Cosa avrà pensato l'addetto alle locandine?
La mia prima domanda è stata: ma l'addetto alle locandine ha avuto occasione di vedere il film con cui involontariamente ha riscritto la storia del mondo? Mi augurerei di sì. Perchè Fahrenheit 11/6, pardon Fahrenheit 9/11, è uno schiaffo in faccia forte quanto, se non più, Bowling a Columbine (il film precedente di Moore). Sicuramente noi italiani sentiremo molto di più questo film del precedente, per la vicinanza dei temi trattati.
C'è un po' troppa emotività e meno "dati" rispetto a Bowling a Columbine, ma probabilmente è l'unico modo per smuovere le coscienze degli americani e il loro senso critico, apparentemente assopito in questi ultimi due anni. Non si può uscire dalla sala senza provare un profondo senso di impotenza e disagio nei confronti degli accadimenti degli ultimi anni. Per quanto noi italiani e europei potremo sposare o meno le tesi di Moore, il film sarà utile agli americani che tra due mesi saranno chiamati a votare per le presidenziali, per il loro (e il nostro) futuro.
Mi tengo alla larga da altre considerazioni di merito e vi consiglio di investire questo pugno di euro. Per chi l'avesse già visto e fosse interessato ad approfondire questi temi, consiglio anche i due libri di Micheal Moore (che approfondiscono i temi della presidenza Bush e dei rapporti tra Bush e i Bin Laden, tutti editi da Mondadori): "Stupid White Men" e "Ma come hai ridotto questo paese?".
Le puntate precedenti del Diario del capitano
Se vi siete persi le puntate precedenti del Diario del capitano (oltre 1200 editoriali), ecco le coordinate per rintracciarle:
Qui l'11 settembre non è mai accaduto
Potrebbe essere la storia di un mondo parallelo, dove l'11 settembre non è diventato sinonimo di terrorismo e morte; dove l'11 settembre si può ancora prendere un aereo senza sentirsi protagonisti involontari di un remake di Final Destination. A Terni, guardando la locandina, abilmente ritagliata e adattata al suo "spazio pubblicitario concesso", la tragedia delle torri gemelle è accaduta il 6 novembre (se la leggiamo all'americana) oppure l'11 giugno (come probabilmente ha pensato l'addetto alle locandine).
Invece è solo un mondo in cui con un pizzico (forse due) di ingenuità e ignoranza il titolo del film-documentario di Micheal Moore è stato ribattezzato e contemporaneamente riscritta, seppure solo nella fantasia, la storia del mondo degli ultimi tre anni.