Da quell'armatura per il cavallo di Oblivion ne è passato di tempo e, nonostante le promesse di mantenere la questione una faccenda legata a extra irrilevanti, i DLC sono passati dalle microtransazioni per oggetti superflui a richieste pecuniarie importanti per veri e propri pezzi di gioco. Il concetto alla base di questi ultimi è lo stesso delle espansioni ma queste sono spesso frammentate in piccoli pacchetti di mappe multigiocatore, singole missioni e nuove modalità.
L'offerta spezzettata, costa meno nei pezzi singoli, ma sommando i vari prezzi il costo finale è molto spesso superiore a quello di un'espansione vera e propria. Lo scopo dichiarato è quello di allungare la vita di un titolo e di sfruttare gli introiti del gioco base per sviluppare nuovi contenuti. Ma nella maggior parte dei casi, con publisher che non si fanno problemi a finanziare giochi da oltre 100 milioni di dollari, il retrogusto della fregatura si fa sentire con prepotenza. Lo stesso avviene anche con i DLC legati ai preordini che ormai includono ogni sorta di bonus, ore di gameplay incluse. Una scelta senza dubbio legata alla necessità del mercato di convincere gli investitori grazie ad un lancio spettacolare.
L'ambiguità genetica del DLC
Dobbiamo ovviamente considerare che i DLC non sono tutti uguali. Alcuni esconono ragionevolmente dopo il lancio di un titolo e valgono effettivamente il prezzo. Altri sono davvero meri extra dedicati ai soli fan sfegatati. Altri ancora sono accompagnati da un supporto invidiabile che tra patch e rifiniture mantiene vivo un titolo e giustifica la richiesta di maggiori fondi. Ma in molti casi distinguere le differenze non è così facile, anche parlando di titoli appartenenti a generi profondamente differenti.
Quanto deve essere lungo un titolo per essere commerciabile? Quali caratteristiche deve avere un DLC per essere considerato tale? Un personaggio in un picchiaduro è considerabile come un DLC o è un pezzo mancante del core gameplay? Una missione in più in un titolo che si finisce in 5 ore? E se il titolo ne durasse 6 cambierebbe qualcosa? E se la missione aggiuntiva non fosse stata realmente preventivata all'inizio dello sviluppo? La questione diventerebbe accettabile? Insomma, è difficile sapere intenti e sviluppi dietro le quinte in un mondo variegato, fatto di mille realtà, che diventa sempre più complesso e deve dare da mangiare a sempre più persone. Ma come può l'ampliamento del mercato, che dovrebbe abbassare i prezzi, giustificare l'atto di alzare consapevolmente il prezzo di un titolo già venduto a 69 euro? Si va da BioWare che assicura che i DLC sono un extra e si arriva a contenuti, come è accaduto con la serie Assassin's Creed, che appaiono come elementi tagliati e riproposti successivamente per gonfiare gli introiti. La questione insomma è ancora più spinosa di come l'abbiamo descritta inizialmente. Inoltre manca una regolamentazione precisa che difenda l'acquirente valorizzando le software house più corrette; ma d'altra parte questo è vero anche per molti altri elementi del mercato videoludico. Ciononostante i consumatori sembrano accettare queste nuove tecniche commerciali e si ribellano solo in casi estremi come quello di Capcom con i personaggi già pronti su disco al lancio di un titolo e sbloccati successivamente a pagamento.
Il caso di Street Fighter X Tekken è senza dubbio emblematico con 12 personaggi precaricati ma bloccati fino a data da destinarsi. Un tempo dodici combattenti erano l'intera offerta di un videogioco completo e non possono essere certo considerati un elemento marginale. Proprio per questo, nell'ottica della software house, venderli a 1600 Microsoft Points è considerabile come un'offerta, ma chi vuole il titolo completo resta comunque obbligato a pagare oltre 80 euro. Molti comprano lo stesso, ma l'accettazione dell'utenza non coincide certo con l'apprezzamento. Non a caso CD Projekt ha trasformato la cosa a proprio vantaggio rilasciando gratuitamente espansioni vere e proprie per promuovere la serie The Witcher.
Christian Svensson - Capcom Senior VP: Vorremmo rassicurarvi sul fatto che abbiamo ascoltato i vostri commenti e di conseguenza abbiamo iniziato un processo di rivalutazione sul come distribure questo tipo di contenuti nel futuro. Visto che il processo di trasformazione è appena iniziato ci sono alcuni titoli, il cui sviluppo è iniziato parecchio tempo fa e il cui lancio è prossimo, per i quali non possiamo cambiare il modo in cui i contenuti aggiuntivi sono distribuiti.
Esiste una soluzione?
In ogni caso Capcom è già andata oltre con Dragon's Dogma, estendendo ai giochi di ruolo la pratica dei DLC precaricati su disco e bloccati. Ma l'utenza scatenata dalla sfacciataggine ha portato la compagnia a un cambio di strategia. D'ora in poi i contenuti aggiuntivi saranno rilasciati via download. Purtroppo per noi dalle parole di Capcom emerge un'unica certezza. Quella che dovremo usare più banda per scaricare i contenuti extra anche se saranno già pronti al lancio.
Non c'è nessuna promessa di includere nei titoli futuri tutti i contenuti già preparati prima dell'uscita di un gioco ed è comprensibile visto che, con tutte le probabilità, la stessa strategia viene impiegata da altri. L'errore di Capcom ovviamente è stato mettere a nudo il tutto rivelando la meccanica ed esponendosi direttamente alle critiche. Parrebbe impossibile fare di peggio. E invece EA e BioWare ci sono riuscite con il contenuto aggiuntivo From Ashes di Mass Effect 3. Almeno in parte il contenuto era già presente nelle copie di lancio e quando l'utenza l'ha scoperto si è ricordata delle dichiarazioni del team di sviluppo circa il fatto che il DLC fosse entrato in gestazione dopo il completamento del titolo. Il personaggio Javik era invece completo e tranquillamente implementabile nel titolo nel momento in cui questo è andato in fase gold. Una soluzione, potenzialmente valida anche per molti altri settori, potrebbe essere quella di riuscire a trattenersi negli acquisti, tanto più quando la faccenda è sospetta. Trattenersi anche se la vita è breve e i videogiochi importanti per ognuno di noi sono in numero limitato.
Perchè le logiche di mercato, escludendo rivolte di dubbia utilità, possono essere combattute solo valutando attentamente gli acquisti. Nel mercato odierno infatti ciò che sopravvive è ciò che vende e la responsabilità ultima resta nelle mani degli acquirenti. Nonostante ciò non ci dispiacerebbe vedere una maggiore regolamentazione, proprio perchè valutare l'effettivo costo dello sviluppo e conoscere le meccaniche che stanno dietro a un DLC, è difficile se non impossibile. In mancanza di maggiore trasparenza, che è un elemento fondamentale per consentire all'utenza di formulare giudizi articolati, sarebbero dunque opportune delle norme magari affidate agli organi di valutazione come il PEGI che al momento si preoccupano solo della vulnerabilità morale degli acquirenti, impossibile oggi da traviare con qualche pixel, trascurando il loro portafogli.
Altri punti di vista
L'opinione di Pierpaolo Greco: Credo che Mattia colpisca nel segno quando in modo sottile sottolinea che impedire ai publisher di inserire i DLC sul disco attraverso petizioni o con qualche forma di tutela dei consumatori non risolve neanche la metà del problema. Come mi è capitato di dire anche in un paio di podcast, le software house si organizzerebbero semplicemente spostando completamente sui server i loro rilasci addizionali, obbligandoci di fatto a sostenere anche il peso del download. Deve cambiare la mentalità, l'ottica di guadagno delle software house, la progettazione sul nascere di questi contenuti aggiuntivi e come gran parte degli elementi che contraddistinguono i videogiochi, soluzioni ragionate si raggiungeranno solo con la maturità di questa offerta commerciale, sempre se prima non si estingue la pratica ovviamente. Sia chiaro io non sono minimamente contro i DLC, anzi li reputo più che valevoli quando in grado di compensare l'eventuale brevità di un videogioco e comunque di prolungare la sua vita oltre lo standard che si è affermato in questi anni. E concepisco anche il loro essere manovre commerciali visto che in fondo i publisher devono guadagnare. Semplicemente auspico che come nei migliori prodotti videoludici scatolati e completi, storia, gameplay, lato artistico e comparto sonoro riescano a unirsi e superare le necessità puramente monetarie anche nel campo dei DLC.
L'opinione di Giorgio Melani: Me la ricordo bene l'armatura del cavallo: l'apertura dell'era dei contenuti scaricabili su console fu salutata da grasse risate, ma evidentemente conteneva in sé già i semi di quella che sarebbe diventata la preoccupante essenza merceologica del DLC su console. Da lì in poi, le valutazioni vanno fatte caso per caso: l'espansione con contenuti narrativi, afferente alla filosofia della vecchia scuola PC, è da promuovere purché non intacchi la completezza fondamentale dell'esperienza del gioco di base, se non altro per la sua capacità di allungare la longevità di un gioco e massimizzarne il potenziale. Le semplici aggiunte contenutistiche accessorie (personaggi, armi, vestitini) invece, rappresentano per lo più orpelli risibili come la suddetta armatura, quando non addirittura deprecabili. È anche la tracotanza con cui i publisher ormai si comportano al riguardo che infastidisce, tra contenuti presenti nel disco da sbloccare a pagamento e campagne già definite prima dell'uscita del gioco. E non è nemmeno sempre valido il discorso che nessuno sia obbligato ad acquistarli: nei giochi a matrice multiplayer bisogna stare al passo con l'offerta di mappe disponibili ed elementi vari e da lì all'aberrazione del "pay to win" il passo concettualmente non è così lungo. Se ci si ritrova a mettere sul mercato un nuovo capitolo a cadenza annuale e proporre poi anche i DLC mensili, non sarebbe allora meglio pensare direttamente ad una sorta di servizio in abbonamento eliminando il modello classico della vendita a prezzo pieno?
L'opinione di Tommaso Pugliese: L'idea di aggiungere contenuti extra a un videogame non è di per sé malvagia anzi, e alla fine dei conti non si tratta che di un'evoluzione del concetto di "data disk", in voga già negli anni '90. C'è qualcosa di male nel garantire ai fan di un determinato prodotto la possibilità di riprenderlo anche dopo averlo concluso, grazie al rilascio di nuovi livelli? No, appunto. Il problema è che, in molti casi, l'interpretazione del DLC come vero e proprio "contenuto aggiuntivo" è andata a farsi benedire e sono subentrate logiche puramente commerciali, che hanno portato a sviluppare queste espansioni insieme al gioco stesso e a pianificarne l'uscita con larghissimo anticipo, allo scopo di garantire un maggiore successo del prodotto anziché, come esemplificato prima, "premiare" chi ha lo ha acquistato (e, magari, non rivenduto). Come ammesso di recente da Cliff Bleszisnki, sviluppare videogame con già in mente alcuni DLC è ormai diventata la norma, come a dire che il mercato lo richiede e che dunque solo chi assume una posizione forte (come Bethesda nel caso di Skyrim, citata da Simone) può cambiare la situazione. Per quanto mi riguarda, vedo più di buon occhio i cosiddetti "map pack", o finanche modalità extra, aggiunti a giochi con una forte componente multiplayer, che già di per sé vengono acquistati con la consapevolezza che ci si giocherà per diversi mesi, piuttosto che i DLC che vanno a intervenire sull'esperienza single player, che considero sacra e a cui talvolta, invece, si mette mano con risultati quantomeno discutibili (vedi i "capitoli mancanti" negli episodi di Assassin's Creed, oppure gli "epiloghi" di Prince of Persia e di Castlevania: Lords of Shadow).
L'opinione di Simone Tagliaferri: Il danno apportato dai DLC, e in generale dalle microtransazioni, al mondo dei videogiochi non è quantificabile solo in un maggiore esborso di denaro per avere un prodotto completo. La frammentazione produce lacerazione e la percezione dominante da parte dei videogiocatori è sempre più spesso quella di trovarsi di fronte a titoli atomizzati per motivi commerciali e, di fatto, incompleti. La questione è profonda e radicata nell'essenza stessa del medium, perché i DLC non sono agenti neutri e presuppongono una strategia di design precisa atta a integrarli. Non puoi programmare dei DLC senza intaccare la tessitura di un videogioco. Per questo apprezzo il passo indietro di Bethesda con Skyrim, per il quale pare usciranno solo espansioni corpose e dal respiro più ampio (sono sempre pronto a ritrattare, nel caso tentino di vendere armature di pelle di natica di seppia a due dollari). L'unica speranza per il futuro è che il pubblico premi operazioni del genere, oppure acquisti prodotti finiti, invece di comprare in massa come pecore pacchi di tre mappe extra vendute a quindici dollari. Chi ha orecchie per intendere...