In questa puntata di Nstory... DONKEY KONG + DONKEY KONG JUNIOR
I classici Nintendo sono giochi senza tempo. A molti potrà sembrare scontato, inutile da ribadire. Altri potranno pensare, invece, che si tratti di un'affermazione esagerata, da vecchio giocatore nostalgico. In realtà, tutti i bei videogiochi di altre epoche - tali sono pochi anni in termini informatici - non hanno un valore puramente nostalgico, legato ai ricordi di un giocatore, proprio come un bel film non ha soltanto un valore affettivo per lo spettatore. Sono anche giochi il cui valore come piccoli mondi giocabili rimane intatto, in qualunque anno, per qualunque videogiocatore. Nintendo, questo, lo sa bene. Dalla lotta agli emulatori e alle ROM illegali alle prime compilation di classici sul Super NES, dalla serie NES Classics fino ai numerosi remake dei giochi dell'era a sedici e sessantaquattro bit per le nuove console portatili, Nintendo si è dimostrata la più fervente tra le compagnie decise a fare fruttare il proprio catalogo. Un catalogo, quello Nintendo, enorme, che annovera titoli che hanno fatto la storia dell'avventura videoludica. E i tempi sono maturi perché tutti i giocatori ne fruiscano, non solo gli appassionati di retrogaming alla caccia di console d'epoca e cartucce da collezione. Revolution, la prossima console Nintendo, porterà un'altra rivoluzione oltre al suo controller: la possibilità di funzionare come una Virtual Console per connettersi a un network ufficiale e offrire ai giocatori tutti i più grandi hit della storia di Nintendo. Questi giochi non sono solo ricordi per alcuni tra i videogiocatori più anziani, o per gli appassionati e intenditori. Sono giochi che vi faranno divertire come e più di quelli contemporanei su Revolution. Giochi che scaricherete e dei quali non riuscirete a fare a meno. Sono i giochi che vi presentiamo in questa rubrica.
DONKEY KONG (Arcade 1981, NES 1985, altre conversioni)
Donkey Kong è il primo, vero platform game della storia dei videogiochi. Se si escludono alcune sperimentazioni come il non troppo divertente Space Panic, il primo successo di Nintendo nelle sale giochi rappresenta l'alba di un nuovo modo di intendere il gioco elettronico. Narrativo, colorato, fumettistico, con un gusto e un'estetica diversi dai prodotti medi dell'epoca, perlopiù cloni di Pacman e shooter games, Donkey Kong introduce al mondo Mario. Pardon, Jumpman. L'inconfondibile idraulico in salopette, che sarebbe diventato entro pochi anni una vera icona pop, doveva ancora ricevere il suo vero nome, ma il suo debutto nella lotta contro la scimmia cocciuta, dalle cui grinfie deve salvare Pauline arrampicandosi su e giù per le impalcature di un palazzo ed evitando barili e altri ostacoli, è egualmente deflagrante per la storia del gioco elettronico. Generato da una costola estetica della slapstick comedy, incentrato su una gag filmica classica come quella dell'inseguimento e ispirato nel titolo e nella narrazione a King Kong, Donkey Kong (scimmia cocciuta che omaggia Hollywood) è la scintilla iniziale della futura polveriera Nintendo, che aveva già provato a inserirsi con modesto successo nel settore dei giochi da sala. La compagnia, proveniente da un'esperienza pluridecennale nella produzione di carte Hanafuda, aveva riscosso un grande successo in Giappone con il suo shooter Radarscope. Tuttavia, Radarscope e Heavy Fire erano sparatutto poco entusiasmanti, che non erano riusciti a fare breccia nel saturissimo mercato americano, in cui Nintendo era desiderosa di inserirsi per partecipare a un'epoca d'oro del divertimento elettronico presto destinata a terminare e ad assumere nuove coordinate. Donkey Kong fu un successo tanto in madrepatria che in Giappone, riuscendo nell'impresa di vedere esaurite tutte le copie prodotte e rendendo urgente un'opera di conversione di tutti i Radarscope invenduti, dato che entrambi i giochi si basavano sullo stesso hardware. Il suo game designer era un giovane creativo al suo primo gioco, Shigeru Miyamoto: un appassionato di musica bluegrass e col pallino dei giocattoli, che aveva curato la grafica dei primi cabinati di Nintendo e a cui il presidente Yamauchi aveva affiancato il futuro creatore del GameBoy, Gumpei Yokoi. Questa volta Miyamoto ha la possibilità di esprimere la sua creatività per creare un vero e proprio gioco, e confeziona un giocattolo incredibilmente divertente, capace di sfruttare al massimo le capacità dell'hardware disponibile, mettendo in moto una sfida entusiasmante e raccontando persino una storia con i pochi pixel a disposizione. Donkey Kong segna diverse date storiche: il primo successo di Nintendo in sala giochi, che avrebbe portato anche a una lotta alla conversione casalinga nella quale l'avrebbe spuntata Coleco; la nascita di Mario, ancora con il nome di Jumpman; l'affermarsi di un nuovo genere, quello del platform game, che avrebbe conosciuto i decenni successivi da protagonista; il primo gioco e contemporaneamente il primo successo di Shigeru Miyamoto, un designer di straordinaria importanza e influenza nella storia dell'entertainment.
Donkey Kong, tuttavia, non è solo un gioco dall'incredibile importanza storica. E' anche un gioco dannatamente impegnativo e divertente. Ieri come oggi, oggi come domani. Per farla breve, qualunque vero videogiocatore degno di questo nome dovrebbe avere provato a terminare Donkey Kong almeno un paio di volte di fila. Donkey Kong è un gioco di altri tempi, pensato per la sala giochi o il bar, il cui fine è sfidare il giocatore. L'innesco del personaggio nel giocatore è perfetto: quel gorilla ghignante, che lancia barili che rotolano lungo le impalcature mettendo a repentaglio il nostro simulacro, un nano in salopette con i baffi e il nasone, può essere facilmente messo a tacere. Questo giochino insulso può essere battuto in un battibaleno. Sbagliato. Jumpman, il nostro alter ego in questo piccolo mondo-trappola a bassa risoluzione, è estremamente sensibile alle altezze e al contatto con gli oggetti, che si dimostrano immediatamente letali. Ha a disposizione, saltuariamente, un martello, che può raccogliere per rendere pan per focaccia a palle di fuoco, barili e altri ostacoli che lo mettono a repentaglio. Ma è lentino, dotato di un salto scarso, mentre gli ambienti sono alti, i tapis roulant velocissimi, e il gorilla abilissimo nel lanciare oggetti come un ossesso. Donkey Kong è un gioco difficile. O meglio: portare a termine i quattro quadri, a dire la verità, non è molto difficile. Al contrario, eccellere con un grande punteggio o terminare più di una volta di seguito il gioco, che re-inizia dopo aver superato il quarto quadro, è incredibilmente impegnativo. Il salto dal divertimento all'inferno è dotato di una curva perfetta. Roba da veri videogiocatori: quelli che godono nella sfida infinita alla resistenza, nell'assalto al buon vecchio punteggio, che prendono a pugni il tavolo e che non credono nei continue.
Donkey Kong Junior (1982 Arcade, 1985 NES, altre conversioni)
Con un felice twist narrativo e, forse, pure un poco "etico", Donkey Kong Junior presenta l'eroe del suo prequel come il cattivo della situazione. Mario, questo il nuovo nome del vecchio Jumpman, era riuscito a liberare la pulzella dal gorilla, sancendo con un cerchio compiuto la chiusura della narrazione. Ma gli italiani, evidentemente, non sono proprio dei santi agli occhi dei designer nipponici: Mario ha intrappolato Donkey Kong e lo tiene in cima a un palazzo, e al figlio Junior non rimane che tentare di liberare il papà. Il capovolgimento della storia è ben funzionale a una meccanica di gioco rinnovata, anche questa volta di altissimo livello. Donkey Kong Junior, sul quale Miyamoto lavora alternandosi tra questo gioco e i Game and Watch, è un gioco dannatamente impegnativo, perché richiede al giocatore un controllo totale delle insidie sullo schermo. L'impianto rimane verticale, con il giocatore impegnato a raggiungere la sommità dello schermo evitando gli ostacoli. Ma l'interazione con l'ambiente cambia, ed è incentrato sulle caratteristiche del nuovo protagonista. Oltre ai salti, questa volta sono centrali le liane su cui arrampicarsi, e la fisica a cui sottintendono: usando due braccia su corde adiacenti, il giocatore può salire più velocemente, ma si espone doppiamente agli stradentati mostriciattoli che infestano le liane.
Anche la salita e la discesa dalle liane differiscono in termini di velocità, e sono indispensabili per calcolare il tempo necessario per scansare i nemici che si presentano come letali portatori di morte sul piano orizzontale, e per calcolare i tempi con cui far precipitare le pochi armi a nostro favore sulle teste dei nemici. Donkey Kong Junior è un gioco dall'importanza storica minore di Donkey Kong, ma ugualmente impegnativo e divertente. Anche questo gioco, quindi, è consigliato caldamente a chi cerca un vero, piccolo inferno in cui eccellere.
Nella prossima puntata di Nstory: from NES to Revolution...
MARIO BROS + SUPER MARIO BROS: il battesimo ufficiale di un'icona del gioco elettronico.
Nel frattempo non perdetevi tutti i numeri di RETROLUDICA, la nostra rubrica dedicata ai classici della storia videoludica.
Vecchi? Non proprio...
Come abbiamo dimostrato nella nostra rubrica Retroludica, i videogiochi di altre epoche hanno innanzitutto un valore storico, perché rappresentano documenti di un modo di giocare legato a console, giocatori, generi ormai andati o completamente trasformati. Soprattutto, però, questi videogiochi sono ancora divertenti da giocare: i loro mondi continuano a catturarci, le loro sfide ci consumano ancora, e questo nonostante l’evoluzione tecnologica possa farli sembrare obsoleti a uno sguardo distratto. In alcuni casi, persino l’aspetto estetico dei giochi ci conquista più di quelli contemporanei, perché le limitazioni tecniche degli hardware costringevano i talentuosi programmatori e i grafici a estetiche ingegnose quanto minimali. Non è un caso che l'industria videoludica - con Nintendo in prima fila -si stia rivelando sempre più attenta non solo all'innovazione, ma anche alla valorizzazione di quel patrimonio giocabile immenso che è la storia videoludica.