All'inizio di Phoenix Springs troviamo la reporter Iris Dormer su di un treno. Non sappiamo dove la protagonista stia andando e nessuno ci ha spiegato nulla su come si gioca. Non si tratta di una scelta casuale, visto che l'interfaccia è davvero molto semplice (nel caso non si capisca qualcosa c'è comunque la sezione "tips" per aiutare): possiamo parlare, osservare o usare gli oggetti. Non abbiamo un inventario vero e proprio, ma Iris colleziona argomenti, che può usare su sé stessa per ragionarci sopra o con il mondo di gioco per ottenere informazioni e argomenti supplementari. Naturalmente gli stessi possono essere impiegati anche nei dialoghi, per gli stessi identici motivi. Tornando al gioco, prendiamo l'unico argomento disponibile, Leo Dormer, il fratello con cui Iris non ha rapporti da molto tempo, e lo usiamo per accedere al primo obiettivo principale: trovarlo.
Da qui inizia il viaggio vero e proprio.
Straniamento
La prima scena ci dice molto su cosa ci aspetta: il treno diventa l'appartamento di Iris, e i piani tra ciò che è reale e ciò che non lo è iniziano subito a confondersi. Interagendo scopriamo diversi elementi dello scenario, ossia che i nostri vivono in un mondo distopico e dittatoriale, punto che rimane sullo sfondo e non viene mai davvero approfondito. Del resto il focus è un altro. Trovato Leo, infatti, Iris parte per un luogo misterioso chiamato Phoenix Springs, che dà il titolo all'opera di Calligram Studio, dove si svolgerà la gran parte dell'azione.
Phoenix Springs funziona molto bene finché lo scenario rimane ristretto a pochi luoghi da visitare. Si vede lo sforzo descrittivo, fatto per dare una visione più ampia del mondo di gioco, contro il solo dover risolvere puzzle, e la cosa non pesa, anzi è proprio negli spazi apparentemente inutili che riesce a esprimersi al meglio, forte anche di uno stile visivo da fumetto marcatissimo, fatto di stilizzazioni estreme, una colorazione molto netta e delle animazioni volutamente sporche. Se uniamo il tutto a un doppiaggio estremamente freddo, che punta allo straniamento più che al coinvolgimento, vi renderete conto che ci troviamo di fronte a un'opera davvero peculiare e a suo modo affascinante.
Dispersivo
Il problema è un altro e arriva quando si giunge all'oasi, sostanzialmente un'enorme comune dove vive un gruppo di persone che se ne stanno nude tutto il giorno a fare le loro cose. Hanno le loro attività e non si curano troppo della nostra presenza. Il posto è davvero bello, gli incontri che si fanno non sono mai banali e anche il più piccolo dettaglio finisce per arricchire la mitologia dell'universo di gioco, che vive sospesa tra il reale e l'immaginario, non chiarendo mai fino in fondo la sua natura.
Purtroppo Phoenix Springs ha anche dei puzzle da risolvere per avanzare e uno spazio così ampio, oltretutto non organizzato proprio benissimo, visto che tende a far perdere il giocatore, tra passaggi nascosti e poco chiari e un modo molto teatrale di gestire i personaggi presenti, che si spostano tra i luoghi senza che venga suggerito dove possano essere andati, rende faticoso seguire quella che è poi la base del gameplay, che finisce dispersa pur essendo inevitabile.
Troppo classica?
In questo senso Phoenix Springs vorrebbe seguire la scia di quelle avventure che rinnegano l'inventario e gli oggetti da usare e combinare, lasciando al giocatore un certo margine di interpretazione sulle sue azioni. Il problema è che i sistemi di gioco fanno esattamente il contrario, perché di fatto l'elenco degli argomenti va a sostituire quello degli oggetti e il sistema per risolvere la maggior parte delle interazioni richiede di utilizzarli come se fossero tali.
Siamo lontani dalla sperimentazione di un Return of the Obra Dinn, per fare un confronto, in cui il giocatore doveva ricostruire i fatti accaduti sulla nave osservando dei momenti fissati nel tempo e nello spazio da cui trarre indizi, spesso anche ambigui, da usare per compilare un vero e proprio resoconto. Qui, semplicemente, bisogna azzeccare l'argomento giusto da utilizzare con il personaggio X o l'oggetto Y, lasciando alla protagonista le deduzioni del caso. In molte situazioni è facile capire cosa bisogna fare, mentre in altre diventa un affare più complicato, che ci ha fatto girare un po' a caso. Ad esempio in un certo frangente bisogna scoprire delle cose su di un personaggio, ma per farlo occorre parlare con un secondo personaggio di cui abbiamo appreso la funzione per mera fortuna, ossia errando per il mondo di gioco e provando cose casuali per sbloccare la situazione.
Va detto che è la narrazione stessa a essere ermetica, fattore che, come già spiegato, da una parte rende interessante interagire il più possibile con i personaggi e gli scenari, e dall'altra crea dei corto circuiti con la natura del gameplay, che è innegabilmente quella di un avventura classica, pur sotto acidi.
Con questo non stiamo dicendo che Phoenix Springs sia una brutta esperienza, tutt'altro, visto che oltretutto è scritta molto bene, ma semplicemente che è molto più tradizionale di quanto ci si potesse aspettare e di quanto l'eccentricità della rappresentazione suggerisca.
Bisogna quindi partire ben preparati sul punto, ossia avere coscienza che si può rimanere bloccati anche per molto tempo su di un singolo puzzle e che il ricorso alla soluzione, inclusa nel gioco (va semplicemente richiesta agli sviluppatori) non deve essere vissuta come una vergogna, come accadeva ai tempi di Sierra e Lucasfilm.
Conclusioni
Phoenix Springs è un'avventura molto più tradizionale di quanto ci aspettassimo, il che non è necessariamente un male. A penalizzarla è il suo voler essere anche altro, ossia la descrizione di un mondo più ampio e complesso di come appare, che di fatto funziona a sé, ma va a penalizzare la struttura di gioco, con gli elementi essenziali e obbligatori che rimangono in qualche modo sepolti dal resto. Insomma, finché si vaga e si scoprono dettagli è un'esperienza che appare costruita davvero bene, ma quando si vuole proseguire arrivano degli intoppi che rischiano di distruggere il flow.
PRO
- Il lato visivo è davvero bello
- Il mondo di gioco è affascinante e pieno di cose da scoprire
- La rappresentazione straniante ed ermetica è una boccata d'aria fresca
CONTRO
- Purtroppo ci sono anche i puzzle obbligatori per andare avanti
- Meno originale di quanto facesse pensare