La piramide delle corse
La vita, in questo caso, più che a scale è fatta dei gradoni della piramide che costituisce la modalità carriera di Dirt, che è poi quella principale, grazie alla quale si sbloccano tutte le 46 auto a disposizione e tutte le diverse livree. Le prove sono divise in otto livelli di intensità crescente, che permettono di affrontare tutte le diverse specialità inserite in questo capitolo, alla guida di tutti i tipi di mezzi previsti. Rispetto al passato, c’è una maggiore diversificazione dell’offerta e le classiche gare a tempo e in salita lasciano spesso il posto a prove su circuito, nelle quali sino a dieci macchine sono in gara contemporaneamente per un determinato numero di giri. Il cammino del giocatore sino alla vetta della piramide è ostacolato sotto due punti di vista, ovvero quello dei punti necessari per sbloccare le nuove prove da correre e quello dei dollari che servono per comprarsi le macchine richieste per affrontarle. Quando si seleziona una prova, si può anche sceglierne il livello di difficoltà che premierà il raggiungimento del podio con diversi riconoscimenti in denaro, che saranno, ovviamente, proporzionati alla difficoltà prescelta. I punti ottenuti, invece, non variano con il variare della difficoltà, e sarà quindi possibile sbloccare tutte le prove correndo al livello più semplice, andando poi a raccogliere i soldi necessari agli acquisti, ottenendo piazzamenti a difficoltà più elevate. Questa scelta premia l’approccio “easy” che Codemasters ha dato a tutto il prodotto, favorendo di sicuro i giocatori che non si fossilizzano sulla simulazione ai livelli più estremi e che potranno sbloccare tutte le prove in un termine che si può stimare in circa 10 ore di gioco. A quel punto sarà possibile continuare a giocare migliorandosi ai livelli più tosti, oppure affrontando i campionati mondiali messi a disposizione nella modalità apposita, e che si differenziano per il numero di gare di cui sono composti. Purtroppo, come vedremo in seguito, la modalità online è ridotta veramente ai minimi termini e non è in grado di allungare in maniera determinante la longevità di Dirt.
In derapata
Questa fatica Codemasters è una creatura un po’ particolare. Il comportamento di alcune vetture, su alcune superfici, è talmente preciso da stupire. In altri frangenti, invece, ci si sente proprio come se le cose in qualche modo non fossero al loro posto, soprattutto quando ci si accorge che il modo migliore per affrontare certe curve è quello di arrivarci a tutta velocità per poi inchiodare nel bel mezzo di un probabile fuori pista e ripartire “a tavoletta” dopo essersi rimessi in carreggiata. Questa sensazione si accentua ancora di più per l’alta velocità del gioco, che dà lo stesso tipo di emozioni di un titolo velocistico, in cui un’inchiodata a 200Kmh su ghiaia in curva non ha quasi esiti negativi, se effettuata con le giuste tempistiche. La difficoltà quindi sta tutta nell’imparare a fidarsi del proprio copilota che dà indicazioni precise al millimetro e che rendono del tutto superflua la lettura della piccola mappa presente nella parte alta dello schermo, infilando il giocatore in un’apnea competitiva costante dove, però, le macchine sembrano a volte scivolare sul terreno. La generosità con cui è possibile raddrizzare le situazioni più impegnative diminuisce un po’ il fluire d’adrenalina che comunque è una delle caratteristiche più riuscite del gioco, che è in grado di rapire per molte ore. Per i più determinati, ci sono, ovviamente, i livelli di difficoltà più alti, che incattiviscono l’IA degli avversari nelle gare su circuito e che ne abbassano i tempi nelle gare a cronometro. È, però, la scelta di gameplay alla base di Dirt a diminuire l’importanza dei tanti settaggi operabili sulle vetture e dello studio più attento dei percorsi e delle superfici su cui si dipanano, lasciando campo aperto ad una serie di gare da affrontare una dietro l’altra senza prendere fiato.
Del tutto particolare anche il dettagliatissimo sistema dei danni che tiene conto di qualsiasi impatto subito dalla vettura e che può sfociare in un ritiro dalla gara. Il tutto sottolineato anche dall’ottima interattività degli ambienti, con filari di vitigno, ad esempio, che possono essere mandati in frantumi con i residui di legno che restano sul cofano della macchina, mentre i fili d’erba sferzano la carrozzeria, evidenziati dall’ottimo comparto audio.
Aspettate che mi squilla il telefono...
Una modalità online come quella di Dirt non l’avevamo mai vista. Si aprono delle lobby in cui fino a 100 giocatori si raccolgono contemporaneamente e nelle quali viene data la possibilità di votare tra 6 combinazioni di un percorso ed un tipo di macchina, entrambi non modificabili in alcun elemento. Le discipline sono solo le gare a tempo e le corse in salita. Non appena si entra nella stanza parte un countdown di un minuto, al termine del quale la gara inizia inesorabilmente e tutti i partecipanti sono chiamati a coprire il percorso nel minor tempo possibile. Durante la gara non c’è alcun contatto con gli altri corridori, non un ghost che ci faccia vedere il pilota più vicino a noi in classifica. Altra caratteristica eccentrica è che il countdown non può essere fermato e la gara inizia comunque anche se nella stanza non entra nessun altro giocatore (in quel caso ci aspetta una bella gara in solitaria), o se uno dei partecipanti deve assentarsi per qualche istante dalla console. Oltre a questo non esiste in alcun modo la possibilità di effettuare gare nelle discipline a circuito con più giocatori contemporaneamente in pista.
Tra fango e polvere
La cosmesi di Colin Mcrae Dirt è uno dei suoi maggiori punti di forza. A fare da collante a tutta l’esperienza di gioco è un genuino ed elettrizzante senso di meraviglia che assale il giocatore ad ogni prova da correre. Si potrebbe discutere su un uso eccessivo di bloom e HDR, che fanno apparire certe campagne toscane e sterrati in Australia come delle enormi distese fiammeggianti, ma indubbiamente la scelta dei 30 frame al secondo, perfettamente adeguati al tipo di guidabilità impostata dal team, ha pagato con un livello di dettaglio straordinario, soprattutto considerando la sensazione di velocità che è in grado di restituire. Ed allora non resta che lanciarsi a rotta di collo per alcune ambientazioni davvero ispirate tra cui si segnalano l’Italia, il Giappone e l’Australia che vanno semplicemente viste in ogni dettaglio, per andare a scoprire sassi poligonali a bordo pista, staccionate che si fanno in pezzi, se urtate, e ciuffi d’erba che ricoprono interamente le colline fino a nascondere i poligoni che le costituiscono. Notevole anche il lavoro svolto sulla ricostruzione degli abitacoli, che possono essere visualizzati addirittura in due tipologie diverse di visuale interna. Complice il tempo in più avuto a disposizione degli sviluppatori, la versione PlayStation 3 ha un frame rate stabile e sono spariti quasi del tutto i saltuari rallentamenti presenti invece nella controparte 360.
Per il comparto audio vanno segnalati alcuni temi davvero azzeccati che accompagnano i menu realizzati con una cura notevole e con uno stile unico. Si potrebbe dire che la scelta era obbligata, dato che i tempi di caricamento sono davvero lunghi e che si deve passare molto tempo di fronte alle schermate in cui vengono snocciolate tutte le statistiche del giocatore, prima di ogni gara. Nessun commento musicale durante le competizioni, ma una serie di effetti sonori di prim'ordine.
Commento
Al realismo visivo di Dirt non corrisponde altrettanta cura nella ricostruzione del modello di guida, cosa che fa del nuovo Colin un titolo adatto a tutti i giocatori che, alle simulazioni più impegnative, preferiscono esperienze mozzafiato e perfettamente calibrabili alla propria abilità. Questo capitolo della serie è veloce, divertente ed incarna tutte quelle qualità in grado di rendere chiaro in pochi secondi il concetto di Next Gen a qualsiasi giocatore. Sulla distanza si avverte, però, la mancanza dello spessore necessario per tenere incollati i veri appassionati dei giochi di corsa, che impareranno in breve tempo tutto quel che serve per attraversare la modalità carriera senza eccessive difficoltà. La pittoresca, quanto limitata, modalità online è infine il colpo di grazia per le ambizioni da capolavoro del nuovo titolo Codemasters, che è comunque uno dei migliori giochi di guida dell’ultimo anno.
Pro:
- Graficamente sbalorditivo
- Ottima sensazione di velocità
- Buona varietà di mezzi
- Modello di guida non del tutto convincente
- Modalità online castrata
- Tempi di caricamento
Colin McRae: DIRT è disponibile per PC, PS3 e 360.
La versione usata per questa recensione è quella per PS3.
Il più grande successo di Colin Mcrae come pilota di rally risale al 1995, ben 12 anni fa, con la vittoria del campionato del mondo. Da allora la sua carriera è stata sì baciata da altre gioie, ma la cosa più incredibile è che il suo nome è praticamente diventato sinonimo della simulazione di questo sport per la maggior parte dei videogiocatori del pianeta. È dal 1998, anno di rilascio del primo capitolo, che la serie di Colin Mcrae di Codemasters è la più venduta e la più acclamata di questo genere, e tutte le volte che ne viene annunciato un nuovo episodio, migliaia di fan in tutto il mondo drizzano le antenne in attesa di scoprire come sarà il prossimo Colin. Questa volta, oltre alla normale attesa, si è sommato l’entusiasmo suscitato dalle immagini del gioco, basato sul nuovo motore Neon, sviluppato per l’occasione, che lasciavano veramente a bocca aperta. Dopo aver provato a lungo la versione definitiva, non possiamo che confermare tutto il bene che si è detto, ma la nota più positiva è che Dirt può tranquillamente essere annoverato tra i migliori giochi dei Codies.