamo. Tom Hall, il game designer di Wolfenstein e dei primissimi titoli id, come si è detto ha lasciato la società texana quando è cominciato lo sviluppo di Doom; John Romero, programmatore secondo solo a John Carmack nella gerarchia di id, ha fatto lo stesso dopo aver visto vanificati i suoi tentativi di trasformare Quake in una sorta di Action-RPG. Insieme, i due amici di vecchia data hanno fondato lo studio texano di Ion Storm, dove hanno diretto rispettivamente Anachronox e Daikatana (il vero capolavoro di Ion Storm fu tuttavia Deus Ex, sviluppato ad Austin sotto la supervisione di Warren Spector, ideatore di Ultima Underworld). Nel 2005 anche Adrian Carmack (che con John non è in alcun modo imparentato) ha lasciato id Software, ufficialmente per continuare la sua carriera di artista al di fuori dell'industria videoludica, ufficiosamente citando i suoi ex colleghi per il licenziamento forzoso a cui è stato sottoposto. Tra i nomi illustri aggiuntisi negli anni alla lista di talenti id spiccano senza dubbio American McGee e Sandy Petersen, i designer a cui si devono alcuni dei livelli più ispirati di Doom, Doom II, The Ultimate Doom, Quake e Quake II. Il primo, a quanto ne sappiamo, venne licenziato subito dopo il completamento di Quake II, andando ad ingrossare le file di Electronic Arts dove sviluppò il mai abbastanza lodato American McGee's Alice. Petersen, per parte sua, lasciò la società texana prima ancora che il seguito di Quake fosse ultimato, trovando immediatamente impiego negli uffici di Ensemble Studios, dove lavorò alla serie di Age of Empire in qualità di game designer.