La conferenza tenuta da Sony durante l'Electronic Entertainment Expo appena trascorso è stata quella che ci ha convinto di più, non ne abbiamo fatto mistero, ma anche quella che ci ha letteralmente emozionato. Siamo sicuri che anche i videogiocatori con qualche annetto in più sulle spalle avranno provato lo stesso brivido quando Square Enix ha finalmente annunciato il Remake di Final Fantasy VII, come siamo certi che aver visto salire Yu Suzuki sul palco, per loro, sia stato un vero colpo al cuore. A prescindere dalla console preferita del momento, quella sensazione di stupore misto a commozione devono averla provata almeno tutti quelli che hanno posseduto un Dreamcast all'inizio del millennio, e che hanno giocato ad almeno uno dei primi due episodi di Shenmue. Ne abbiamo parlato nella nostra anteprima di Shenmue III, il nuovo progetto per cui Yu Suzuki ha chiesto un finanziamento su Kickstarter, ma non è solo quel gioco ad averlo reso una leggenda, non sono le avventure di Ryo Hazuki ad averlo consacrato. La storia di questo geniale sviluppatore giapponese, infatti, comincia molto tempo prima...
L'annuncio di Shenmue III ci ha fatto ricordare la storia del suo creatore, il mitico Yu Suzuki
L'uomo di SEGA
Nato e cresciuto nella prefettura di Iwate insieme a un fratello e una sorella da padre e madre insegnanti, Yu si appassiona fin da piccolo alla musica, pur mantenendo una varietà di interessi che dimostrano subito la sua intelligenza: in particolare, il più grande dei fratelli Suzuki adora le scatole di costruzioni e il modellismo. Il padre spinge i figli a studiare le belle arti, e la sorella di Yu, infatti, diventerà una maestra di ballo. Yu, invece, dopo aver scartato l'ipotesi di fare l'insegnante come i genitori, decide di dedicarsi alla carriera odontoiatrica, ma fallisce l'esame di ammissione.
Dopo qualche delusione anche nel campo della musica, come chitarrista, Yu opta per la cosa più simile alla sua passione per le costruzioni, e segue un corso di informatica all'università di Okayama, laureandosi all'inizio degli anni '80: già nel 1983, l'eclettico Suzuki entra a far parte di SEGA e sviluppa il suo primo videogioco, un arcade intitolato Champion Boxing. Il gioco riscuote un discreto successo e viene convertito per l'SG-1000, convincendo l'amministrazione ad affidare a Suzuki e al suo collega Toshihiro Nagoshi l'Amusement Machine Research and Development Division No. 2 - anche detta semplicemente AM2 - e un nuovo progetto, senza immaginare quanto sarebbe stato cruciale per la carriera del loro nuovo dipendente: si tratta di Hang-On, il titolo che lo lancerà nel 1985 grazie alle innovazioni tecnologiche nel campo dei cabinati da sala giochi. Il gioco, infatti, non si controlla normalmente, ma cavalcando una moto finta integrata nel cabinato: si tratta della tecnologia "Taikan" che SEGA avrebbe poi impiegato in altri cabinati, decenni prima che diventasse popolare il motion control. La successiva intuizione di Suzuki si chiama Space Harrier, uno sparatutto in terza persona in simil 3D, cui fa seguito il gioco di guida Out Run del 1986. Suzuki, infatti, era un fan della Ferrari, e non potendo utilizzare l'auto nel gioco, decise di impiegare una vettura molto simile. Out Run si distinse subito grazie a un paio di novità per l'epoca - ovvero la molteplicità di percorsi che i giocatori potevano seguire per arrivare a destinazione, cambiando leggermente ogni partita, e la traccia audio a scelta - che lo resero il gioco dell'anno per numerose testate del settore. Al successo di Out Run ne seguirono altri, come Power Drift nel 1988, basato sulle tecnologie di Hang-On e Out Run, e G-LOC, il seguito di After Burner montato in un cabinato in grado di ruotare su sé stesso per dare ai giocatori l'idea di star veramente volando.
L'interesse che Suzuki aveva maturato nei confronti della tecnologia e della grafica tridimensionali portò alla produzione di nuovi tipi di cabinati su cui si basarono praticamente tutte le produzioni successive di SEGA. Il primo fu Virtua Racing, nel 1992, che all'epoca si considerò il più realistico simulatore di guida di sempre. Il secondo, invece, fu Virtua Fighter, il primo picchiaduro completamente poligonale che diede inizio alla storia serie ormai finita un po' in sordina, ma che in realtà è considerata l'archetipo di giochi come Tekken o Soul Calibur, avendo addirittura ispirato lo sviluppo dell'hardware 3D della prima console Sony. Tra il 1990 e il 2000, insomma, si susseguono successi più o meno clamorosi, come Daytona USA o Virtua Cop, ma anche qualche scivolone che Suzuki, sempre in qualità di producer o di director, ammette con grande umiltà: è il caso di Fighting Vipers e Sonic the Fighters.
Nonostante il contributo offerto allo sviluppo tecnologico del nostro hobby preferito, soprattutto sul versante hardware, è specialmente con Shenmue che il programmatore giapponese cambia le carte in tavola. Il gioco esce su Dreamcast nel 1999 dopo una lunga gestazione e un budget per quei tempi colossale, che sfiorava i cento milioni di dollari odierni. Si trattava di un "FREE", acronimo che sta per Full Reactive Eyes Entertainment e genere che, nei piani di Suzuki, avrebbe rappresentato il futuro delle avventure videoludiche: con la cittadina ricostruita meticolosamente, tutta da esplorare, e la sua progressione non lineare, Shenmue offriva una libertà mai vista prima che anticipava i concetti di sandbox e free roaming per come li conosciamo oggi. L'avventura di Ryo Hazuki, sotto molti aspetti, rappresenta il prototipo di quelli che in futuro sarebbero stati Grand Theft Auto o Assassin's Creed, ed è stata proprio essa a riportare in auge i Quick Time Event di cui oggi gli sviluppatori abusano un po' troppo spesso. Nonostante il successo del primo Shenmue e, in seguito, di Ferrari F355 Challenge - simulatore con cui praticamente realizzò un piccolo sogno - ben presto la carriera di Yu Suzuki all'interno di SEGA prese pieghe sempre più drammatiche. Shenmue II, considerato da molto uno dei migliori videogiochi mai pubblicati, vendette pochissimo: fu pubblicizzato poco proprio come il Dreamcast e visse uno sviluppo tormentato a causa del tracollo economico sfiorato dalla compagnia giapponese che, dopo aver passato anni a ridefinire il concetto stesso di videogioco, sembrava proprio aver perso la sua identità. La cautela, forse un po' eccessiva, aveva portato gli amministratori a bocciare o sospendere praticamente ogni altro progetto di Suzuki, compreso Shenmue III.
La vita dopo Shenmue
Dopo più di vent'anni di onorata carriera, il director del prestigioso team AM2 di SEGA cedeva infine il timone a Hiroshi Kataoka, per gestire il suo nuovo studio di sviluppo chiamato DigitalRex. Lì, Suzuki lavorò a tre progetti quasi contemporaneamente: Psy-Phi, Shenmue Online e SEGA Race TV. Il primo fu ritardato per cause tecniche, e nonostante fosse stato completato SEGA decise di non metterlo mai in commercio poiché, incredibile a dirsi, per come era stato concepito il sistema di controllo, i giocatori finivano per farsi male alle dita.
Il forse un po' troppo coraggioso Shenmue Online avrebbe dovuto essere la risposta di SEGA (e Suzuki) al fenomeno degli MMORPG che stava prendendo piega in quel periodo e che si era rivelato alquanto profittevole grazie a Phantasy Star Online per Dreamcast. Il gioco, secondo l'idea di Suzuki, sarebbe dovuto essere un sandbox in cui i giocatori interpretavano i comunissimi abitanti di una tranquilla cittadina giapponese, praticamente un Ultima Online ambientato nella realtà di tutti i giorni. Qualcosa, però, andò storto, e il progetto fu cancellato completamente, costando a SEGA quasi trenta milioni di dollari. SEGA Race TV, erede spirituale di quel Power Drift del 1988, vide effettivamente la luce nel 2008, ma fu anche l'ultimo gioco ad essere sviluppato dal team di Suzuki per SEGA. Dopo un paio di anni cominciò a circolare la voce che Suzuki stesse progettando di abbandonare definitivamente la casa di Sonic The Hedgehog, e nel 2011, effettivamente, ventisei anni dopo essere entrato in SEGA, lo sviluppatore giapponese si licenziava per dedicarsi completamente alla compagnia di sua proprietà, YS NET. In realtà, Suzuki rimase in buoni rapporti con i suoi ex colleghi, facendo da supervisore esterno ai franchise che aveva contribuito a creare, seppur con un potere decisionale limitatissimo se non inesistente.
Per la prima volta dopo tanti anni di crisi, tuttavia, Suzuki era di nuovo libero di dire la sua, e cominciò con quel chiodo fisso che lo assillava e che non gli dava pace: l'epilogo di Shenmue. La trilogia era rimasta in sospeso, e allo scopo di sensibilizzare il pubblico e convincere un investitore a scommettere sul capitolo conclusivo, Suzuki elaborò una strategia promozionale basata su un gioco mobile ispirato al famoso Mafia Wars e intitolato Shenmue City, sviluppato da YS NET in tandem con Sunsoft per Yahoo Games. Suzuki sperava che, se avesse avuto successo, avrebbe potuto rilanciare Shenmue, ma questo non accadde e, anzi, il servizio fu sospeso prima del tempo. A quel punto, Yu Suzuki praticamente sparisce dai radar. Concede qualche intervista di tanto in tanto, partecipa ad alcuni simposi, accetta premi e riconoscimenti alla carriera, frequenta le principali convention annuali, ma ormai è l'ombra del geniale, rivoluzionario sviluppatore che aveva cambiato tutto tanti anni prima. YS NET produce qualche giochino di poco conto, e viene presto dimenticata. Bisognerà aspettare quella notte italiana del 16 giugno 2015, e la conferenza Sony all'E3, per rivedere un Suzuki in forma smagliante che sale sul palco e, con tutta l'umiltà dei veri uomini di genio, chiede l'aiuto dei suoi fan per mettere la parola fine alla storia di Shenmue e chiudere definitivamente il cerchio di un sogno rimasto in sospeso come la sua carriera e come il destino di Ryo Hazuki.