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Anche i demoni piangono

Alla fine, il nuovo e più o meno contestato Dante è arrivato alla sua forma definitiva, con DmC pronto a raggiungere i negozi. La scommessa di Capcom e Ninja Theory è vinta?

RECENSIONE di Giorgio Melani   —   14/01/2013

L'apertura ad occidente di Capcom era stata salutata come un'iniziativa degna di un grande publisher in grado di fare scelte importanti e al passo coi tempi. In un momento in cui lo sviluppo nipponico pareva non riuscire ad ingranare nella next gen, la casa di Osaka sembrava voler aggredire i tempi con una soluzione innovativa e profondamente strategica. I risultati collezionati in seguito non sono stati dei più convincenti, tanto da far pensare che dietro ad una genuina volontà di smarcarsi da un momento difficile mancasse, in verità, una linea di condotta e una strategia creativa vera e propria.

Anche i demoni piangono

Così, quando è stato presentato DmC - Devil May Cry con un protagonista rinnovato e lo sviluppo affidato alle cure del team britannico Ninja Theory, l'incanto era già bello che passato e la disillusione serpeggiante ha cominciato ad emergere come vera e propria sfiducia, complice una rappresentazione profondamente diversa di un protagonista storico e radicato nell'immaginario videoludico come Dante, etichettato frettolosamente come reinterpretazione emo facilmente smerciabile al nuovo pubblico giovane e inimicando in questo modo un esercito di fan appassionati della serie e del vecchio personaggio. Pochi avevano messo in conto che in quel team di sviluppo risiede del talento, che nonostante i risultati altalenanti collezionati finora si è manifestato in una particolare visione del videogioco come mezzo espressivo.

Anche i demoni piangono

Supportata da una solida base di gameplay, fornita magari da chi di questo comparto se ne intende - per l'appunto come Capcom - questa visione avrebbe potuto portare ad un risultato esplosivo. Nonostante qualche imperfezione, così è stato: DmC - Devil May Cry è probabilmente il miglior gioco Ninja Theory (o almeno il più bilanciato in ogni suo aspetto) e un ottimo capitolo della storica serie action di Capcom. Se da una parte il gioco osa stravolgere la serie nella sua caratterizzazione, proponendo un protagonista dal carisma meno prorompente ma calato in una sceneggiatura più definita e rigorosa, dall'altra il gameplay si trova saldamente ancorato alla tradizione Capcom, sebbene con alcune aggiunte caratteristiche in termini di level design. Un connubio che, tutto sommato, convince in pieno.

Un demoniaco libertino

Forte di un gran lavoro effettuato nell'ambito artistico, Ninja Theory non ha avuto timore reverenziale nel proporre la sua particolare visione di Dante e dell'universo di Devil May Cry. C'è una scena, all'interno delle prime missioni, che sembra voler simboleggiare l'atteggiamento degli sviluppatori nei confronti della tradizione: in mezzo al caos, una parrucca bianca vola in qualche modo in testa al protagonista, che guardandosi allo specchio afferma "nemmeno per idea!" (o qualcosa del genere) e se la toglie sprezzante. Sarebbe riduttivo tuttavia appiattire la spinta innovativa del team su una questione stilistica legata al character design. L'approccio di Ninja Theory, con il suo particolare modo di mettere in scena una storia nella forma di videogioco, appare evidente nell'impianto narrativo e nelle scene d'intermezzo. La differenza con i capitoli passati sembra presentare un parallelo con le diverse concezioni videoludiche che caratterizzano molti action game orientali rispetto a quelli occidentali. Il vecchio Dante era prorompente, carismatico e sopra le righe, in grado di catalizzare l'attenzione e caricarsi sulle spalle tutto il peso di una sceneggiatura non sempre definita, risultando memorabile nella sua sregolatezza.

Anche i demoni piangono

Il nuovo Dante condivide parte dell'atteggiamento "badass" dell'originale, ma piegato all'interno di una storia maggiormente strutturata, con relazioni più salde con i comprimari e maggiori sfaccettature emo-tive (in questo senso si può parlare propriamente del discusso prefisso) e sentimentali. Sono le "origini" di Dante quelle messe in scena in DmC, un'operazione che ha molto in comune con analoghe produzioni fumettistiche, andando a scavare nella personalità di un personaggio ben definito nell'immaginario comune e svelandone aspetti inediti. Allo stesso modo, l'idea di calare il mondo metafisico dei demoni e degli angeli all'interno di una realtà contemporanea in cui il diavolo si cela dietro al consumismo, ai media e alla finanza è un'idea originale e anche coraggiosa, negli angusti confini narrativi di un action game. La storia di Dante e Vergil, insieme alla new entry Kat, e della loro guerra a Mundus assume una scala epica, inserita in una cornice maggiormente radicata nella realtà del mondo umano. A questa sensazione contribuisce peraltro l'ottima idea delle dimensioni parallele della realtà umana e del limbo che si intersecano, distorcendo l'ambientazione realistica in un incubo di forme assurde e demoni in agguato. È chiaro che essendo un gioco volto saldamente all'azione forsennata non vi sia poi molto spazio per l'introspezione psicologica, pertanto l'evoluzione del personaggio di Dante e dei suoi rapporti viene compressa in maniera piuttosto frettolosa tra una missione e l'altra, così come la critica sociale al mondo post-moderno appare alquanto grossolana, ma tanto basta, insieme ad una regia a tratti veramente entusiasmante, a costruire una solida base narrativa.

Angeli e demoni

Sulla meccanica del gioco abbiamo parlato in maniera alquanto approfondita negli hands-on precedenti (in particolare nel recente provato e nell'articolo della Gamescom 2012), dunque evitiamo di ripetere nel dettaglio il lungo elenco di mosse e armi a disposizione di Dante.

Anche i demoni piangono

Il sistema di combattimento si gioca in particolare sull'alternanza tra le armi demoniache e angeliche, in grado di apportare danni diversi a seconda delle caratteristiche dei nemici, con il supporto costante della spada di base e delle armi da fuoco, utilizzate soprattutto come diversivo o sistema di contenimento dei nemici a distanza e l'ulteriore variante aggiunta dal "Devil Trigger", la trasformazione demoniaca di Dante che modifica la potenza degli attacchi consumando una propria energia specifica, peraltro omaggiando il "vecchio" protagonista con una nostalgica capigliatura bianca. La ricerca di soluzioni d'attacco complesse ed eleganti, l'esecuzione di combo più o meno spettacolari è spinta più dalla corsa all'high score che non da una reale necessità sul fronte del gameplay, almeno ai livelli di difficoltà normali, ma il sistema di valutazione in tempo reale del comportamento del giocatore, attraverso un continuo calcolo del punteggio e dei moltiplicatori in base allo "stile" di combattimento, tende a spingere anche i più pragmatici a soluzioni quanto più estrose possibili. Altro discorso è invece quello del cambio delle armi: la necessità di passare velocemente da una all'altra è costante, soprattutto nei livelli più avanzati dove le ondate di nemici sono composte da elementi variegati che richiedono ognuno un approccio specifico.

Da questo punto di vista, si sente la mancanza di un sistema di lock-on su obiettivi specifici, cosa che costringe ad andare un po' alla cieca in certi momenti, sminuendo il potenziale strategico del cambio arma per differenziare gli attacchi. La risposta ai comandi nelle fasi di combattimento è ottima e le combo da eseguire relativamente semplici ma numerose, cosa che consente una grande varietà di soluzioni d'attacco e spinge a diversificare l'azione, anche soltanto per la soddisfazione di veder salire il punteggio e le valutazioni entusiastiche. D'altra parte, l'approccio "stiloso" al combattimento, caratteristica fondante della serie, è anche un ottimo sistema per evitare il concreto pericolo della monotonia, rendendo esaltante ogni scontro. L'assortimento di armi consente numerosi approcci alla battaglia e la sensazione di potenza che molte mosse sono in grado di trasmettere è quasi inebriante, una volta che si impara a controllare al meglio Dante.

Anche i demoni piangono

Si registra un certo livellamento verso il basso della difficoltà, almeno per quanto riguarda il livello medio, ma la presenza di ben quattro modalità extra da sbloccare oltre alla Bloody Palace, che pongono sfide molto impegnative, sapranno soddisfare anche i più esigenti hardcore gamer, con la possibilità ulteriore di confrontare i punteggi online. I boss presenti non sono molti rispetto al numero delle missioni e nonostante l'indubbia spettacolarità delle scene, non rappresentano probabilmente quei momenti culminanti che in un gioco del genere potremmo aspettarci: i pattern di attacco ripropongono soluzioni un po' trite, come la necessità di colpire obiettivi secondari prima di concentrarsi sul "corpo" principale, senza presentare soluzioni particolarmente creative in termini di gameplay, anche se non manca il tipico senso di soddisfazione una volta giunti alla conclusione e alcune situazioni siano decisamente coinvolgenti. In linea con i capitoli passati si presenta il sistema di evoluzione di Dante, con il tipico "negozio" in cui spendere punti esperienza in nuove abilità e mosse di attacco e difesa. Allo stesso modo, i globi rossi raccolti per i livelli possono essere qui investiti nell'acquisto di oggetti utili a ricaricare o espandere l'energia del protagonista e la barra del Devil Trigger o nella possibilità di "resuscitare" una volta abbattuti.

Variegato al gusto platform

Se il sistema di combattimento è rimasto ancorato alla tradizione della serie, i Ninja Theory hanno cercato in qualche modo di potenziare il level design, ibridando la struttura classica con alcuni elementi in stile platform che riescono bene a variare l'azione di gioco e aggiungere nuovo spessore al gameplay, aprendo le porte ad una rigiocabilità importante, sebbene tali elementi non siano proprio esenti da problemi. Agli scontri con le ondate di nemici si alternano dunque fasi di esplorazione che non disdegnano anche il ricorso alla precisione nei salti tra piattaforme, come da vecchia scuola. La struttura mista si riflette anche nell'utilizzo delle armi demoniache e angeliche di Dante, che hanno ora applicazioni anche nel movimento all'interno dei livelli. Arbiter e Osiris, in presenza di particolari punti di aggancio, possono essere utilizzate come rampini in grado di far spostare il protagonista da un punto all'altro delle ambientazioni oppure di spostare sezioni di scenario per creare nuovi punti d'appoggio o aprire la strada (nonché agganciare e attrarre i nemici, durante i combattimenti).

Anche i demoni piangono

È una soluzione che apre la strada ad un level design più complesso e variegato, che richiede non solo momenti di precisione sui salti e sul controllo degli spostamenti, ma anche una maggiore attenzione agli elementi nascosti dello scenario. Sono numerose le strade secondarie, le porte segrete e i bonus sparsi in giro per i livelli che ad un primo passaggio possono passare inosservati, o risultano impossibili da raggiungere perché attendono l'acquisizione di poteri superiori da parte del protagonista. Diventa dunque necessario tornare successivamente alle missioni già concluse per poter scoprire tutti i contenuti nascosti e per raggiungere alcune zone diventa necessario esplorare gli ambienti con un'attenzione che in un gioco del genere non è scontata. Tutto questo aggiunge ulteriore spessore all'azione e aumenta sensibilmente la longevità del gioco, di per sé già non malvagia anche limitandosi ad un primo passaggio: intorno alle 10 ore per una prima conclusione senza approfondire molto l'esplorazione dei livelli è già un buon dato, considerando il genere, ma se si ha intenzione di sbloccare un po' di contenuti e scoprire tutto quello che si cela nelle varie missioni, il tempo si allunga sensibilmente. Si registrano purtroppo anche delle imperfezioni in questi frangenti "platform": non è sempre facile valutare esattamente le distanze e il controllo aereo di Dante non è il massimo della precisione e se a questo si aggiungono alcuni sporadici problemi di contatto con le superfici e una telecamera che richiede spesso di essere richiamata manualmente per inquadrare meglio gli ostacoli, risulta chiaro che questa nuova componente di gameplay richiede forse un po' di raffinamento ulteriore, ma è sicuramente un'ottima direzione quella intrapresa da Ninja Theory per approfondire la struttura di Devil May Cry.

Obiettivi Xbox 360

48 obiettivi per il solito totale di 1000 punti si celano all'interno di DmC - Devil May Cry. Gli achievement si distribuiscono in maniera piuttosto omogenea nel corso del gioco, con alcuni sbloccabili semplicemente avanzando di livello in livello e superando i momenti topici proposti e altri con struttura progressiva che richiedono il raggiungimento di determinate performance nel corso delle partite. Un primo attraversamento completo del gioco garantisce già un buon numero di punti, ma la vera sfida è per i collezionisti più intraprendenti.

Visioni distorte

La direzione artistica di Ninja Theory lascia un'impronta notevole nell'immaginario di Devil May Cry, proponendone un'interpretazione di ottima fattura e caratterizzata da una personalità e uno stile incisivi, dagli ottimi artwork in stile "caravaggesco" alla grafica in-game. La presenza delle dimensioni parallele ha consentito ai grafici di spaziare con la fantasia, distorcendo ambientazioni metropolitane in figure impossibili, oppure sbizzarrendosi in livelli infernali, onirici o semplicemente assurdi. Le ambientazioni metropolitane "normali" si rifanno alle grandi città europee, in particolare Londra e Barcellona, ma quando le dimensioni si confondono all'interno del Limbo le strutture perdono ogni contatto con la realtà, piegandosi in un incubo di forme distorte, o in visioni oniriche di città sospese nel vuoto, nelle quali Dante si trova a volteggiare tra pezzi di strade, facciate ed edifici semi-distrutti. Il passaggio dalla realtà al limbo consente di spaziare tra ambientazioni estremamente diversificate e non mancano riferimenti al vecchio stile goticheggiante, intrecciati alle scenografie visionarie proprie del team di sviluppo, fino ad arrivare a punte di bizzarria ed estro veramente particolari, come ad esempio il livello ambientato nella discoteca, che propone un'esperienza audio-visiva alquanto unica. È anche grazie a questo stile caratteristico che DMC - Devil May Cry riesce in parte a smarcarsi dai classici elementi derivativi connaturati con l'Unreal Engine 3, che pure emergono qua e là nel corso del gioco.

Anche i demoni piangono

Certi effetti applicati alle texture e certi riflessi dal look quasi "lisergico", oltre agli occasionali problemi di sincronia nella risoluzione delle texture sanno un po' di già visto, cosa comune all'infinità di titoli costruiti sull'engine di Epic, ma si notano qui molto meno che in altri casi, anche se viene da pensare che forse un utilizzo dell'MT Framework di Capcom avrebbe potuto magari evitare completamente questi piccoli difetti. Decisamente originale e caratteristico invece, in linea con lo stile Ninja Theory emerso anche nelle produzioni precedenti, è il character design, con personaggi ben modellati e caratterizzati da espressioni facciali convincenti, che aumentano l'effetto cinematografico delle scene d'intermezzo. Piuttosto problematica, in diversi frangenti, si è rivelata invece la telecamera libera. In particolare per quanto riguarda le fasi platform, ma a volte anche durante combattimenti, risulta necessario aggiustare spesso l'inquadratura, che tende a schiacciarsi troppo al livello del terreno, avvicinarsi eccessivamente al protagonista o incastrarsi contro le pareti, in certi casi. Segue il classico stile rockeggiante della colonna sonora, che propone brani che vanno dall'elettronica all'industrial rock composti da Noisia e Combichrist, che si adattano ottimamente alla tradizione della serie. Anche il doppiaggio, interamente in italiano, si dimostra di ottima fattura per gli standard videoludici.

Conclusioni

Versione testata: Xbox 360
Multiplayer.it
8.8
Lettori (531)
7.9
Il tuo voto

Non si presentava per nulla semplice, ma Ninja Theory ha vinto la sua sfida, affrontandola peraltro con grande personalità. La reinterpretazione di Dante può non piacere agli appassionati di vecchia data ed è comprensibile, ma sarebbe davvero un peccato trincerarsi dietro prese di posizione legate ad un elemento così superficiale senza riconoscere quanto di buono fatto dal team britannico in questo gioco. DmC - Devil May Cry dona la giusta spinta innovatrice ad una serie che rischiava di perdere brillantezza e accartocciarsi su sé stessa, proponendo non solo una nuova visione dei protagonisti, dell'ambientazione e della struttura narrativa, ma anche - cosa probabilmente ancora più importante - nuovi innesti al classico e solido gameplay action, arricchendo la struttura di gioco e trovando il giusto mezzo tra il sistema di combattimento classico e un level design più profondo. Non mancano alcuni difetti da aggiustare, ma ci auguriamo che la serie possa ulteriormente progredire a partire da questo ottimo punto di ri-partenza.

PRO

  • La nuova struttura ibrida varia bene l'azione
  • Ottima ambientazione e impostazione narrativa
  • Sistema di combattimento estremamente godibile

CONTRO

  • Qualche problema con la gestione della telecamera
  • Combattimenti anche troppo caotici senza lock manuale
  • Pochi boss e non proprio memorabili