Le puntate precedenti del Diario del capitano
Se vi siete persi le puntate precedenti del Diario del capitano (oltre 1200 editoriali), ecco le coordinate per rintracciarle:
vete presente quella scena del telegiornale con il tipo sdraiato sulla panchina dell'aeroporto di Linate chiuso per neve, attende la riapertura dello scalo? Potevo essere tranquillamente io, preso in ostaggio dal capoluogo lombardo e risputato fuori nella tarda mattinata di sabato, dopo innumerevoli peripezie (peraltro condivise con la maggior parte del popolo milanese). Tutto è iniziato giovedì mattina, quando, salito sull'aereo ritardato di quasi due ore, a portelli chiusi e arrivati quasi in pista di rollaggio, tre persone si sono alzate, dal fondo, chiedendo di voler scendere. La sensazione di trovarmi in una candid camera sulla falsa riga di Final Destination è stata forte.
Quando questa mattina, domenica, Guido Bertolaso, resposabile della Protezione Civile, ha dichiarato in un telegiornale "questa volta l'Italia ha rallentato non si è bloccata", il mio latte e caffè si è messo di traverso. Avrei gentilmente invitato il dott. Bertolaso in piazza San Babila o al Duomo, in un momento qualunque di giovedì e venerdì a confrontarsi con le circa cento persone fisse (rallentate, non ferme) in fila in attesa di un taxi/metro/autobus/tram. Ma non l'ho visto. In compenso ho visto e ascoltato un sacco di chicche dalla gente letteralmente inc$£&ata bloccata (anzi no, scusate, rallentata) in centro. Come il gruppo di giapponesi in gita che con uno stile da perfetti kamikaze hanno attraversato lo stretto di Bering formatosi dall'acqua di fusione della neve lungo ogni marciapiede, bagnandosi fino al ginocchio (con l'acqua gelida e salata). Probabilmente l'apice l'abbiamo toccato ieri mattina, a emergenza apperentemente finita, quando, arrivati all'aeroporto appena riaperto, ci siamo ritrovati di fronte ad uno scalo che ricordava di più la Groenlandia che l'Italia. E quando due addetti dei servizi a terra con la scopa in mano, hanno cominciato a pulire le ali dell'aereo il pensiero comune è stato "moriremo tutti".
E invece eccomi qua, sano e salvo a scrivere un nuovo editoriale dopo due settimane di silenzio.