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Metal Gear Solid

In occasione dell'uscita di Metal Gear Solid 4, Multiplayer.it pubblicherà il romanzo del primo capitolo.

DIARIO di Andrea Pucci   —   19/04/2008

QUALCHE ANNO FA

La dottoressa Clark rientrò silenziosamente nella sala visite. Si fermò alle spalle del presidente degli Stati Uniti e del generale Jim Houseman e rimase ad ascoltare i due uomini che parlavano a bassa voce. Erano come paralizzati di fronte alla finestra di osservazione che dominava la sala operatoria sottostante.
"Sta soffrendo?" chiese il presidente.
"Credevo che dovesse essere sedata", rispose il generale. "Per di più adesso non si vede niente, dannazione".
"Cosa sta succedendo?", domandò il presidente. "Riuscite a vedere"?
"Non avete nulla di cui preoccuparvi, signor presidente". La voce calma e seducente della dottoressa Clark echeggiò nella stanza, facendo trasalire i due uomini.
"Oh! Mi avete fatto prendere un colpo, dottoressa", disse il politico dai capelli ormai grigi. Quando non era di fronte a una telecamera il presidente era sempre molto nervoso, particolare che la Clark aveva sempre trovato curioso. La divertiva spaventare quel poveretto; la cosa era tanto più ironica perché era una donna, seppur autorevole e carismatica.
La dottoressa si avvicinò ai due, uscendo dall'oscurità. "Chiedo scusa, signor presidente. Ero convinta che vi foste accorti della mia presenza".
Il presidente rise nervosamente. "Sarà per via del fatto che siamo così in profondità. Devo essere diventato claustrofobico".
"Vi riporteremo in superficie non appena vorrete andare", disse il generale Houseman. La Clark notò che neanche il generale sembrava troppo contento di trovarsi lì sotto.
"Sta per partorire?" chiese il presidente.
"È in travaglio da un bel pezzo, ormai", rispose la dottoressa. "Non manca molto, glielo assicuro".
Il presidente si allontanò disgustato dalla vetrata e fece un ampio movimento con la mano, indicando le centinaia di stalattiti che pendevano dal soffitto calcareo. "Queste cose non cadono mai"?
"Sono vecchie di millenni, signor presidente", rispose la Clark. "Non cadranno da sole, questo glielo posso assicurare. E le probabilità di un terremoto nell'angolo sud-orientale del Nuovo Messico sono piuttosto remote". La sua voce riecheggiò con un accento borghese, e un timbro da attrice shakespeariana. Il presidente fece un cenno con il capo. "Lo so. Certo è stupefacente pensare che dall'altra parte di questa caverna si trovi uno dei parchi nazionali più famosi d'America, visitato tutti i giorni da migliaia di persone".
"La zona di Carlsbad era perfetta per questo progetto. Sono in debito con il vostro predecessore per averla scelta".
Il presidente inclinò il capo e disse, "sapete, dottoressa, io ho solo ereditato questo progetto. Ditemi come siete riuscita a entrarci".
La Clark sorrise. "Da quando sono state scoperte, molte delle caverne non sono mai state aperte al pubblico. Erano qui, a disposizione del governo. Credo che questa sia stata utilizzata per la prima volta durante la Seconda Guerra Mondiale. L'amministrazione Roosevelt ci aveva costruito un rifugio nel caso l'America fosse stata attaccata. Da allora è stata usata per diversi progetti di ricerca". La dottoressa scoccò un'occhiata al generale. "La maggior parte di natura militare".
"Capisco".
"Noi siamo subentrati a metà degli anni Sessanta".
Il presidente tornò a guardare la vetrata. "Bene. Il progetto sta finalmente per avere successo?", chiese. "Questo cos'è, il nono tentativo"?
"Abbiate fiducia, signor presidente", rispose la dottoressa Clark. "Ho corretto il codice genetico dell'ultimo lotto. Mi sono anche assicurata che la madre adottiva possedesse parametri genetici compatibili con quelli di Big Boss".
Il presidente scosse la testa in segno di stupore. "Ancora non mi capacito del fatto che abbiate così tanti campioni delle sue cellule. Cosa pensavate di farne"?
"Sapeva solo di essere sterile e che non poteva avere figli. Non era al corrente della nostra iniziativa", disse la dottoressa.
"Il progetto Les Enfants Terribles".
"Esatto. Abbiamo estratto le cellule durante un'operazione per curare le ferite riportate da Big Boss durante la sua ultima guerra. Il Pentagono ci ha espressamente ordinato di non metterlo a conoscenza dell'esito del progetto, a prescindere dal suo successo. Anche se, conoscendo Big Boss, non mi stupirebbe se ormai sapesse tutto di questa faccenda. Il cordone di sicurezza attorno alle nostre attività non è mai stato dei migliori".
"La sicurezza è stata la migliore che il governo degli Stati Uniti potesse mettere a disposizione", ribatté Houseman. "E voi lo sapete bene, dottoressa". La Clark continuò senza dar peso all'osservazione polemica del militare. "Abbiamo riprodotto le sue cellule con la clonazione analogica e il metodo Super Baby, fecondate in ovulo e, come certamente sapete, abbiamo impiantato i feti nella madre".
"Quella donna sa che sta per partorire otto bambini?", chiese il presidente.
La dottoressa Clark lo corresse. "Non li avrà tutti e otto. Solo due. Sei feti sono stati abortiti mesi fa, così da favorire la crescita degli altri due".
"Quindi partorirà solo due gemelli, esatto"?
"Proprio così. Ma non è esatto".
"Cosa vorrebbe dire"?
"Che ci saranno alcune differenze genetiche tra i due bambini. Era l'unico modo per riuscire a portare a termine la gravidanza".
"Questo vuol dire che uno sarà migliore dell'altro? Avevo capito che sarebbero stati assolutamente identici".
La Clark scosse il capo. "Signor presidente, non ce ne sarà uno migliore dell'altro. Ma è comunque possibile che uno dei due abbia un maggior numero di geni dominanti rispetto all'altro. Nulla di cui preoccuparsi, in ogni caso".
Un movimento dietro il vetro riportò la loro attenzione sulla sala operatoria. All'improvviso la stanza sembrò diventare ancora più sterile. Era come se il bagliore degli attrezzi chirurgici di acciaio inossidabile avesse impregnato l'aria di energia artificiale, mentre i dottori e le infermiere circondavano il tavolo su cui si contorceva la paziente.
La porta d'acciaio alle spalle degli osservatori si aprì. Entrò un'infermiera. "Dottoressa, la stanno aspettando".
La Clark fece un cenno con il capo. "Grazie. Arrivo subito".
"Sta per partorire?", chiese il presidente.
"Signor presidente, devo andare a fare nascere due robusti maschietti".
Il presidente fece il gesto di portarsi la mano davanti agli occhi. "Guardi, dottoressa Clark, non è una cosa a cui ho particolare desiderio di assistere. Tra l'altro devo tornare a Washington. È stato un piacere incontrarla".
La Clark si finse sorpresa, ma si aspettava la sua reazione. Gli strinse la mano. "Siete sicuro? Potremmo mangiare qualcosa insieme, prima che ve ne andiate".
"La ringrazio, dottoressa, ma sono costretto a declinare l'invito. Se devo essere sincero, questo posto mi dà i brividi. Grazie per averci messi al corrente delle nascite, uhm, imminenti. A proposito - posso scegliere quello che voglio"?
"Chiedo scusa, signor presidente, ma non sono sicura di aver capito".
"Quelle... cose... che quella donna sta per far nascere. Una di loro ci appartiene. Vorrei solo scegliere quale sarà il nostro ragazzo, tutto qui".
"È un vostro diritto". La dottoressa alzò le mani e rise spontaneamente. "Io non ho nulla a che fare con le faccende politiche che stanno dietro al progetto".
Il presidente annuì, soddisfatto. "D'accordo, allora. Voglio quello con i geni dominanti. Dovrà essere avvantaggiato rispetto all'altro".
La Clark era sconvolta dall'ignoranza di quell'uomo. "Non ci sono garanzie", gli ricordò. Ma farò come ha chiesto, signor presidente. Ora però devo andare, prima-"
"Arrivederci, dottoressa. E buona fortuna. Tenetemi informato", disse il presidente. Poi guardò il generale Houseman. "Andiamo", disse.
Mentre il presidente e la sua scorta si allontanavano dalla finestra di osservazione, dirigendosi verso la porta d'acciaio rinforzato della caverna, la dottoressa Clark tornò a osservare quel che succedeva in sala operatoria.
Era tutto così terribilmente entusiasmante. Alla fine, dopo diversi tentativi, i suoi sforzi si sarebbero concretizzati in due bambini clonati dal patrimonio genetico del più potente guerriero che il mondo aveva mai conosciuto, il leggendario Big Boss.
Mentre si lavava le mani, si infilava i guanti ed entrava nella sala operatoria, la dottoressa si chiedeva cosa ne sarebbe stato delle restanti cellule di Big Boss. Solo pochi assistenti fidati avevano accesso a quel materiale. Il presidente e la sua cricca di soldatini si sarebbero dimenticati che ne erano rimaste delle altre?
La dottoressa Clark fremeva pensando alle possibilità. Forse ci sarebbe stata un'altra procedura di impianto - se mai ce ne fosse stato bisogno.

Tratto da "METAL GEAR SOLID", un romanzo di Raymond Benson, edito in Italia da Multiplayer.it Edizioni - Maggio 2008.

Metal Gear Solid

Dopo il romanzo di Halo: la caduta di Reach, per la seconda volta ci siamo addentrati nella giungla dei cosiddetti tie-in letterari ovvero quando un opera artistica appartenente ad certo settore si adatta e si trasforma in un'altra opera di un settore parallelo. E' un tie-in di un videogioco il film di Resident Evil, è un tie-in di un telefilm il gioco di CSI uscito di recente. Il romanzo di Metal Gear Solid è chiaramente un tie-in, fedele al suo omonimo videoludico in tutto e per tutto. A differenza del videogioco però, che lascia grandi spazi all'interattività e al divertimento, il romanzo lascia molto più spazio alla caratterizzazione dei personaggi, alla trama e a particolari apparentemente superflui. Questo primo romanzo (di tre) di MGS scritto da Raymon Benson e supervisionato da Hideo Kojima, racconta gli esordi di Solid Snake, le origini insomma. Benson non è certo un improvvisato: è, fra l'altro, uno degli autori ufficiali dei romanzi di 007 - James Bond ed è autore di due romanzi su Splinter Cell. La qualità insomma è assicurata. Prima di affrontare il quarto videogioco forse sarebbe interessante ridare una spolverata agli esordi della serie. Il libro, 336 pagine in formato brossurato, uscirà entro fine maggio.

Quello che segue è il capitolo introduttivo, in anteprima assoluta su queste pagine.