Ogni volta che sale sul palco con quella spada e quello scudo in plastica, Shigeru Miyamoto non può che far sorridere. Quasi sessant'anni ed eccolo di nuovo lì, ad agitarsi come un matto imitando le gesta di uno dei personaggi che l'hanno consacrato nell'Olimpo dei videogiochi. La reazione degli spettatori spesso si divide tra divertita perplessità e assoluta venerazione: la realtà è che quell'ometto dagli occhi a mandorla che, sorridendo, mima le animazioni virtuali di Link fendendo e colpendo l'aria, in realtà in mano non sta impugnando una spada di plastica, ma un simbolo di assoluto potere. Non c'è da scherzare con Miyamoto, lui ha praticamente creato il videogioco e messo in moto una serie di successi commerciali che hanno contribuito in gran parte a rendere Nintendo ciò che è oggi. Ma sopratutto, ha gettato le basi per una vera e propria filosofia, diventando un simbolo e il punto di riferimento di qualunque game-designer che si rispetti. E pensare che una volta voleva fare il fumettista...
Le origini del mito
E' il 16 novembre 1952 quando nasce il figlio di Iijake Miyamoto e Hinako Aruha. Siamo a Sonobe, un paesino nei pressi di Kyoto, e lo sviluppo tecnologico è ancora ben distante dalla natura incontaminata che accoglie il pargolo dei Miyamoto. Shigeru fin da piccolo adora esplorare le foreste che avvolgono la sua abitazione, è un ragazzo sveglio e curioso che ama osservare l'ambiente e il suo piccolo mondo rurale. Si laurea al college municipale delle arti industriali di Kanazawa ma non trova subito lavoro e, anzi, prende in considerazione l'idea di diventare un mangaka, un fumettista professionista, ma il destino ha piani un po' diversi per lui. Miyamoto viene assunto da Gunpei Yokoi presso Nintendo, una bizzarra società di Kyoto fondata nel 1889 per produrre e distribuire un gioco di carte e che da allora aveva fatto un po' di tutto, dal riso precotto alle catene di alberghi a ore, prima di stabilizzarsi nel mercato dell'intrattenimento per famiglie. In quel periodo Nintendo stava sviluppando i primi prototipi delle console per videogiochi moderne, chiamate Color TV Game, e Miyamoto aveva il compito di disegnarne i case.
Yokoi notò subito il suo talento e la sua creatività e Miyamoto si ritrovò a lavorare sul primo cabinato arcade della compagnia, lo sparatutto Radar Scope. Era il 1980 e forse il mondo occidentale non era ancora pronto per questo tipo di intrattenimento perché Radar Scope riscosse un discreto successo in Giappone ma fu un vero disastro in Nord America, portando Nintendo sull'orlo della bancarotta con una quantità impressionante di unità invendute. Hiroshi Yamauchi, presidente di Nintendo, cercò di salvare la compagnia trasformando le unità Radar Scope avanzate in un cabinato del tutto nuovo, affidando a Miyamoto e Yokoi questa difficile conversione. Miyamoto però era un genio e cominciò subito a pensare a qualche idea originale, per esempio un triangolo amoroso che coinvolgesse un gorilla, una ragazza e un carpentiere. Braccio di Ferro era un personaggio piuttosto famoso a quei tempi, quindi Miyamoto si ispirò al marinaio, al suo rivale Bruto e alla bella Olivia, poi anche a King Kong e alla Bella e la Bestia. Condì il tutto con un po' di umorismo e infornò che già stava pensando al titolo del gioco: avrete capito tutti che stiamo parlando di Donkey Kong e questa fu la prima volta nella storia dei videogiochi che si lavorò prima alla trama e poi al codice. Miyamoto non era in grado di programmare il gioco da solo, così si affido ai tecnici di Nintendo, dimostrando subito un estro creativo limitato dalla tecnologia rudimentale del periodo.
Miyamoto voleva che i personaggi fossero differenziati in taglia, animazioni e reazioni e voleva che il gioco fosse strutturato in più livelli, elaborando perfino un metodo di trasporto, le famose scale, che nemmeno Yokoi aveva contemplato. Ironicamente, Nintendo of America, che peraltro riteneva il gioco un probabile fallimento per via della sua particolarità rispetto ai più diffusi sparatutto, decretò i nomi dei personaggi che sarebbero diventati famosi per trent'anni e il protagonista Jumpman, chiamato così per fare il verso a Pacman, divenne Mario, perché Mario Segale era il proprietario degli uffici Nintendo. Donkey Kong fu un successo clamoroso che condusse Miyamoto allo sviluppo dei sequel Donkey Kong Jr. e Donkey Kong 3. Fu così che iniziò la sua scalata al successo, passando per Excitebike e Devil World, ma alla gente piaceva il Mario di Donkey Kong e così Miyamoto, ispirandosi a un certo gioco intitolato Joust, ideò un nuovo titolo con Mario e un inedito fratello, Luigi, ambientato nelle intricate fogne newyorkesi, in cui i due gemelli, non più carpentieri ma idraulici, dovevano affrontare svariati mostriciattoli, controllati magari da due giocatori contemporaneamente. Neanche Miyamoto stesso aveva idea di cosa stava per iniziare quando diede vita a Mario Bros.
Curiosità
Shigeru Miyamoto fa videogiochi come nessun altro al mondo, eppure nel privato non è un videogiocatore vorace: nei rari momenti di tempo libero, Miyamoto preferisce di gran lunga suonare la chitarra, il mandolino e il banjo. Inoltre, uno dei suoi hobby preferiti consiste nell'ipotizzare le dimensioni di un oggetto per poi misurarle e scoprire di quanto si è eventualmente sbagliato: per questo porta sempre in tasca un metro.
Un super sviluppatore
La collaborazione tra Miyamoto e Yokoi continuò dopo Mario Bros. con lo sviluppo di Ice Climber, Kid Icarus e svariati altri cabinati, ma il cuore di Miyamoto continuava a battere per Mario e Super Mario Bros. fu il successivo capitolo in quello che stava diventando un vero e proprio franchise. Nel frattempo, l'eclettico Shigeru stava pensando di abbandonare l'ormai abusato sistema di punteggi che caratterizzava i videogiochi di quel periodo. Il suo primo esperimento, in questo senso, fu un gioco d'avventura che doveva sembrare "un giardino in miniatura da chiudere in un cassetto", un videogame non lineare in cui l'utente doveva affrontare enigmi di vario genere usando il cervello più che i riflessi. Aggrappandosi ai ricordi della sua infanzia e a quelle fantastiche esplorazioni di grotte, boschi e campagne, Miyamoto creò un mondo sorprendente che chiamò Hyrule: era il 1986 e Nintendo rilasciava The Legend of Zelda per NES.
Negli anni successivi, l'instancabile Miya si dedicò al proseguimento delle sue saghe, talvolta modificandone la struttura nel tentativo di imboccare altre strade, un'operazione dall'esito non sempre positivo (è il caso di The Legend of Zelda II: Link's Adventure). Super Mario Bros. 2 non raggiunse il mercato occidentale per anni e con quel titolo fu rinominata una versione pesantemente modificata del gioco Yume Kōjō: Doki Doki Panic; nel frattempo, Miyamoto già lavorava a Super Mario Bros. 3. Ci vollero due anni per completarlo e il suo estro creativo era decisamente in fibrillazione, tra costumi che trasformavano in procioni (scelti a favore di una meno convincente forma da centauro) e molteplici nemici nuovi di zecca, tra i quali i sette figli di Bowser che Miyamoto nominò ispirandosi a sette dei suoi più cari collaboratori (nella versione occidentale i nomi furono ispirati da alcuni musicisti e compositori). Il terzo capitolo di Super Mario fu un vero e proprio hit internazionale e al giorno d'oggi è considerato uno dei migliori episodi della serie, se non addirittura il migliore. A quel punto Miyamoto era uno dei principali fautori del successo globale di Nintendo e delle sue console e assunse il ruolo di direttore del reparto Nintendo EAD (Nintendo Entertainment Analysis and Development) giusto in tempo per la nascita del Super NES.
Curiosità
Nella versione giapponese del cartone animato ispirato ai Pokémon, Gary Oak si chiama in realtà Shigeru, proprio in omaggio a Miyamoto che era stato il mentore di Satoshi Tajiri, creatore del franchise. Miyamoto è anche il nome del protagonista nel gioco per PC Daikatana, per lo stesso motivo. Nel 1998 Miyamoto è stata la prima persona a entrare nella Hall of Fame dell'Accademia delle Scienze e delle Arti Interattive. Nel 2006, il TIME l'ha inserito nella sua lista "60 Years of Asian Heroes" insieme a personaggi del calibro di Mahatma Gandhi, Madre Teresa, Hayao Miyazaki e Bruce Lee. Per due anni di seguito, la rivista Time Magazine l'ha considerato una delle cento persone più influenti dell'anno.
Da 16 a 64 bit
Uno dei titoli di lancio della nuova console Nintendo a 16-bit fu F-Zero: il team di Miyamoto ebbe a malapena quindici mesi per sviluppare il gioco e Shigeru già in quel periodo lavorava a più progetti contemporaneamente, tra i quali Star Fox. Le ambizioni di Miyamoto per questa sua ultima creatura furono tali che Nintendo sviluppò il chip Super FX, in grado di gestire la grafica tridimensionale. Miyamoto, Yoichi Yamada e Katsuya Eguchi progettarono Star Fox attorno a questo chip, sviluppando uno sparatutto arcade dal sapore rivoluzionario. La ludoteca SNES a quel punto era già ricca di titoli storici che non hanno bisogno di presentazioni e in tutti questi progetti c'era lo zampino di Miyamoto: l'inevitabile Super Mario World seguito dall'originalissimo, visivamente e ludicamente, Super Mario World 2: Yoshi's Island; Pilotwings e Stunt Race FX; un nuovo Zelda, A Link to the Past, considerato ancora oggi una delle migliori avventure videoludiche in assoluto; lo straordinario Super Mario Kart e Kirby's Adventure, seguito a 16-bit del debutto portatile del batuffolo rosa su Game Boy. Miyamoto chiuse la sua personalissima era SNES dirigendo una partnership tra Nintendo e l'allora inseparabile Square Co. nello sviluppo del primo RPG ambientato nell'universo di Mario, Legend of the Seven Stars. Come Miyamoto riuscisse a seguire tanti progetti contemporaneamente, compresi quelli per l'handheld Game Boy, è un vero mistero. Ma ci riusciva, e con riscontri eccellenti di critica e pubblico. A quel punto Miyamoto si concentrava sopratutto sui franchise di sicuro successo che aveva ideato fino a quel momento e questa tradizione continuò anche con il Nintendo 64. La nuova console gli offriva un approccio del tutto nuovo al game design e Miyamoto discusse per mesi gli scopi e gli obiettivi del suo prossimo hit, trascorrendo settimane a lavorare soltanto sulla telecamera di un gioco che sarebbe dovuto, almeno inizialmente, essere un platform isometrico, prima di diventare il Super Mario 64 free-roaming che tutti conosciamo.
Inutile discutere le conseguenze e l'impatto straordinario del nuovo capolavoro miyamotiano, come è inutile farlo per il secondo gioco sviluppato dal team per Nintendo 64, The Legend of Zelda: Ocarina of Time. In questo caso vale la pena però precisare che lo sviluppo fu affidato a più direttori, una nuova strategia elaborata da Miyamoto che restava comunque direttore generale, supervisore e produttore del gioco. Originariamente, Ocarina of Time sarebbe dovuto essere un adventure in prima persona ma Miyamoto sentiva la necessità di mostrare la doppia incarnazione di Link, giovane e adulta: lo sviluppo proseguì, fino al suo completamento, elaborando e accantonando continuamente idee su idee, fino a concretizzarsi nel kolossal recentemente riproposto su Nintendo 3DS. Miyamoto, intanto, lavorava a Mario Kart 64, Mario Party, Paper Mario, i nuovi F-Zero, lo Star Fox 64 che ha appena goduto di una versione 3D per Nintendo 3DS, Super Smash Bros. e molti altri: impossibile elencarli tutti. Con The Legend of Zelda: Majora's Mask, Miyamoto si era trovato di fronte a un vera e propria sfida, bissare l'incredibile successo ottenuto da Ocarina of Time appena due anni prima. Insieme a Eiji Aonuma, Miyamoto ideò il famigerato sistema a tre giorni: ancora oggi i fan discutono su quale The Legend of Zelda a 64 bit sia il miglior Zelda mai realizzato.
Curiosità
Nel 2006, Miyamoto è stato eletto Chevalier nel French Ordre des Arts et des Lettres dal ministro della cultura francese Renaud Donnedieu de Vabres in persona. Un anno dopo, Miyamoto ha ricevuto il premio Lifetime Achievement durante il Game Developers Choice Awards, "per una carriera esaltata dalla creazione di Donkey Kong, Super Mario, The Legend of Zelda e le rivoluzionarie console Nintendo Wii e Nintendo DS". Secondo IGN e GameTrailers, Shigeru Miyamoto è il primo sviluppatore nella loro "Top 10" e "Top 100" dei più grandi creatori di videogiochi di tutti i tempi. E' stato anche il primo sviluppatore di videogiochi a ottenere il più alto riconoscimento spagnolo, Premios Príncipe de Asturias, assegnato dalla Prince of Asturias Foundation alle persone, entità o organizzazioni internazionali che hanno conseguito importanti traguardi scientifici e umanitari.
Idee al cubo e spade nel cielo
Naturalmente, Shigeru Miyamoto era in prima fila al lancio di GameCube, ma questa volta non aprì le danze con il suo idraulico preferito, ma con l'altro, il gemello in verde: Luigi's Mansion fu presentato come demo tecnica al Nintendo Space World 2000 per poi divenire un gioco vero e proprio che debuttò insieme alla console. Durante la breve vita di GameCube, Miyamoto non si limitò a sviluppare e produrre soltanto spin-off o nuovi capitoli dei suoi franchise preferiti, ma diede i natali anche a serie come Pikmin e Metroid Prime, quest'ultima in particolare fu il suo omaggio al mentore Gunpei Yokoi, scomparso nel 1997 a causa di un incidente stradale. Da Super Mario Sunshine, il capitolo più criticato nelle gesta dell'idraulico baffuto, a Super Mario Galaxy passarono ben cinque anni, un periodo in cui il videogaming si era evoluto in modi che Shigeru Miyamoto, quando mise piede alla Nintendo nel 1979, non avrebbe mai immaginato.
La competizione tecnologica imposta dalle console Sony e Microsoft (ma anche Sega con il suo Dreamcast) aveva obbligato Nintendo a percorrere nuove strade all'insegna del gameplay, mantenendo un distacco tecnico che Miyamoto aveva spesso colmato con un game-design sempre geniale e privo di sbavature. Le possibilità offerte dal peculiare sistema di controllo di Nintendo Wii offrirono a Miyamoto innumerevoli spunti che cominciarono a concretizzarsi già da The Legend of Zelda: Twilight Princess. Contemporaneamente, anche il duplice schermo del Nintendo DS era una feature che poteva essere sfruttata per elaborare videogame senza precedenti, non a caso il nome di Miyamoto figura nei riconoscimenti perfino di Nintendogs e, neanche a dirlo, del porting di Super Mario 64 e dei due sequel di The Legend of Zelda: Wind Waker, ovvero Phantom Hourglass e Spirit Tracks. Oggi, Shigeru Miyamoto, General Manager del reparto EAD Nintendo, sposato con la moglie Yasuko dalla quale ha avuto due figli, reduce del duplice successo ottenuto da Super Mario Galaxy e Super Mario Galaxy 2, inframmezzati da New Super Mario Bros. e una caterva di altri titoli, lavora senza sosta alla nuova avventura di Link, Skyward Sword. Per questo l'abbiamo visto sul palco armato di spada e scudo, nell'intento di mostrare un sistema di controllo senza precedenti per la sua creatura più amata.
Siamo giunti alla conclusione di questo appuntamento con Monografie e sospettiamo un'espressione corrucciata sul volto dei lettori, specialmente dei fan che non vedono citati i loro giochi preferiti, ma la carriera di Shigeru Miyamoto è costituita da un curriculum di produzioni davvero gargantuesco che è impossibile da racchiudere nei nostri tradizionali box laterali. Sappiate, dunque, che nell'arco di trent'anni, l'abilità di Shigeru Miyamoto è stata soltanto riconfermata dal successo dei suoi giochi: nonostante sia stato accusato di ridondanza per la precisa scelta di riutilizzare costantemente i brand più famosi di Nintendo, Super Mario e The Legend of Zelda sopratutto, Miyamoto è sempre riuscito a introdurre meccaniche nuove e originali nei suoi progetti, riconquistando ogni volta la fiducia dei giocatori più diffidenti e ammaliando ancora e ancora quei fan che non hanno mai smesso di credere nel suo genio.