La differenza tra Grand Theft Auto III / Vice City / San Andreas rispetto ai primi due capitoli con visuale dall’alto non è semplicemente un passaggio alla terza dimensione, anche se ha a che vedere con questo: in realtà, il motivo del successo critico e commerciale della saga sta nel fatto che a partire dal terzo episodio Rockstar ha totalmente riformulato il gameplay del gioco rendendone l’esperienza come un mondo vivo e ricco di situazioni, con un tasso di interazione con gli ambienti, gli oggetti, i personaggi e le situazioni progressivamente più ampio e articolato. Non si tratta di semplice pretesa di “realismo”, di una trama complessa o di sfruttamento facile della violenza e del suo fascino, visto che tentativi ben più improntati al realismo, alla complicazione della narrazione o all’ultra-violenza sono miseramente falliti. E questo per la differenza fondamentale del design, che nella transizione al 3D si è liberato della linearità forzata e della ripetitività ed ha potuto offrire un ventaglio di situazioni nuove, varie e coinvolgenti, creando una rete di giochi nel gioco dove alla persona col controller in mano si chiedeva solo di scegliere da dove iniziare. GTA Advance ha poco di questo progressivo affrancamento, e riesce più che altro a ripulire i grossi difetti dei primissimi titoli senza potere ambire a un vero salto in avanti che avrebbe chiesto scelte coraggiose e dispendiose in termini di game design. Questo non vuol dire che il gioco sia cattivo o estremamente mal fatto. Il controllo sul personaggio e le sue armi è notevolmente migliorato rispetto alle prime incarnazioni, con la possibilità di fermare la direzione di sparo e una gamma di armi tratte dagli ultimi episodi. Le missioni di guida sono tante, e le side-mission, con tanto di pacchetti extra da rintracciare, garantiscono molte ore di corse violente, massacri di nemici e di inermi passanti. L’esperienza generale è però minata da alcuni difetti strutturali. In primo luogo, le missioni su auto, su cui si fonda la maggior parte del gameplay, sono state unificate nello stile della corsa a tempo, eliminando tutte le variazioni sul tema come gli scontri da fuoco in corsa, la corsa a chi sopravvive e così via. In secondo luogo, la fisica stessa dei mezzi è strana: pur facendosi guidare in maniera diversissima tra loro in omaggio alla propria identità, i vari veicoli rispondono in maniera schizoide alle sollecitazioni esterne, rimbalzando in maniera eccessiva in caso di scontri, sfidando lo scrolling a seguirle quando le accelerazioni sono troppo brusche o arenandosi in angoli e su edifici (per quanto i maggiori fastidi dell’impossibilità di scendere quando si parcheggi troppo vicini a un edificio sia stati eliminati rispetto ai primi episodi). In terzo luogo, il concetto di grande città vivente, ricca di situazioni da esplorare in libertà, è del tutto saltato: non è provvista una mappa intera del gioco ma solo un angolino nel radar in basso, precludendo una sana esplorazione attiva; e le missioni non rifuggono mai dagli schemi classici dell’eliminazione, della corsa a tempo e della consegna, mentre l’andamento generale nel gioco consente così poche variazioni che si risolve in una linearità estrema.
Sicuramente il giudizio è viziato dall’impietoso paragone con gli episodi maggiori, che viaggiano su un hardware capace di dare vita a un ambiente simulato più attivo e vivido. Ma rimane la sensazione che si sarebbe potuto fare di più semplicemente investendo sul design della mappa anziché dare vita a quello che risulto senza dubbi come un pacchetto in svendita di un grande nome, semplificato, reso più facile (polizia abbastanza permissiva per molto a lungo nell’avanzamento) e ridotto in scala per una cartuccina da far uscire nel momento giusto. A chi venga il dubbio che la maggiore linearità sia una precisa scelta per un portatile e un modello di gioco pick and play, la smentita arriverà subito con l’assenza di una modalità save indipendente dal tornare a salvare sempre nello stesso punto della mappa, cosa che rende assolutamente inadatto il gioco a un approccio “prendi, gioca e spegni”. Di fatto, raccogliere dieci pacchetti extra per sbloccare un nuovo save point richiede più tempo ancora che finire una missione. In generale, il gioco soffre di una certa mancanza di cura, sia essa sotto forma di piccoli dettagli come i dati statistici che scorrono su schermo tutti insieme senza un minimo di menù o peggio come missioni mal disegnate che non contemplano l’arrivo del giocatore su un mezzo piuttosto che a piedi e si interrompono quasi senza motivo. La semplificazione opera anche – e questo più prevedibilmente e in parte in maniera stavolta comprensibile – sul piano estetico. La grafica, per quanto appaia spartana in foto, si rivela piacevolmente animata da effetti pseudo-3d come scaling, zoomate e elementi poligonali per gli edifici, anche se in generale lo stile avrebbe beneficiato di un lavoro di rendering o cosmetico. Il sonoro offre ben poche canzoni da ascoltare in radio, e praticamente senza alcun effetto vocale a parte la bella vocina della polizia che segue l’andamento del ricercato sulle strade o altri effetti sparuti. Il peggior trattamento lo ha ricevuto la trama, decisamente superficiale e dai dialoghi poco interessanti e semplificati, inseriti in cornici narrative comunque ben disegnate nel tipico stile low-key della serie.
Le limitazioni dell’hardware rendono ingiusto un paragone con gli ultimi giochi della serie, dai quali GTA Advance cerca di imitare il feeling e la varietà e di integrarli con le meccaniche e l’interfaccia dei primissimi episodi bidimensionali. Ma questo avrebbe necessitato di un adeguato lavoro di design e una buone dose di coraggio, tempo e inventiva, senza i quali il risultato è indubbiamente un titolo a tratti piacevole ma che non va oltre l’interesse passeggero, e affonda anzi nella ripetitività. Cosa che, a questo stadio della saga, fa purtroppo scattare gli impari paragoni e potrebbe annoiare fino a fare urlare “è un delitto!” anche (e proprio) i migliori fan del Grand Theft.
- Pro:
- Gran quantità di missioni e extra
- Migliora molti difetti dei primi GTA in 2d
- Contro:
- Manca una mappa completa
- Tende alla ripetitività
- Fisica dei veicoli molto discutibile
- Decisamente lineare
Grand Theft Auto approda su GameBoy Advance con il primo, “vero” tentativo di trasporre la lucrosa licenza su portatile dopo le penose conversioni dei primi episodi per Playstation pubblicate nel 2000. E dopo essere rimbalzato di sviluppatore in sviluppatore come una patata bollente fa capolino sul Nintendo tascabile giusto in tempo per sfruttare l’onda della rinnovata GTA-frenzy, ingenerata dall’ultimo episodio per PS2. Rockstar ha recuperato l’interfaccia bidimensionale e la visuale di gioco dall’alto, quella degli episodi precedenti all’esplosione in 3D di GTA III. E ha cercato di attualizzare a aggiornare il gameplay, il feel e l’esperienza di gioco al modo in cui si presentano negli episodi tridimensionali della saga. Il risultato è discreto, ma non privo di errori superficiali, semplificazioni eccessive e in generale di un grosso senso di impoverimento che non riesce minimamente a convogliare l’esperienza dei fratelli maggiori, ma solo a limare i più grossi difetti dei primissimi capitoli.