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Silver Chains, la recensione

Silver Chains è un horror tradizionale e senza elementi che lo facciano spiccare sulla concorrenza, come vedremo nella recensione

RECENSIONE di Simone Tagliaferri   —   06/08/2019

Silver Chains inizia con il protagonista che si risveglia sul viale che porta a una grossa magione. C'è aria di tempesta e il luogo non è per nulla rassicurante, ma è l'unico in cui possa trovare riparo. Svenuto all'ingresso dell'edificio, il nostro rinviene su di un letto di una delle stanze del primo piano. Chi ce l'ha portato? Le stanze della casa infestata sono completamente a soqquadro e girando si trovano degli strani oggetti, come pezzi di bambola appesi a dei fili o una lampada magica per bambini.

Silver Chains 03

Nonostante il caos e il senso di abbandono generale, ci sono anche dei dettagli che testimoniano la presenza di abitanti: camini accesi, sistemi elettrici ancora funzionanti, tavole apparecchiate... le premesse di Silver Chains non sono molto originali, ma sono decisamente convincenti e riescono a creare la giusta atmosfera. La casa è graficamente ben fatta, nonostante ci siano molti oggetti ripetuti. Lo stile non è proprio marcatissimo, ma il sistema di illuminazione aiuta a dare il giusto feeling alle stanze. In generale i primi minuti di gioco preparano a quella che sembra essere un'ottima avventura horror, pur perfettamente inserita nel solco tracciato da Amnesia. Il nostro personaggio può camminare, correre, abbassarsi, usare la classica lampada per illuminare le zone più buie e, più avanti, utilizzare un monocolo per vedere oggetti e particolari nascosti. Le interazioni sono poche e molto semplici: quando ci si avvicina a un oggetto utilizzabile, ad esempio la maniglia di una porta, ci appare sopra un puntino che, arrivati a toccarla, diventa l'indicazione del tasto da premere per utilizzarla. In giro per la casa ci sono anche i classici armadi in cui è possibile entrare per salvarsi dal solito mostro inseguitore...

Purtroppo dopo il convincente avvio, Silver Chains inizia a mostrare tutta la sua pochezza, a partire proprio dal mostro, contro cui ovviamente non si può combattere. Ma andiamo con ordine.

Horror, dove?

Come abbiamo accennato, le interazioni possibili nella magione di Silver Chains sono pochissime, nonostante l'apparente presenza di numerosi oggetti. Oltretutto i puzzle sono molto semplici da risolvere. Solitamente quando non si riesce a trovare la soluzione è perché non si è ancora arrivati al punto giusto dell'avventura. Ad esempio la già citata lampada magica è legata a un puzzle che inizialmente appare irrisolvibile, di cui però si viene facilmente a capo in un momento successivo della storia, quando la soluzione ci viene letteralmente sbattuta in faccia. Altri puzzle richiedono invece di cercare degli oggetti sparsi per tutta la magione, così da farcela ripercorrere praticamente tutta, anche più volte. Insomma, non aspettatevi niente di troppo complesso o di memorabile, da questo punto di vista. Ma veniamo al nostro amico mostro.

Silver Chains 04

Invece di creare la classica creatura che gira per gli ambienti di gioco cercando il protagonista, gli sviluppatori hanno optato per una soluzione più guidata, con la creatura che appare in momenti specifici. Silver Chains non ha un sistema stealth vero e proprio e l'unico modo per sopravvivere agli inseguimenti è quello di cercare un armadio ed entrarci dentro. Passato il pericolo si può uscire e riprendere a esplorare la casa. Purtroppo l'eccessiva semplicità del sistema ammazza moltissimo l'atmosfera, perché in questo modo è inevitabile un alleggerimento della tensione dopo che lo si è compreso. L'horror è tale se il pericolo percepito tende a manifestarsi in qualche modo e con la giusta frequenza. In Silver Chains la creatura dà qualche problema solo nella fase finale dell'avventura, quando ormai si è già tarati per affrontarla. Del resto stiamo parlando di un titolo che si finisce in circa quattro ore, quindi capirete da soli che i momenti di terrore sono davvero pochi. Purtroppo le apparizioni e gli eventi sovrannaturali di cui è piena la magione non aiutano in tal senso, perché non si concretizzano praticamente mai in un rischio per il protagonista.

Silver Chains 01

Insomma, il modello seguito è quello dettato da Frictional Games, ma il risultato è davvero distante in termini di modulazione e gestione della tensione, tanto da risultare una lettura davvero amatoriale del genere. Come del resto amatoriale è la storia che fa da sfondo all'avventura, piena zeppa di cliché, a partire dall'immancabile tavola Ouja, utilizzata per comunicare con gli spiriti della casa, passando per i bambolotti, ormai visti in decine di horror, e arrivando all'aspetto stesso della creatura inseguitrice, che urla horror stock da ogni poro della sua pelle grigiastra. Anche a livello di scrittura il livello è molto basso. Silver Chains racconta la sua storia tramite le classiche pagine di diario che si trovano in giro per le stanze della casa, purtroppo incapaci di coinvolgere nelle vicende narrate e fin troppo chiare nell'esplicitare subito quello che è successo. Un colpo di scena alla fine arriva, ma è davvero telefonato. Tutto qui? Viene da chiedersi guardando i titoli di coda, per poi rendersi conto che si sta già dimenticando la mediocre esperienza appena vissuta.

Conclusioni

Digital Delivery Steam, GoG
Multiplayer.it
5.0
Lettori (4)
7.3
Il tuo voto

Di case infestate ne abbiamo visitate tante nella nostra carriera di videogiocatori e quella di Silver Chains non è tra le più interessanti o tra le più inquietanti. La casa in sé è ben realizzata, ma i puzzle sono banali e in generale c'è molto meno horror di quanto un horror dovrebbe avere. Considerate che abbiamo passato l'ultima ora di gameplay correndo, tanto era chiaro che non avremmo corso alcun vero pericolo facendolo. Qualche ultra appassionato del genere potrebbe apprezzarlo come diversivo, ma gli altri lo lascino pure perdere.

PRO

  • La casa è ben realizzata
  • Inizialmente l'atmosfera sembra buona

CONTRO

  • Basta poco per capire che di horror ce n'è poco
  • Scrittura amatoriale per una storia banale