Diario del capitano
Avere un appuntamento settimanale in questo spazio espone a delle problematiche particolari, una delle quali è esattamente l'opposto di quello che accadeva prima di fare questo cambio di ruoli con Michele Borri: qual è l'argomento più pregno di significato, tale da meritare la mia rubrica settimanale?
Per questa settimana il dado è tratto, avendo giusto concluso ieri mattina, prima di arrivare in redazione, il già-citato-in-questo-spazio libro biografico di Xbox. D'accordo, convengo con voi: Xbox, Microsoft e i perchè della scelta sono argomenti triti e ritriti. Io stesso ne ho parlato a lungo e più volte. Eppure qualcosa rimane ancora da dire. Il merito di Dean Takahashi, autore-mediatore del libro, è quello di aver restituito un'umanità ad una struttura che agli occhi della maggior parte della gente non ne ha. L'Xbox che conosciamo oggi è il risultato di una serie di errori e vittorie che hanno tutto fuorchè del preciso o del calcolato. Ci sono sì un business plan, un piano industriale, un conto economico e uno stato patrimoniale, ma l'Xbox è soprattutto un grande progetto nato dal basso, dalle ultime fila dei dipendenti della casa di Windows. Si sono messi insieme, hanno costituito un "partito pro-xbox", hanno convinto Bill Gates, Steve Ballmer e tutti gli altri della bontà delle loro idee. E Xbox è stata fatta. Mi sta bene anche quest'ulteriore obiezione: senza i soldi di mamma Microsoft e papà Bill niente si sarebbe potuto fare. Eppure.. L'uscita sul mercato, con discretto successo, di questa nuova console è l'ennesima riprova che con la forza di volontà (e qualche soldo extra) tutto si può fare.
C'è poi una conclusione, che va oltre Microsoft, Sony, Nintendo e tutti gli altri: oggi siamo tutti proiettati a creare un nuovo mercato di massa che possa paragonarsi a quello delle emittenti televisive, delle videocassette e dei televisori. Non solo come numeri (il periodico TIM ha stimato in 431 milioni di euro il fatturato del nostro settore in Italia), ma come rispetto e considerazione. Che un giornalista di videogiochi non sia visto diversamente di uno di moda o di cinema e che un videogioco sia trattato per quello che è: una forma di espressione artistica.
Alvy Ray Smith, uno dei pilastri della Pixar Studios, la casa del cartone animato digitale Toy Story, una volta ha stimato che per realizzare un'animazione digitale fotorealistica ci vorrebbero 80 milioni di poligoni per frame. Un'animazione fluida richiede dunque 30 frame al secondo. 80x30=2,4 miliardi di poligoni al secondo. La mia GeForce4 4400 macina circa 125 milioni di poligoni al secondo. Ce n'è ancora di strada da fare.
Tuttavia non è il solo fotorealismo che ne può migliorare la considerazione dei videogiochi presso il grande pubblico. E' un'azione combinata di tutte le forze agenti in questo ambito (come ho già detto) che riuscirà ad ottenere il massimo risultato. I 500 milioni di euro di campagna pubblicitaria per Xbox, i 250 milioni di euro di Nintendo e tutti gli sforzi di Sony di questi ultimi anni sono stati degli ottimi rompighiaccio, a cui si vanno ad aggiungere le migliaia di realtà piccole, medie e grandi che ogni giorno lottano per emergere.