La notizia sta facendo il giro del mondo: secondo Eurogamer, il pluripremiato creatore di Ico e Shadow of the Colossus lascerà il suo ufficio presso Sony per concludere da freelance lo sviluppo dell'attesissimo The Last Guardian, prima di dedicarsi a nuovi progetti personali. A quanto pare sarebbe proprio questa la ragione dei continui ritardi del gioco, d'altra parte sembrerebbe essere stata proprio l'eccessiva lentezza del Team Ico a causare la frattura tra Ueda e Sony. Lo scorso settembre, il presidente di SCE Studios, Shuhei Yoshida, aveva commentato così l'assenza del prestigioso titolo al recente Tokyo Game Show:
"in termini di progressi, la situazione è difficile perché non procede velocemente come avremmo sperato e il team è sotto molta pressione". The Last Guardian è in sviluppo da ben sei anni e le sue apparizioni in pubblico sono state sempre più rarefatte, a conti fatti non esiste ancora una ipotetica data di uscita e Ueda si è perfino rifiutato di mostrare l'attuale build del gioco durante l'ultimo TGS, una decisione che a quanto pare non è stata gradita dai vertici Sony.
Ueda e le sue creature
"Non ho mai sviluppato un gioco in un ambiente diverso da Sony" ha confidato Fumito Ueda durante un'intervista, "Ma qui credo di poter disporre di una considerevole libertà". Ed è vero, perché in effetti i giochi concepiti da Fumito Ueda e sviluppati dal suo team, soprannominato Team Ico in virtù dell'omonimo videogioco per PlayStation 2, sono proprio particolari ed è necessario davvero un grande talento per meritare così tanta fiducia e carta bianca. Non è un mistero che ad appoggiare Ueda sia proprio Shuhei Yoshida, il quale diede il via al progetto Ico ormai più di dieci anni fa, incoraggiando lo sviluppo di videogiochi di questo tipo: "Ico è stato uno di quei giochi in cui alla fine diventi così legato ai suoi personaggi da condividere le loro fatiche e tristezze" aveva detto una volta Yoshida a Gamasutra, aggiungendo poi che avrebbe voluto vedere più giochi in grado di suscitare diverse emozioni.
Yoshida ha soprannominato il Team Ico anche "team olimpionico" proprio perché in passato erano passati quattro anni tra Ico e Shadow of the Colossus, poi tra quest'ultimo e il nuovo The Last Guardian. "Sono certo che tutti i miei colleghi e perfino i miei superiori lo sanno, ormai, ma io sono un tipo impaziente, sia nei miei confronti che in quelli della staff" ha commentato una volta Ueda in merito all'attesa crescente per The Last Guardian, "Sono fortemente convinto che un gioco non debba essere rilasciato finché non sarà all'altezza delle aspettative degli utenti che lo compreranno. Forse sia io che il mio staff siamo fortunati perché spesso altri team di sviluppo a lavoro su titoli di questo calibro sono composti da più persone; il mio staff invece è più piccolo e forse è quello il segreto del nostro successo". Ma il successo del Team Ico e dei suoi giochi è merito anche delle scelte peculiari in termini di ambientazione, atmosfera, direzione artistica e gameplay. In Ico non c'erano praticamente altri suoni oltre a quelli prodotti da un ragazzino che cercava di proteggere un'eterea fanciulla dalle forze del male; in Shadow of the Colossus c'erano una landa sconfinata, un impavido avventuriero innamorato e dei giganteschi colossi da sconfiggere sempre in modo diverso, usando l'astuzia e l'ingegno. In The Last Guardian c'è un'enorme creatura su cui dovremo fare affidamento per risolvere numerosi enigmi ambientali, ma è proprio l'animale l'elemento più curioso del pacchetto.
Un cucciolo per amico, quasi
La creatura, soprannominata Trico, è un bizzarro incrocio tra un gatto, un'aquila, un cane e qualcos'altro, difficile capirlo. Questo ibrido è stato l'idea basilare sulla quale Ueda e il suo staff hanno concepito il nuovo gioco: "Abbiamo pensato di poter evolvere ulteriormente quella relazione che si creava tra il giocatore e suo cavallo, Agro, in Shadow of the Colossus, in modo da renderla il vero e proprio fulcro del gameplay" ha spiegato Ueda in una intervista con Famitsu. "Inoltre l'industria videoludica giapponese non è stata particolarmente energica, ultimamente" ha continuato il direttore del Team Ico, "Quindi abbiamo cercato un tema per il nostro gioco che fosse particolarmente interessante".
Le meccaniche di The Last Guardian, infatti, ruotano tutte attorno all'interazione tra il ragazzo controllato dal giocatore e questa creatura, le cui reazioni devono essere le più realistiche possibili: "Replicare il comportamento di un vero cane o gatto non è impossibile" ha spiegato Ueda, "Ma se ne avete uno vi accorgerete subito delle innaturali idiosincrasie della nostra creatura virtuale". Per questo motivo, lo staff ha studiato tutte le interazioni possibili all'interno della struttura ludica, selezionando quelle più realistiche e naturali, producendo un vero e proprio miscuglio di comportamenti animali di vario genere. "Perfino io credo sia bizzarro" ha ammesso Ueda, "Ma è proprio questo che volevamo e abbiamo perfino esagerato un po' perché in questo caso il senso di stranezza è fondamentale". Il mercato videoludico è strapieno di giochi in cui sono presenti animali, realistici o meno, che devono suscitare simpatia nel giocatore, un traguardo spesso raggiunto deformando di proposito i tratti della creatura in oggetto. Ma per il Team Ico la sfida in questo caso consisteva proprio nel realizzare delle animazioni assolutamente verosimili, elaborando per esempio il modo in cui la creatura sbatte le sopracciglia o arriccia i baffi. Inoltre, è importantissima l'interazione con l'alter-ego del giocatore, non solo in termini audiovisivi ma anche a livello di game-design. "Si può interagire con la creatura in qualunque momento" ha spiegato Ueda, "Ma doverla gestire continuamente potrebbe essere fastidioso e quindi abbiamo cercato una via di mezzo, anche perché risolvere i vari enigmi è lo scopo del gioco, ma un animale si esprime nella nostra vita anche soltanto guardandolo". C'è un'aura misteriosa che avvolge i nostri amici pelosi, secondo Ueda, proprio perché non possiamo conoscere i loro pensieri, e questo sarà un elemento determinante del gameplay, in quanto è impossibile predire il comportamento della creatura.
"Non seguirà le nostre indicazioni o i nostri ordini", ha chiarito Ueda, "Non state collaborando con la creatura, più che altro approfitterete del suo comportamento naturale, e per farla muovere potreste dover tirare qualcosa che ne attiri l'interesse; in altri casi, la creatura potrebbe voler correre verso di voi quando invece avete bisogno che resti ferma". Il gioco, peraltro, sfrutta un engine fisico estremamente preciso e realistico che viene impiegato in ogni animazione, perfino quelle che non hanno nulla a che fare con il gameplay vero e proprio. "E' importante che ogni tecnologia contribuisca ad esprimere i temi che stiamo affrontando" ha spiegato Ueda, "Abbiamo fatto tesoro della nostra esperienza con l'intelligenza artificiale in Ico e le collisioni trasformative in Shadow of the Colossus, abbiamo messo tutto assieme e abbiamo creato un mondo che faccia desiderare al giocatore di essere lì, proprio come nei nostri giochi precedenti". E sicuramente saremo lì, insieme alla creatura, sperando che il tanto chiacchierato divorzio tra Fumito Ueda e Sony non intacchi la qualità di quello che è certamente uno dei giochi più attesi di sempre.