A spasso con Daisy
A voler essere proprio pignoli pignoli, non sembra ci sia nulla a differenziare in maniera sostanziale Payback da GTA III, visuale a parte: quest’ultima è affidata ad una telecamera che non si pone più ad altezza d’uomo o poco più alta, ma a volo d’uccello, la qual cosa però accadeva già in GTA e GTA II, a ribadire ancora una volta la stretta discendenza del gioco dall’intera serie DMA. Il 3D permette comunque alla camera virtuale di eseguire rotazioni ed evoluzioni varie per avere sempre sotto controllo la direzione del nostro antieroe, si trovi egli in macchina o a piedi, in modo tale che i movimenti si svolgano sempre lungo l’asse nord-sud dello schermo piccolo e panoramico del GBA.
Poi siamo di fronte all’ormai usuale copione: siete un piccolo criminale alle prime armi, e il boss vi affiderà, se gli userete la cortesia di fermarvi a chiamarlo di tanto in tanto da qualche cabina (niente cellulari per noi duri), delle missioni di importanza, complessità e pericolosità via via crescente perché i capi della mafia sono sì truci e spietati, ma non sia mai detto che non abbiano un buon concetto della meritocrazia. Portando a termine le missioni avrete la possibilità di avanzare in nuove aree, cosa che però potrete ottenere anche senza seguire alla lettera gli ordini del boss decidendo di andarvene per conto vostro a terrorizzare la gente; potrete farlo, com’è usanza, sia a bordo dei veicoli che più vi aggradano (potrete prendere tutto quello che girà per la città, e ogni mezzo avrà le sue caratteristiche di fisica e guidabilità), sia girando allegramente a piedi armati di pistola, fucile a pompa, un paio di granate o, in mancanza, dei vostri fidi, poderosi arti superiori e inferiori. La cosa bella, come ben sa uno qualsiasi degli oltre dieci milioni di acquirenti di GTA III e relativo spin off, è che tutto questo lo potrete fare in un ambiente quasi completamente libero, senza percorsi da seguire necessariamente; a onor del vero, le mappe ci sembrano piuttosto piccole rispetto a quanto visto altrove, ma probabilmente siamo già al massimo di quello che si può chiedere ad un GBA giacché, come vedremo presto, non si può certo accusare gli Apex di non saper mettere alla frusta l’hardware! Piccoline, dicevamo, ma numerose e soprattutto soddisfacentemente complesse; perfette, cioè, per un po’ di sana azione multiplayer, che non mancava nell’originale Amiga e non mancherà nella conversione Game Boy: fino a quattro giocatori si potranno sfidare in una modalità deathmatch che premia chi fa più punti. E come si fanno i punti? Bravi, sostanzialmente mettendo a ferro e fuoco la città... Quattro pazzi il cui unico obiettivo è mettere sotto quanta più gente possibile, c’è da esser lieti di non far parte dei poveri abitanti virtuali...
Millemila poligoni al secondo
Sul fronte gameplay, dunque, originalità prossima allo zero ma tanto, tanto potenziale di divertimento. E poi su GBA non c’è ancora nulla del genere, quindi... Una cosa che invece si è già vista su GBA è un engine completamente poligonale, quindi non staremo qui a sprecare paroloni da svolta epocale, soprattutto in vista di un futuro ormai prossimo nel quale il 3D sarà la norma anche per i portatili.
C’è da dire, tuttavia, che di tutti i motori poligonali visti sul piccolo Nintendo, quello che muove Payback sembra il più impressionante: sul sito ufficiale dello sviluppatore quelli che tra di voi sono più addentro alle questioni tecniche si divertiranno sicuramente a leggere il diario di sviluppo e come i programmatori abbiano affrontato e risolto i grossi problemi che si presentano di fronte a chi tenta imprese di questo genere. L’engine si assesta oggi, dopo numerose revisioni, sui 71100 triangoli al secondo, che passano a 36200 in presenza di texture mapping e che ovviamente diminuiscono man mano che si aggiungono altri effetti; tali cifre possono risultare basse alle orecchie dei giocatori di questa generazione, ma su un hardware come quello del GBA sono risultati sensazionali, solo aiutati dalle piccole dimensioni dello schermo.
Non solo poligoni e texture: l’attuale build di Payback presenta anche numerosi effetti, quali la trasparenza del fumo, la distorsione dell’acqua, la gestione delle ombre, i segni delle sgommate sull’asfalto, effetti di luce e di “bloom” in occorrenza delle frequenti esplosioni, e persino piccoli effetti particellari come ad esempio il sangue dei pedoni feriti, che sullo schermo GBA risulterà quasi invisibile ma a cui non per questo i programmatori hanno voluto rinunciare. Il titolo sembra superare, pur con tutta la roba che presenta, anche la prova della fluidità: i programmatori parlano di una media di 15/16 fps con ancora un piccolo spazio per un miglioramento, e soprattutto con gran parte del lavoro di ottimizzazione del codice ancora da svolgere. In effetti il titolo potrà sembrare incerto da questo punto di vista nelle sue fasi a bordo di qualche veicolo, sia per il maggior numero di poligoni su schermo che per la maggior velocità richiesta, ma non pare andar mai sotto la soglia dell’ingiocabilità; quando poi si è a piedi, potremmo addirittura azzardare la parola “fluido”...
Riusciranno i nostri eroi?
Non contenti di aver messo su probabilmente il miglior motore poligonale su GBA, gli Apex Designs si sono voluti complicare la vita andando a dedicare grande attenzione anche agli aspetti tecnici meno appariscenti: la qualità del sonoro, musiche ed effetti, dovrebbe essere alta pur con scarsa incidenza sulle prestazioni, ci saranno FMV dalla compressione efficientissima e addirittura il motore offre la possibilità di rivedere in replay ben 16 minuti e 15 secondi di azione di gioco, cosa alla quale il sottoscritto deve ancora trovare un senso, ma che è bello sapere che c’è.
Se tutto ciò non vi ha fatto venire l’acquolina in bocca, significa che siete tra i pochi a posizionarvi su uno dei due estremi della scala: o siete così fanatici di tecnica che non ve ne potrebbe importare di meno di un motore treddì su GBA e siete invece impegnati a calcolare la potenza poligonale delle prossime generazioni di console, oppure tali questioni vi lasciano completamente indifferenti. Per tutti gli altri, sappiate che c’è il rischio che Payback GBA non riesca ad uscire nei negozi in quanto ad oggi, siamo oltre l’anno e mezzo di sviluppo, nessun publisher si è sentito di correre il rischio di finanziare un prodotto dalla tecnica arrogante ma dalla licenza sconosciuta. Così va il mondo, incrociamo le dita...
Rated “K” for Killers
Tra le cose per cui questa generazione di console, portatili e non, verrà ricordata annoveriamo senz’altro il fenomeno Grand Theft Auto III: non esattamente diversissimo in concept e premesse dai due sequel (in effetti è proprio la stessa cosa...), ma la terza dimensione acquisita su PlayStation 2 ha reso immediatamente chiaro a tutti il punto di forza di tale concept, la libertà, che oltre ad essere di movimento è anche morale, e ne ha fatto il grande successo di questi anni.
Se GTA III può a buon diritto fregiarsi di questo titolo, in realtà l’idea di traslare il franchise in 3D era venuta prima agli Apex Designs che agli stessi DMA: Payback esce infatti prima del terzo episodio dell’acclamata serie, ed è un gioco in 3D palesemente ispirato a GTA e relativo sequel con pochissime variazioni degne di nota. C’è solo il piccolo particolare che Payback è un gioco Amiga, uno di quei titoli che continuano a uscire a distanza di anni dalla morte commerciale del glorioso formato Commodore spinti solo dall’entusiasmo della ristretta comunità dei fan più duri a morire, e di conseguenza non ha sul mercato l’effetto che dovrebbe avere; Payback è però un bel gioco, e soprattutto un eccellente esercizio di programmazione, e i piccoli Apex hanno a disposizione un’ottima carta da giocare per fare il grande passo.