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Dannati per caso

Facendoci largo tra orde di demoni e ambientazioni immerse nell'Oscurità, abbiamo provato in anteprima il nuovo gioco di tre star come Mikami, Suda e Yamaoka

PROVATO di Vincenzo Lettera   —   18/05/2011

Versione testata: PlayStation 3

"Qui giace Garcia Hotspur, cacciatore di demoni. E' morto indossando una giacca viola". Su una lapide posta in un angolo di un cimitero abbandonato è inciso un testo inquietante ed esilarante allo stesso tempo.

Dannati per caso

Ed è un po' questa l'alchimia che sembra sorreggere per tutto il tempo Shadows of the Damned, l'action partorito da un vero e proprio dream team di sviluppatori nipponici. Shinji Mikami e Goichi Suda si sono chiaramente divertiti a riempire ogni corridoio e ogni angolo di elementi disturbanti, mostri deformi e oscuri demoni, ma ogni istante è intriso di humour nero e battute spudoratamente trash. Il tutto accompagnato dalle note aggressive e conturbanti di Akira Yamaoka, il genio musicale dietro ai pentagrammi di Silent Hill. A poche settimane dal lancio del gioco abbiamo avuto l'occasione di calarci negli inferi di Grasshopper per qualche ora, danzare tra le ombre assieme ai demoni e farci terrorizzare da incubi fin troppo realistici. Ma il terrore più grande è che l'opera di Mikami e Suda 51 non meriti tutto l'hype che si è venuto a creare.

Tra luci e ombre

Già dai primi istanti, una sequenza estremamente cinematografica anticipa quelli che saranno i toni dell'avventura, strizzando pesantemente l'occhio a titoli come Devil May Cry. Con il suo vocabolario colorito, i suoi modi di fare e il suo grilletto facile, Garcia Hotspur ricorda una versione ispanica del Dante di Capcom, mentre con un colpo dritto in fronte mette a tacere un enorme demone taurino. Un protagonista cafone, freddo e sboccato, quasi un cliché, che deve gran parte della sua personalità al suo accento spagnolo. I minuti appena successivi sono un'escalation di mutilazioni ed avvenimenti drammatici, che si concludono con il rapimento di Paula, la ragazza di Garcia, da parte di Fleming, signore dei demoni. Allo scopo di salvarla, il giocatore seguirà la sua nemesi fino al suo regno demoniaco, popolato da orribili creature dannate. Fin dall'inizio saremo affiancati da Johnson, uno svolazzante teschio rinnegato che, come Wheatley in Portal 2, è caratterizzato da un marcato accento British e da uno spiccato senso dell'humour. Tuttavia, oltre a intavolare una serie di esilaranti chiacchierate col giocatore, Johnson avrà una funzione ben precisa ai fini del gameplay: in qualsiasi momento sarà in grado di trasformarsi in una torcia o in una pistola, diventando così la principale arma da utilizzare in combattimento. Addirittura, nei primi minuti di gioco si è anche trasformato in una rombante moto, sebbene la cosa si sia limitata a una sequenza d'intermezzo non interattiva, e di sessioni di guida non ne abbiamo mai viste. Riguardo agli scontri a fuoco, Shadows of the Damned è come uno sparatutto in terza persona decisamente classico, con Mikami che ha evidentemente ripreso la telecamera e le meccaniche introdotte con Resident Evil 4, se non per la possibilità di mirare e sparare in movimento. Tra capriole, schivate e sprint, il nuovo gioco di Grasshopper è assai più dinamico, frenetico e movimentato, il che farà sicuramente piacere agli appassionati del genere, ma allo stesso modo potrebbe deludere chi si aspettava un approccio più atipico. Più originale è invece la meccanica di gioco su cui si baseranno tutti gli enigmi ambientali e numerosi scontri con boss: spesso capiterà di entrare in una zona oscura, un'area delimitata all'interno della quale i nemici saranno immortali e Garcia perderà rapidamente la sua salute.

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Sarà quindi prioritario trovare un lampadario da illuminare, un mortaio dal quale sparare fuochi d'artificio, o qualsiasi altra cosa in grado di fare luce e permettere all'Oscurità di svanire. Molti piccoli enigmi si baseranno proprio su quest'idea, con alcuni dispositivi da attivare stando nell'Oscurità o nemici che tenteranno di spegnere i lampadari non appena volterete lo sguardo. Considerando che l'intero gioco sembra ruotare attorno a questa meccanica, sarà fondamentale per il team di sviluppo tenere alto l'interesse del giocatore con idee sempre fresche, sebbene qualche dubbio in sede di anteprima sia rimasto. Eliminando nemici o semplicemente esplorando aree di gioco è possibile poi raccogliere diamanti colorati, utili ad acquistare alcolici per ricaricare la propria energia, potenziare le armi a disposizione o sbloccare nuove trasformazioni per Johnson: niente di troppo vario, almeno a giudicare dalle prime ore di gioco, visto che il nostro scheletrico amico era in grado di mutare in una normale pistola, in un mitra e in una sorta di lento fucile a pompa.

Uno stile infernale

Per quanto non sia affatto brutto da vedere, Shadows of the Damned non può certo farsi vanto della sua realizzazione grafica: nonostante gli stretti corridoi e le aree molto limitate, l'impatto complessivo non regge il confronto con gli shooter più recenti, colpa anche di un contrasto eccessivo tra tinte assai cupe e un effetto bloom esagerato. Quando però le mani in pasta ce le mette Suda 51, la conta dei poligoni passa in secondo piano, lasciando il posto all'analisi di scelte stilistiche originali e visionarie. Volti di enormi neonati piangono sugli arrugginiti cancelli, intanto che il giocatore insegue l'anima della sua ragazza mentre in lingerie super-sexy cammina tra macellai mascherati, giganteschi diavoli e cavalli mutilati.

Dannati per caso

Uno scontro con un boss ci ha visto fronteggiare un diavolo taurino in sella a un destriero senza muso, il quale correndo in circolo defecava enormi bolle d'Oscurità. Semplicemente poetico, non trovate? Anche se un setting infernale pieno di creature demoniache è una ricetta che abbiamo assaporato fin troppe volte, l'impronta di Goichi Suda sembrerebbe riuscire, anche se con alti e bassi, nella difficile impresa di non renderlo banale. Ancora una volta le influenze dal cinema e dai fumetti sono evidenti, eppure il rischio che una parte dei suoi seguaci storca il naso è molto forte: dopotutto, dall'autore di Killer 7 e No More Heroes ci si aspetterebbe un gioco molto meno tradizionale e con personalità da vendere. Insomma, il trio di nomi altisonanti dietro Shadows of the Damned promette già prima del lancio un'esperienza frenetica, sicuramente gradevole e spudoratamente cafona. Situazioni trash e continue battute macabre o a sfondo sessuale, che per quanto gratuite sono indubbiamente riuscite, accompagneranno il giocatore lungo tutta la sua discesa negli inferi. Gli unici dubbi emersi in sede di prova riguardano le fasi più avanzate, quando i dialoghi tra i personaggi e le scelte stilistiche adottate per i nemici inizieranno inevitabilmente a perdere il loro appeal, facendo emergere un tipo di gioco forse troppo tradizionale per chi dall'accoppiata Suda-Mikami si aspetta un fiume di idee. A questo punto, sperando vivamente di essere smentiti, non ci resta che attendere la versione completa del gioco e rimandare il giudizio finale in sede di recensione.

CERTEZZE

  • Suda 51 + Mikami + Yamaoka
  • Design dei demoni assai ispirato
  • Si prospetta un'esperienza fantastica per chi ama il genere...

DUBBI

  • ...un po' meno per chi sperava in un gioco atipico
  • Dopo alcune ore rischia di diventare ripetitivo