Motore Grafico
Il precedente lavoro di Reflexive fu il discreto “Star Trek: Away Team”, un gioco tattico in stile Commandos sotto l’etichetta Activision che detiene i diritti della famosa serie fantascientifica.
Il motore grafico ideato per quel gioco si chiama Velocity Engine ed è stato ripreso da Reflexive per esser utilizzato anche in Lionheart. Il Velocity Engine è un motore grafico a visuale isometrica, sullo stile dell’Infinity Engine, con una visuale leggermente allontanata e posta sui 60 gradi invece che sui 45.
Tecnicamente il Velocity Engine è in grado di utilizzare il meglio della tecnologia 2D e 3D, tutti gli scenari di gioco sono in 2D prerenderizzato dove si muovono i personaggi completamente in 3D con effetto anti-aliasing a mitigare lo stacco. Inoltre anche se prerederizzati i fondali sono in grado di supportare un certo dinamismo così da potersi modificare in tempo reale e visualizzare gli effetti di un’esplosione, la caduta di un muro e così via.
Tecnica a parte il Velocity Engine si presenta alla prova dei fatti come un discreto motore grafico ma nulla più.
Motore Grafico
Innanzitutto la risoluzione grafica è fissa sugli 800*600, poco per un gioco che esce nel 2003, questa risoluzione si rivela ben presto insufficiente a visualizzare un’area di gioco sufficientemente vasta, soprattutto considerando l’ingombrante interfaccia che sottrae già di suo un terzo dello schermo disponibile.
Il nostro personaggio, gli NPC e i mostri sono dotati di una serie insufficiente di animazioni e appaiono particolarmente legnosi e poco articolati.
Questa scarsità di animazioni fa si che quando il personaggio è fermo assuma una posa un poco innaturale ed è assolutamente privo di tutta quella serie di stiracchiature e di animazioni che per esempio abbellivano i personaggi di Baldur’s Gate. Anche la camminata, sia del personaggio che dei mostri che degli NPC è abbastanza legnosa e certamente non priva del fastidioso effetto scivolamento che mostra una certa superficialità nell’interazione con il fondale prerenderizzato.
A questo aggiungiamo l’assenza di un qualsivoglia algoritmo di pathfinding che, come detto in precedenza, ci costringe a impostare in continuazione il punto di destinazione all’interno della visuale del personaggio in un noioso e continuo click necessario anche solo per percorrere una piccola locazione cittadina.
I fondali in 2D prerenderizzati sono gradevoli, ma dotati di una staticità assoluta. Non una fronda d’albero si muove al vento, non un animale spezza l’immobilismo di una foresta.
Nei centri abitati questa staticità si farà ancora più presente poiché tranne pochi NPC che si muoveranno il tutto è assolutamente immobile come in un dipinto.
Gli interni degli edifici si presentano, come già detto, nella maggior parte dei casi di una sola stanza, in molti casi molto piccola. Non si assiste insomma alla varietà di luci, ambienti e colori del Copper Coronet oppure alla lucida opulenza di una residenza da ricchi a confronto con la sporca stanzetta di un poveraccio come in Baldur’s Gate II.
I dungeon presentano poche tematiche architetturali e sono alla fin fine tutti uguali fra loro in una monotonia stancante, certamente a Reflexive mancano i geniali grafici di Diablo, capaci di rendere cupe, opprimenti e goticamente affascinanti le ambientazioni dei dungeon. Una grave pecca tecnica del motore grafico è la sua incapacità di rendere trasparenti i muri al nostro passaggio: spesso vi ritroverete a girare con il mouse alla ricerca dell’oro caduto ad un mostro reso invisibile dal muro, oppure vi ritroverete a combattere contro nemici che non potrete assolutamente vedere.
Insomma alla fine gli ambienti rurali si assomigliano tutti e sono affetti da uno staticismo innaturale, i dungeon sono monotoni e architetturalmente poco ispirati, le uniche aree gradevoli sono gli esterni cittadini.
Pare strano come un motore grafico come l’Infinity Engine creato eoni videoludici fa possa dimostrarsi non solo alla pari, ma essere per varietà e vastità delle ambientazioni, per uso sapiente delle texture, dei colori, degli effetti luminosi e per animazioni dei personaggi e dei mostri enormemente superiore al motore grafico di Lionheart.
Sonoro
Le musiche di Lionheart sono ottime, assolutamente intonate con il contesto e con il periodo storico-culturale proprio dell’ambientazione di gioco.
Purtroppo il comparto musicale pecca di una certa scarsità di temi musicali e nella loro mancanza di epicità: non vi ritroverete a canticchiare il tema musicale principale come capita per esempio per Baldur’s Gate, ne vi ritroverete a temporeggiare in un’area solo per ascoltarne la musica come capita a Kuldahar in Icewind Dale.
Si rileva inoltre un fastidioso bug che impedisce la corretta sincronizzazione del tema musicale con la localizzazione che stiamo visitando. Per fare paio di esempi vi capiterà di uscire da un dungeon e sentire ancora, in piena foresta, il tema musicale della localizzazione appena lasciata. Oppure uscendo da una taverna e camminando tranquillamente in un esterno cittadino vi ritroverete a udire ancora i suoni tipici della taverna lasciata ormai da tempo.
Il comparto propriamente sonoro sfoggia il classico repertorio di suoni tipici delle armi da mischia, da distanza e la classica lista di gorgheggi e urla tipiche dei mostri vari che andremo ad incontrare. Nessuna sorpresa in questo comparto, nè negativa nè positiva.
Combattimento
Reflexive per Lionheart ha optato per uno stile di combattimento action-oriented in tempo reale a singolo giocatore (ovvero non ci ritroveremo a gestire un party) in tipico stile dei più famosi e blasonati action-rpg.
Durante i combattimenti il puntatore diventerà un enorme simbolo di target permettendo di selezionare il nemico prescelto, quindi si osserverà il personaggio darle e prendere fino alla fine dello scontro.
Questo in sintesi è il combattimento in Lionheart, ben presto però ci si accorgerà come nel fare le cose più semplici occorra tanto talento e questo è venuto un pochino a mancare nella progettazione di questo importante aspetto di Lionheart.
La prima cosa che balza agli occhi è la velocità con cui i mostri salteranno addosso al vostro personaggio rendendo praticamente inutili tutte le armi a distanza (non sprecate preziosi punti per aumentare questa abilità). Questa velocità è abbastanza inusuale in un gioco di questo genere che tende tanto a puntare sullo sviluppo di tecniche di combattimento alternative e originali.
Lionheart presenta la possibilità di sviluppare ad altissimi livelli la tecnica dello Stealth, ovvero la classica abilità del ladro di passare inosservato.
Questa tecnica permette di sgusciare dietro i nemici e di ottenere in questo modo gli stessi punti esperienza ottenibili abbattendolo. Vi sono solo due piccole pecche che rovinano un’ottima funzionalità, la prima è che l’invisibilità non sembra legata alle sorgenti luminose, in pratica non pare far differenza se ci si ritrova in pieno giorno nella piazza centrale di Barcellona, oppure in un dungeon sotto una bella torcia rispetto al rendersi assolutamente invisibili nel più oscuro antro del più oscuro dungeon.
La seconda pecca è nella mancanza del classico colpo alle spalle che rende potenzialmente letale per l’avversario qualsiasi azione di aggiramento silenzioso, con conseguente colpo a sorpresa dietro le spalle dell’ignara vittima.
In Lionheart è possibile eseguire un aggiramento silenzioso ma il vostro attacco sarà considerato alla stregua di un qualsiasi attacco portato frontalmente, dopo esservi annunciati con una compilation di sbruffonate.
Combattimento
Altre interessanti e originali funzionalità di Lionheart sono l’introduzione del targetting specifico a diverse parti del corpo e i diversi stili di combattimento selezionabili durante lo scontro.
Il targetting specifico pare un’ottima trovata e a dire il vero si rivelerebbe ottima in un gioco tattico a turni, non certo in un action-rpg in tempo reale dove questa funzione è pressoché inutile.
In pratica vi scorderete che esiste dato che è inapplicabile con le armi a distanza per via della velocità di avvicinamento dei mostri e quando si inizia un corpo a corpo si penserà solo a buttar giù l’avversario senza star li prima a pensare di limargli le unghie dei piedi. I diversi stili di combattimento si selezionano attraverso una scroll bar e permettono uno stile più erratico e convulso ma veloce contrapposto ad uno stile più lento, ma più meditato e preciso.
Ho testato questa funzionalità abbattendo una stessa tipologia di nemico utilizzando i due stili contrapposti, il risultato è stato l’accorgermi che in pratica non esiste differenza nell’utilizzo di uno stile rispetto ad un altro.
E’ vero che con il metodo calcolato il numero dei miss è diminuito, ma questo contrapposto alla lentezza degli attacchi rispetto al metodo erratico fa si che la media dei punti danno inflitti si riveli pari.
Il numero complessivo dei colpi critici inflitti non pare aumentato utilizzando il metodo più lento e preciso, così come non sembra aumentare il danno massimo inflitto con un singolo colpo.
Ho pensato allora che trovandomi in una mischia avrei potuto usare il metodo erratico per colpire alternativamente più nemici che mi circondavano in una danza letale di morte. Niente da fare, neanche in questo caso ho trovato utile un metodo piuttosto che un altro tanto che, andando parecchio avanti nel gioco, mi sono domandato quale sistema usassi poiché mi ero completamente dimenticato di questa funzionalità.
Le basi
L'implementazione delle nuove funzionalità a parte il sistema di combattimento di Lionheart deficita soprattutto nelle sue funzionalità di base.
Il maestro del genere: Diablo e il suo seguito hanno da tempo tracciato la via per rendere interessante e stimolante un susseguirsi ininterrotto di combattimenti, innanzitutto si deve avere un controllo completo del nostro personaggio e questo viene a mancare in Lionheart per la scarsità di slot utili per l’utilizzo veloce di magie, pozioni e per il cambio di armi.
Il secondo aspetto essenziale in un action-rpg è la continuità dell’azione.
Il gioco di Reflexive utilizza il classico sistema dei punti ferita e mana ricaricabili tramite magie o pozioni, per cui si deve implementare il ritrovamento di grandi quantità di pozioni oppure magie di guarigione molto potenti. In Lionheart non vi è nulla di tutto questo. Le pozioni sono una merce rarissima, tanto rara che non vi sognereste mai di utilizzarla in un combattimento qualsiasi.
Le magie di guarigione sono poco potenti, a meno che non investiate molti punti abilità a deperimento delle vostre qualità guerresche e dunque siamo punto e a capo.
Le basi
Solitamente un combattimento si svolge così: si individuano più nemici, ci si avvicina e si richiama l’attenzione di uno solo (non potete neppure sognarvi di combattere contro due nemici potenti contemporaneamente) e lo si combatte. Quindi ci si cura con la magia cliccando il pulsante destro un’infinità di volte, poi si raccoglie un globo riempi mana che i cadaveri abbandonano (rarissimamente abbandonano i globi riempi salute) e si continua fino a che non si è pieni di salute, poi si richiama l’attenzione di un altro avversario ecc… Questo per ore e ore e ore di gioco.
La parte finale di Lionheart è una sequenza disarmante e decisamente noiosa di continui combattimenti in dungeon enormi che pare non abbiano mai fine.
Non si può uscire dai dungeon più lunghi e noiosi del gioco, in questo modo Lionheart ignora il terzo aspetto di un buon action-rpg che insegna la necessità di implementare un sistema di teletrasporto in zona franca da qualsiasi localizzazione del gioco.
Il quarto aspetto essenziale di un action-rpg è l’inserimento di oggetti interessanti, utili e come dicono gli americani “cool”.
Gli oggetti in Lionheart si dividono in normali, magici e unici.
Gli oggetti normali sono pezzi di latta inutile, gli oggetti magici e gli unici hanno la loro indubbia utilità ma qui entra in campo un pesante sbilanciamento nell’implementazione delle loro qualità che rende l’esperienza di gioco, in alcuni casi, assurdamente facile.
Nel caso siate così fortunati da trovare un’arma vampirica o un’armatura polielementare potrete tranquillamente finire il gioco senza alcun problema, avanzando come panzer e devastando tutto.
Soprattutto le armi vampiriche permettono in alcuni casi di ottenere 30 punti salute in più dopo un combattimento!
Le basi
Certo sono armi e armature difficili da trovare, ma in fondo basta fare il quick load in continuazione di fronte ad uno scrigno o davanti ad un mercante fino a che non compaiono, dato che l’oggetto ritrovabile in uno scrigno non è fisso, ma il suo ritrovamento è casuale, così come è casuale la lista degli oggetti che viene presentata da un mercante (come molti giocatori hanno testimoniato nel forum ufficiale del gioco).
Scordatevi quindi di raccogliere i soldi per quella bella arma che avete visto nelle disponibilità di un mercante poiché quando vi ritornerete non è assolutamente detto che ci sia ancora.
Questo non è l’unico esempio di sbilanciamento del gioco, ma anzi vi sono esempi di sbilanciamento in negativo nei combattimenti talmente gravi da far diventare il gioco inutilmente frustrante.
In un livello di un dungeon all’inizio del gioco vi ritroverete ad affrontare scheletri e altri mostriciattoli che vi papperete in un boccone, poi all’improvviso un Brittle Skeleton che vi ammazzerà senza pietà perché a quel punto del gioco non potete sperare di sconfiggerlo. Penserete che nasconda un bottino notevole o un segreto interessantissimo, ma rimarrete delusi, non difende nulla, niente di niente. Questo è solo un piccolo esempio, ve ne sono molti altri, come sarcofaghi che nascondo due Ravenant incavolatissimi, sappiate che già uno basta e avanza per darvi del filo da torcere anche ad alti livelli di esperienza, ma qui ve ne ritroverete due davanti senza poter applicare nessuna strategia se non la fuga.
Ultimo e fulgido esempio di penosa calibrazione della difficoltà è quando vi ritroverete da soli in una piccolissima stanza con tre fortissimi avversari, senza poter fuggire, senza poter fare alcunché se non tirar spadate e pregare che vi entri un critico in più in un festival assurdo di quick load.
Un conio fallato
Ho paragonato Lionheart ad una medaglia con due facce distinte e diverse.
La prima mostra un autentico RPG stimolante, interessante, dall’ambientazione fenomenale per profondità e originalità.
I dialoghi sono di alto livello e il tono generale del gioco si mantiene su ottimi livelli tanto che i anche i difetti dell’interfaccia e del sistema di combattimento scompaiono di fronte al puro piacere che l’esperienza di gioco regala.
Poi improvvisamente Lionheart mostra la sua seconda faccia, combattimenti a non finire fino alla fine. Basta dialoghi, basta interazione, è finito l’autentico gioco di ruolo, Lionheart si è trasformato in un mediocre action-rpg.
Ecco allora che i difetti dell’interfaccia sembrano gravi, che il sistema di combattimento mostra tutte le sue profonde lacune, che la calibrazione della difficoltà risulta inutilmente frustrante.
Con questo si chiude la coverage a questo controverso titolo della Reflexive, presto la recensione completa con la votazione finale.
Nelle precedenti puntate del nostro viaggio nel corso alternativo della storia umana ideata dalla Reflexive e prodotta dalla Black Isle abbiamo imparato molto della incredibile ambientazione creata. Abbiamo inoltre conosciuto come sia strutturato il set di regole che governa il gioco, l’interfaccia e l’interazione con il mondo di gioco. In questa conclusiva parte della nostra coverage parleremo del motore grafico, del sonoro e soprattutto del controverso sistema combattimento.