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E Hitler ordinò del latte

The Corporation, altro appuntamento con il cinema-verità!

DIARIO di La Redazione   —   30/09/2004
La luciferina locandina di 'The Corporation'
La luciferina locandina di "The Corporation"

Un momento di crisi può essere esorcizzato parlando ed analizzando il proprio problema o viceversa, ignorandolo completamente, svagandosi e occupandosi di ben altro. Così il cinema odierno è chiamato ad un bivio quanto mai simile, in un momento di crisi mondiale la macchina dei sogni può – come nel passato di Hollywood – distrarre il proprio pubblico oppure farlo riflettere.
Il cinema nord americano preferisce sempre più spesso la prima opzione, affidandosi al documentario che per definizione linguistica si basa su fatti veritieri con l’intento di far riflettere. Bowling for Colombine e Fahrenheit 9/11 di Michael Moore sono ormai entrati nell’immaginario collettivo e sui nostri schermi s’affaccia The Corporation. La novella opera, canadese questa volta, è un’analisi impietosa, mirata e priva dei toni sarcastici di Moore sul mondo delle corporazioni statunitensi e mondiali. I due registi, Jennifer Abbott e Mark Achbar prendono spunto da un riconoscimento costituzionale statunitense: le corporazioni sono persone legali e come tali hanno diritti inalienabili, ma che doveri hanno nei confronti della società, su chi ricadono le colpe non è dato saperlo.

Una scena eloquente
Una scena eloquente

Prese e analizzate come individui umani sul lettino dello psicanalista, le corporazioni dimostrano un fare schizoide, interessate esclusivamente al profitto senza alcuna remora morale o etica, apparentemente giustificate dal loro stesso status. Se i bambini cinesi che cuciono scarpe per dodici ore al giorno al corrispettivo di pochi dollari non sorprendono più, colpisce pensare che la IBM fornì ai campi di sterminio nazisti i primi sistemi a schede perforate per la gestione dei prigionieri.
Nessun stupore in un piano d’esistenza dove abilmente si giustifica la propria persona con “gli affari sono affari”, non ci si deve stupire neppure se un broker di New York sogna bombardamenti sull’Iraq ogni notte dopo aver visto i barili del petrolio passare da 13 a 40 dollari in poche ore, o gioisca d’aver investito in oro il giorno dell’11 Settembre 2001.

Così – con un filo di disordine e di pessimismo – ci vengono raccontati attentati falliti nei confronti di Roosvelt reo di voler indebolire le corporazioni ed aver concepito il New Deal, di un domani in cui il nostro intero patrimonio genetico sarà brevettato e sarà di proprietà di svariate aziende. Viene persino mostrato che le mucche US non sono poi così sorridenti come sembrerebbe sull’etichetta ma soffrono di mastite alle mammelle, e il pus che ne deriva finisce nelle colazione di tanti americani (da qui forse deriva la frase coniata "la colazione dei campioni"? n.d.Pucci), a causa di un famoso farmaco per aumentare la produttività. Esiste speranza di salvezza in cotanto pessimismo? Forse al cinema.

Le puntate precedenti del Diario del capitano

Se vi siete persi le puntate precedenti del Diario del capitano (oltre 1200 editoriali), ecco le coordinate per rintracciarle:

- successive al 3 maggio 2004
- dal 2000 al 30 aprile 2004