RTI e Medusa Film hanno depositato al Tribunale Civile di Roma un'azione legale contro Perplexity AI, segnando la prima iniziativa italiana mirata a contestare violazioni del diritto d'autore nel campo dell'intelligenza artificiale. Secondo il ricorso, la società statunitense avrebbe impiegato materiale audiovisivo e cinematografico appartenente al Gruppo Mediaset per addestrare i propri sistemi generativi, attingendo a opere coperte da copyright senza richiedere o ottenere alcun tipo di licenza.
L’accusa: utilizzo massivo e non autorizzato di contenuti protetti
Nel dettaglio, RTI e Medusa sostengono che Perplexity avrebbe raccolto e analizzato un numero significativo di loro produzioni con modalità non trasparenti, sfruttandole come dataset per migliorare le capacità dei propri modelli. Questo tipo di attività, secondo le due aziende, non può essere giustificato come uso legittimo soprattutto in un contesto commerciale che beneficia direttamente dei contenuti sfruttati. L'assenza di autorizzazione, unita alla scala dell'operazione, costituirebbe una violazione dei diritti d'autore e dei diritti connessi tutelati dalla legge italiana ed europea.
Attraverso il ricorso, RTI e Medusa chiedono al giudice di dichiarare l'illiceità delle attività contestate e di imporre a Perplexity AI il blocco immediato di qualsiasi ulteriore utilizzo dei loro materiali. Le società domandano inoltre un risarcimento economico per i danni già subiti e un'ulteriore penale giornaliera qualora la startup dovesse reiterare condotte analoghe in futuro. L'iniziativa punta a definire un perimetro chiaro sull'uso delle opere audiovisive nell'ambito dell'addestramento dei modelli generativi.
Un nuovo fronte nel rapporto tra media e AI
La causa apre un nuovo capitolo nel confronto tra industria dei contenuti e aziende che sviluppano sistemi di intelligenza artificiale. Il tema dell'utilizzo dei materiali protetti per l'addestramento dei modelli è al centro di controversie anche negli Stati Uniti e in altri Paesi europei, con editori, studi cinematografici e piattaforme che chiedono maggiore trasparenza e strumenti legali più incisivi. L'esito del procedimento italiano potrebbe diventare un riferimento per casi futuri e contribuire a definire i limiti entro cui i modelli generativi possono operare quando si tratta di opere soggette a copyright.