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Red Dead Redemption 2 sembra voler replicare Grand Theft Auto V, strizzando un occhio a Playerunknown’s Battlegrounds

Rockstar punta sulle mode del momento, ma capisce i suoi giocatori

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   06/02/2018

Grand Theft Auto V è stato il gioco più remunerativo del 2017. Contati gli anni che ha sul groppone il dato ha stupito molti, ma di questi tempi il risultato non è poi così incredibile: si tratta del prototipo perfetto dei videogiochi come servizi, o GaaS che dir si voglia: single player ormai praticamente accessorio (anche se molto solido), aggiornamenti costanti e mirati a stimolare le microtransazioni, eventi regolari pensati con lo stesso obiettivo e così via. Alcune persone lo descriverebbero come quel gioco in cui si entra per, scusate il francesismo, "cazzeggiare con gli amici". Traduciamo: pochi sfruttano davvero i sistemi offerti dal gioco, mentre molti se ne vanno in giro di qua e di là in branco facendo più casino possibile.

Insomma, i 521 milioni di dollari incassati durante l'anno passato sono in piccola parte riconducibili all'appeal della modalità single player, che nella comunicazione di Rockstar non esiste quasi più e non viene più aggiornata, e in grossa parte attribuibili alla vendita di oggetti in gioco, evidentemente massiccia. Non che non abbia venduto copie, sia chiaro, visto che è stato costantemente nelle prime posizioni delle top 10 di quasi tutto il mondo, ma ciò che importa è come mai molti lo stiano comprando ancor oggi: per entrare in Grand Theft Auto Online.

Red Dead Redemption 2 sembra aver fatto sua la lezione ed è ormai quasi certo che seguirà la stessa strada di GTA V. Probabilmente non riuscirà a vendere lo stesso numero di copie (francamente lo riteniamo improbabile, se non proprio impossibile), ma l'obiettivo che persegue è sostanzialmente identico: crearsi una base utenti tale da fruttare soldi nel lungo periodo.

Di nostro speriamo che Rockstar abbia compreso come questa strategia, per funzionare senza grossi contraccolpi, abbia bisogno di una modalità single player fatta come si deve, almeno in un titolo simile. Del resto anche in Grand Theft Auto V l'online è stato aggiunto in un secondo momento. A che serve il single player? Principalmente per schermare l'online da critiche feroci come quelle ricevute da Star Wars: Battlefront II (l'esempio più celebre) per le microtransazioni troppo invasive, che in un tripla A dal prezzo premium fanno storcere il naso.

La verità è che dopo aver comprato un gioco, non vuoi ritrovarti subito a combattere con l'esigenza di acquistare moneta virtuale con soldi veri per andare avanti: prima devi percepire un valore in ciò che hai tra le mani, valore che non può essere dato solo dal lato tecnico. Nessuno, ad esempio, può negare che Grand Theft Auto V abbia un valore a prescindere da Grand Theft Auto Online.

Se non si percepisce un valore che giustifichi il prezzo che si è pagato, poi è ovvio che ci si lamenti se vengono immediatamente chiesti altri soldi, pur non obbligatori: in questi casi sembra come se ci fosse stato venduto l'accesso a un negozio, più che a un gioco.

Certo, con Red Dead Redemption 2 i primi rumor hanno già messo in campo le modalità online, svelando che Rockstar intende probabilmente seguire la moda del momento (i battle royale alla Playerunknown's Battlegrounds), ma fondamentalmente sembra aver capito meglio di altri come dare i GaaS in pasto al pubblico senza causargli conati di vomito. O, almeno, noi speriamo che sia così.